Er ist wieder da (in inglese Look who is back) è una novella satirica tedesca scritta da Timur Vermes del 2012 e adattata poi al grande schermo nel 2015. La storia immagina un viaggio nel tempo di un inconsapevole Adolf Hitler, che confuso si risveglia nel 2011 a Berlino. Sia la commedia che il film hanno diviso la critica e suscitato un acceso dibattito in Germania, dove l’argomento è ancora un tabù in termini di satira. Senza entrare nel merito, è indubbio che la novella abbia una sua morale. Infatti nell’ultima scena rivolgendosi al co-protagonista, che tenta di ucciderlo, Hitler dice che «la storia si ripete». Quando, dopo avergli sparato e credendo di averlo ucciso, Hitler riappare alle spalle del co-protagonista, il dittatore gli spiega che «non riuscirà a liberarsi di lui».
Quest’ultima frase è un chiaro invito al lettore-spettatore a riflettere: le idee non si possono uccidere. Che rilevanza ha dunque nel 2022, a qualche anno di distanza dall’uscita del film e del libro, questa morale?
Abbiamo lasciato il Novecento promettendoci “mai più”: mai più guerre, mai più orrori, mai più genocidi. Abbiamo istituito le ‘giornate della memoria’: la Giornata della Memoria per le Vittime dell’Olocausto (27 Gennaio), Giornata della Memoria per il Genocidio Armeno (24 Aprile) e Giornata della Memoria per il massacro delle Foibe (10 Febbraio), tra le più note. Il secondo decennio degli anni duemila però sembra volerci ricordare che la memoria e il ricordo non bastano a mantenere la promessa.
Guardando impotente l’evoluzione politica delle nostre società, mi sono chiesta spesso se effettivamente la storia si ripeta, se non sia altro che un viaggio circolare dell’umanità. Non ho una risposta definitiva, ma quello che è certo è che certi eventi accadono come reazione ad altri eventi e, per quanto scontato possa sembrare, non sempre ce ne accorgiamo.
Moltissimi articoli sono stati scritti di recente sul ritorno del populismo in Europa. Il termine populismo identifica un atteggiamento ideologico attraverso il quale principi e programmi politici vengono trasmessi, che esalta in maniera demagogica il ruolo del popolo1. Dunque è il populismo il problema? In parte. Quello sui cui si dovrebbe riflettere di più è un fenomeno definito come polarizzazione sociale. Polarizzazione è un termine della fisica che identifica un processo per il quale si vengono a creare due polarità contrapposte, ovvero la concentrazione separata di due forze di valore opposto in uno stesso corpo. Se estendiamo il termine alla sociologia, polarizzazione identifica la concentrazione di valori ed idee opposti in seno alla società, dunque la tendenza della popolazione a schierarsi per uno dei due poli. In questo senso, il populismo a sostegno delle estremità degli schieramenti favorisce ed alimenta la polarizzazione delle società.
Come è successo? Siamo entrati nel secondo decennio degli anni Duemila in piena crisi economica, con conseguenze già evidenti sui consumatori e dunque un clima di insicurezza generalizzato. Le cose non sono migliorate negli anni successivi: tra fine 2010 e inizio 2011 prende avvio la Primavera Araba, una serie di proteste che ha interessato i paesi del Medio Oriente e Nord Africa. Le proteste non sono riuscite nel loro intento democratico e in Siria la protesta si è trasformata in una vera e propria guerra civile: ciò ha avuto una conseguenza significativa sui flussi migratori. Migliaia di persone sono entrate in Europa per fuggire a guerra e persecuzioni, aggiungendosi ai migranti economici che almeno dagli anni ’90 del Novecento attraversano il Mediterraneo in fuga dalla povertà. In un clima di sofferenza già esistente, questi flussi hanno inasprito le tensioni all’interno della società. Il colpo finale l’hanno dato gli attacchi terroristici su suolo europeo a partire dal 2015: la paura costante nella vita quotidiana di prendere i mezzi pubblici, viaggiare, recarsi in qualsiasi luogo affollato, ha sancito lo spostamento definitivo di intere porzioni di votanti verso retoriche semplicistiche, ma che promettono di recuperare la sicurezza perduta. Abbiamo così una polarizzazione a tutto tondo: cittadini europei che cadono nella propaganda del reclutamento jihadista (e in misura minore di altri terrorismi) da un lato, e tendenze populistiche di estrema destra dall’altro. Due polarità contrapposte che non solo si alimentano a vicenda, ma hanno anche le stesse radici.
La sfida che attende noi cittadini è capire veramente questi meccanismi di polarizzazione; la sfida che attende i nostri policy-makers è quella di fermarla, tenendo bene a mente che le idee non si uccidono e dunque la regola vincente è dotare le persone degli strumenti critici necessari per non cadere nella propaganda terrorista da un lato e nel populismo di destra dall’altro. La speranza è che fra dieci anni potremo dire che alla fine il viaggio non è stato circolare e che ad un passo dal chiudere il cerchio, la storia ha invece deviato il suo corso verso un nuovo inizio.
NOTE:
1. Populismo, Enciclopedia Treccani Online.
Francesca Capano
Laureata in Relazioni Internazionali in Italia, ha successivamente approfondito il suo interesse per la sicurezza internazionale con un Master a Londra. Attualmente vive a Bruxelles, dove si occupa principalmente di prevenzione della radicalizzazione e migrazione in ambito europeo. Segue principalmente la politica internazionale, senza perdere di vista le sue ripercussioni interne a cui affianca una prospettiva sociologica e antropologica.
[L’immagine in copertina è un fotogramma del film]