Veniamo subito al sodo: filosofia, società e cultura occidentali hanno tentato – e tutt’ora continuano a farlo – di esprimere un Mondo nel quale questi tre pilastri della nostra tradizione (Libertà, razionalità e Morale appunto) possano convivere in armonia.
Per come siamo stati abituati a pensarla, ci sembra una scelta quasi obbligata e del tutto legittima. Se la seconda può essere in prima battuta accettata, la necessità di questo sforzo può essere messa in discussione. Ed un semplice esempio sono alcuni tipi di filosofie e religioni orientali, nelle quali l’una o l’altra vengono soppresse in favore di una piena e completa realizzazione delle altre o di una singola altra.
La prima obiezione a questo ragionamento è quasi scontata: Nietzsche. Il filosofo del nichilismo. Il pensatore di Röcken, infatti, ha fatto di tutto per mettere in luce la genesi storica della Morale e la conseguente perdita di valore di qualsiasi (perdonate il gioco di parole) valore della tradizione. Ed è a tutti gli effetti un filosofo occidentale. A questo punto, però, la questione che si apre lascia ampio spazio al dibattito: Nietzsche rigetta la morale in quanto morale o la morale in quanto frutto di una tradizione (o della Tradizione)? Inoltre, scendendo di un gradino nella scala del suo impegnativo ma fondamentale lascito: la negazione di ogni verità non è essa stessa un’affermazione di (una) verità?
Per ora prendiamo un attimo le distanze dal teorizzatore della Volontà di Potenza e ritorniamo alla domanda principale. Per comprenderne meglio il suo significato e le sue implicazioni ritengo utile partire da una concretizzazione del problema. E per aumentare ancora di più la tensione utilizzo un esempio molto “sentito” al momento: il grande fenomeno migratorio che sta interessando l’Italia.
La questione è problematica fin dalla prima occhiata. La scelta che si pone a chi legifera – ma anche a chi vuole esprimere solamente una propria opinione – è la seguente: può la mia decisione (intendiamoci, qualunque essa sia) essere contemporaneamente giusta, logica e libera?
Proviamo a dare tre iniziali risposte (non le uniche possibili):
- mettiamo caso che si opti per chiudere i confini, impedendo l’accesso a qualsiasi richiedente asilo (lasciamo stare quali siano le motivazioni che spingono a farlo). Questa scelta potrebbe essere stata intesa come logica e libera da parte di chi la compie. Ma se non mente a se stesso, non può non ammettere che sia ingiusta, almeno nei confronti di chi meriterebbe una possibilità di vivere dopo l’inferno che abbia effettivamente vissuto nel suo Paese.
- La seconda ipotetica scelta è quella di valutare l’impatto della propria decisione in vista di una futura votazione e di optare quindi per accontentare il maggior numero, con la speranza di vedere incrementata la propria possibilità di vittoria. Ciò potrebbe essere visto come logico e giusto, ma non sarebbe libero in quanto guidato dalla volontà altrui e non dalla propria. E potremmo sollevare dubbi anche sulla sua effettiva etica.
- Infine, un possibile scenario è quello di decidere in base alla propria testa, scegliendo quindi in libertà e secondo (propria) morale. Lo sfavore, però, andrebbe alla razionalità, per la quale una scelta di tale proporzioni non può avere una base soggettiva.
Sembra una situazione senza via d’uscita. Iniziando a riflettere, la nostra vita è costellata di scelte di questo genere. Anzi, mi verrebbe da dire che ogni scelta ha queste implicazioni.
A ben vedere, inoltre, questo è il problema fondamentale della Democrazia: sopravvivere cercando di permettere la convivenza delle tre. Il Contemporaneo sembra ne stia sancendo la definitiva sconfitta.
Spesso la soluzione più semplice è quella di sacrificarne una (o addirittura due) in favore delle/a altre/a. La maggior parte delle volte che si compie quest’annullamento lo si fa secondo utilità: maggior risultato con il minimo sforzo o massimizzazione degli utili. Queste due regole sono la base della razionalità economica, che ormai permea ogni ambito della Società.
Ironico come la Democrazia abbia permesso liberamente la negazione di ciò che aveva promesso di salvaguardare, no?
Proviamo ora a tentare di risolvere la questione, consapevoli di non avere in mano nessuna chiave per riuscire ad uscire da questa cella. Perché quella prigione è la realtà che permea ogni singola sfaccettatura del nostro vivere sociale e privato. È un sistema di equazioni a tre variabili che – ora come ora – dà come risultato un insieme vuoto, ovvero esprime una impossibilità.
Un inizio può essere quello di riflettere sul perché questo sistema dia quel risultato. La risposta che mi è venuta in mente si basa sulle condizione di esistenza. Ci siamo dimenticati il dominio, il campo di esistenza all’interno del quale queste equazioni si possano dare, possano essere realtà.
Tradotto in termini linguistici dobbiamo domandarci se sia giusto eliminare la morale per poter far sopravvivere Libertà e Razionalità.
A prima vista abbiamo una contraddizione in questa frase: come posso togliere la morale se la mia domanda inizia con un giudizio di tipo morale? Ma è proprio in questo che si basa la forza di questa riflessione: riconoscere la contraddizione apparente come necessaria per la descrizione della realtà. Appena compresa questa sua caratteristica, la sua funzione annullante perde lo scettro in favore di una dimostrativa. Elimino la Morale dall’equazione come variabile perché la inserisco nel campo di esistenza.
Il passo successivo è di svolgere la stessa operazione con le altre variabili per produrre le seguenti domande: sono libero di eliminare la Libertà in favore della Morale e della Razionalità? Oppure: è logico eliminare la Razionalità per fondare la Morale e la Libertà?
Il gioco nelle tre è sempre lo stesso. Il risultato? Incerto.
Massimiliano Mattiuzzo
[Immagine di Martin Reisch]