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L’importanza di essere una minoranza attiva

Per alzata di mano.
In quale pizzeria andremo stasera? Scegliamo per alzata di mano, la maggioranza almeno accontenterà quante più persone possibili e, forse, il clima a tavola sarà il migliore possibile.
Non sono un politico ma mi piace la pizza e la compagnia per una curiosità umana e sociale. Forse da questo deriva il mio soffermarmi su questioni quotidiane, particolari, anziché dibattere su leggi universali e metafisiche. È un’indeterminatezza più pratica, un lavoro a mani nude come quello dello psicologo, del buon filosofo che vive nel mondo, di ogni meccanico in realtà.
La scelta di una pizzeria, di un locale in cui passare la serata è una delle questioni umane meno stressanti. Solitamente nel weekend, liberi da pensieri, orari lavorativi e dunque con una voglia di distrarsi e staccare la spina. Ogni posto va bene, in fin dei conti, pochi prendono l’iniziativa e si nascondono dietro la nichilistica indifferenza: “per me è indifferente, scegliete voi”. Già da questo è interessante vedere come tutti cedano la propria possibilità di scelta e si annichiliscano per poi finire nello stesso posto di sempre o farsi guidare da un leader più intraprendente.
Non sono troppo drammatico o disturbato socialmente nel dire che si tratta di una fotografia della società ridotta ad un livello micro. Si pensa che in quel gruppo ci sia democrazia, ci sia rispetto reciproco tra tutti condito da un’idea di uguaglianza. Ogni parere dovrebbe valere quanto un altro e le decisioni vengono prese secondo la volontà dei più per renderne infelici il minor numero possibile. Nonostante la possibilità dell’indifferenza di tutti, la maggior parte delle volte ci sono individui più influenti di altri, con gusti e preferenze particolari e capaci di guidare il gruppo, tanto quanto l’intraprendente leader citato precedentemente.
Si forma così la maggioranza? Ma soprattutto, in un periodo di profonda crisi di valori e di senso politico, porrei in dubbio il valore della maggioranza.
Del resto, come tutte le dinamiche sociali, politiche ed economiche, la maggioranza è una creazione artificiale, un costrutto politico formato dalle persone facenti parte di un gruppo. Un sistema come quello capitalista o neoliberista non dev’essere trattato da ente esterno, bensì da risultato di un’aggregazione umana che contribuisce a renderlo tale. La maggioranza è un insieme di persone che esprimono un certo parere secondo la propria prospettiva soggettiva, veicolo di credenze, valori, emozioni e permeata, dunque, da un grado di imprecisione. Eppure grandi strutture sociali e politiche sono state erette, così apparentemente solide da considerarle autonome e insuperabili. Quella che in filosofia è definita la “tecnica” ivi ritorna con gran prepotenza nella vita umana, dominandola, quasi sostituendola. Galimberti scrive:

«Il problema è: non cosa possiamo fare noi con gli strumenti tecnici che abbiamo ideato, ma che cosa la tecnica può fare di noi»1.

Costruttori e costruiti, schiavi dell’artificio e del costume della maggioranza, della deriva conformista, o meglio omologata secondo strutture. Da amante della pedagogia ho apprezzato le parole di Francesco Codello ad una conferenza all’università Ca’ Foscari di Venezia, il quale, nell’ambito della storia del pensiero anarchico, evidenziò la pedagogia come massima forma di nichilismo. Questo per il semplice meccanismo che ci ha portati a voler calcolare e dominare il mondo nietzscheanamente, impartire lezioni e indirizzare secondo la prospettiva del dover essere e non dell’essere. Il conformismo e la mortificazione sociale si nutrirebbero delle difese a questa affermazione, ne formulerebbero un’accusa forte dei numeri, della percentuale di maggioranza degli omologati, di chi si comporta nel modo giusto stabilito secondo maggioranza.
Se la maggioranza, dunque, era vista come la soluzione al bene di più persone e al danno dei meno, ora possiamo ammirare la sua deriva nichilista, capace di permeare di dovere le varie stratificazioni sociali riproponendo la logica biunivoca del bene e del male, di giusto e sbagliato. Ebbene penso che sia finito il tempo anche delle grandi opposizioni, della violenza come risposta e reazione a forme di dominio così ampie e complesse. Serge Moscovici in Psicologia delle minoranze attive ci mostra come, posta la condizione duale di maggioranza e minoranza, sia possibile avere un’influenza effettiva pur ritrovandosi in situazione di “inferiorità”. I canoni sociali ci portano a ritenerci inferiori, diversi, strani e forse sbagliati se a compiere un’azione o attuare un comportamento siamo in pochi. Subito il numero e la massa opposta inizierebbe a pesarci, ad opprimerci ma più per abitudine a mitizzare la quantità. Se riuscissimo a liberarci, a superare tale credenza impartita socialmente, si potrebbe attuare il proprio essere una minoranza attiva. Secondo Moscovici per avere un’influenza sull’attuale maggioranza ci si dovrebbe presentare secondo tre punti fondamentali:
1.  Avere un’idea o un valore chiaro da proporre e portare avanti nel tempo;
2.  Essere coerente con la posizione presa;
3.  Non essere esclusi dal sistema sociale.
Dico che è finito il tempo di grandi opposizioni e scontri perché credo di aver visto abbastanza alternative rivoluzionarie desiderose di estraniarsi dal sistema per costruirne un altro, piuttosto che modificarlo dall’interno. Il risultato è rappresentato da troppe idee e conferenze isolate in aule remote con poche persone presenti e risentite, frustrate per il proprio essere impotenti.
Penso che da un piccolo gesto quotidiano si possa già esercitare il proprio essere, magari senza le catene del dover essere. Mi viene in mente come un mio amico una volta, come ricompensa per aver trovato e restituito un oggetto caro ad una persona, abbia chiesto come ricompensa a quella persona di aiutare a sua volta altre tre persone. Un piccolo gesto, come un aiuto, trasmesso ed esteso a più persone di volta in volta è ciò che nel nostro essere soli, unici e quindi assolutamente ininfluenti rispetto alla massa sociale, può invece renderci influenti come minoranza, renderci attivi nel mondo e con le persone che vediamo ogni giorno, senza per forza ambire ad arrivare a tutti, bensì partendo da chi hai di fronte in questo momento.

Grazie a Paolo Benini e Eugeniu Pinzaru

 

Alvise Gasparini

 

NOTE:
1. U. Galimberti, Psiche e Techne. L’uomo nell’età della tecnica, Milano, Feltrinelli, 2000

 

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