Coinvolgete Dio. Scomodate il prete. I fiorai. Gli srotolatori di tappeti bianchi. Le risaie. Lo zio d’America. Il centrotavola di calle in tinta con quei 12 giri di tulle in cui siete immerse dalla vita in giù. Coinvolgete noi. Che dobbiamo comprarci vestiti che non metteremo mai più, scarpe col tacco che da ubriache togliamo perdendole e tornando a casa scalze. Noi che mentre voi con passo fiero da “ce l’ho fatta” percorrete quella navata, pensiamo soltanto ad una cosa: “ Sei una meringa ambulante”.
Ci date bomboniere che verranno buttate appena dietro l’angolo della sontuosa villa con arazzi, palme e colonne doriche, ioniche e corinzie in cui siamo stati sequestrati da cascate di prosciutto, canzoni da esterna di Uomini e Donne, lancio di bouquet e vino scadente.
Ci ammazzate con foto di voi in viaggio di nozze mentre fate quell’attività adrenalinica chiamata snorkeling.
E poi? Dopo manco tre mesi, ancora con la fede giallo Puff Daddy larga 5 centimetri al dito, cominciate la vostra vita da equilibristi.
Lui che mette e toglie la fede che manco Copperfield. Lei che se la guarda compiaciuta mentre il marito le ha appena comunicato un’ennesima fondamentale riunione alle 23. Lei che appena lui si butta sotto la doccia per eliminare tutte le prove olfattive di consumato adulterio, passa a setaccio tasche, trolley, spazzole, cellulari, tablet, pc. E ci becca sempre qualcosa. Quasi sempre un capello lungo e nero corvino. Ma lei è bionda e col caschetto. Giorno dopo giorno il capello diventa una parrucca. Le riunioni finiscono alle 4 del mattino. Lui, sospettoso dell’altrui sospetto, comincia a spostarsi tra gli ambienti di casa portandosi dietro una carriola con dentro tasche, trolley, spazzole, cellulari, tablet, pc. D’altronde, chi è che non ha bisogno di spazzolare un tablet in corridoio? Mese dopo mese lei, sagace come un mandrillo, comincia a notare che il marito fa più riunioni di Obama, che ogni volta che entra dalla porta d’ingresso lascia una scia di vaniglia, cocco e iris, che la schiena è piena di graffi che lui farà passare per sante stigmate, e che forse, ma forse, anche se “ieri mi ha detto ti amo togliendosi la ruchetta dall’incisivo”, “sente ogni tanto” un’altra. Sono passati mesi. Lui nel frattempo si è fidanzato con tutta Milano, Londra, Miami e zone limitrofe. Ha le chat intasate di emoticon che fanno occhiolini, cuori pulsanti e frasi da picco glicemico. Ha cambiato più letti di una hostess dell’Alitalia. E lei si è illuminata: “ Ti stai sentendo con una”.
La genialità, a volte.
A questo segue la fase della negazione di lui. Dei ricatti di lei, che credendo di essere una fine stratega, non lascia ma fa scontare. Dei continui ed indisturbati tradimenti di lui. Che credendo di essere un fine stratega non lascia ma cerca di farsi lasciare.
Scopo: procacciarsi/evitare il mantenimento. A seconda del ruolo.
Segue l’autoconvincimento di lei che le cose si siano messe apposto. Segue, esattamente in questo frangente, come da protocollo, la nascita di un figlio. passa qualche mese di finto equilibrio. E poi ciak, si ricomincia. Continui ed indisturbati tradimenti di lui. Autoconvincimento di lei. Ricatti. Bugie. Squallore. Nascosto squilibrio. Quotidiano equilibrismo.
Questi appena descritti, sarebbero per la società, anche ed ancora del 2015, “equilibrati”, in quanto sposati, con figli, casa e magari un cane.
Poi ci sono quelli che vengono visti come “squilibrati”.
Sono quelli che al massimo coinvolgono l’Ikea, per una convinvenza.
Sono “single”, “soli”, “zitelle”, “scapoli”, “un po’ strani”, “frivoli”.
Sono quelli il cui mantra è “no non sono sposata, no non sono divorziata, no non sono lesbica”.
Sono quelli che si sono sposati a 38 anni per convinzione e non a 25 per convenzione.
Sono quelli che non fanno figli per risolvere una crisi coniugale.
Sono quelli che non dicono “mio figlio” ma “nostro figlio”.
Sono quelli che non dicono “la madre di mio figlio”, ma “Lei”, con la L maiuscola.
Sono quelli su cui gli equilibristi si appoggiano senza pietà per trovare l’equilibrio della loro squilibrata coppia.
Sono quelli che non è che fino ad ora non si siano sposati perché nessuno se li è caricati. Ma perché sposarsi è una roba seria. Come i figli. Come l’amore. Come il tradimento. E proprio perché è una roba seria, non si calcola, non si analizza, non si programma. Non si finge. Sono quelli che potrebbero sposarsi in due mesi, e per questo “squilibrati”. Perché loro l’amore lo riconoscono a chilometri. Così come riconoscono quelli che non sanno stare soli.
Sono quelli che hanno scelto. E che non si sono fatti scegliere. Sono quelli che non generalizzano. E che chiedono che non si generalizzi.
Donatella Di Lieto
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