Al nostro tempo già travagliato dalla crisi climatica, dalla sanguinosa guerra in Ucraina che si protrae da quasi due anni e dall’incombente minaccia atomica, si è aggiunta la crudele ripresa delle ostilità in Medio Oriente in uno scacchiere geopolitico tanto instabile quanto inquietante. Un climax ascendente di violenza, odio, vendetta e distruttività che aggiunge tragicamente al tempo presente un’altra ferita profonda. Si tratta di eventi drammatici contrassegnati dal sangue innocente che scorrendo lascia sulla terra morte e disperazione.
Quando il male e il dolore irrompono nelle nostre esistenze, la coscienza viene a trovarsi in uno stato di turbamento profondo. Dai cuori che piangono sorgono spontanee emozioni come tristezza, rabbia, angoscia e disperazione e dalle menti che pensano emergono interrogativi brucianti che interpellano l’essere umano dalla notte dei tempi: perché il male? Perché il dolore? Perché la sofferenza? Qual è il loro significato? Questioni che assumono contorni ancora più laceranti quando è l’uomo stesso a ripetere il gesto di Caino contro il fratello, divenendo causa di tanta sofferenza.
L’esperienza vorticosa del male e del dolore sembrano sottrarsi a qualsivoglia tentativo di definizione, spiegazione, verbalizzazione, finendo per sigillarsi nel silenzio che preserva l’indicibile. Al contempo però, l’interiorità sente ugualmente forte il desiderio se non di spiegare, quanto meno di dare parola e significato al proprio sentire, alla propria emotività ferita. Invero, come recita un celebre verso di Pascoli da Il prigioniero: «dolore è più dolor, se tace».
L’inevitabile bisogno di esprimere lo sconcerto e la sofferenza si fa largo a partire dalle domande che interpellano le nostre coscienze reclamando risposte concrete o quanto meno accennate. Il tema del male e del dolore che da sempre si pongono come sfide per il pensiero – e dunque come temi cruciali per la riflessione filosofica – hanno generato molteplici interpretazioni e distinzioni, per esempio fra male commensurabile e incommensurabile, fra male morale, fisico e metafisico. Eppure, l’abisso del male e il dilemma del dolore, non sono esclusivamente una questione intellettuale, filosofica o teologica, ma profondamente esistenziale, intensamente personale. Ogni singolarità, nel corso della vita, deve confrontarsi con il male e con il dolore seppure in forme e sfumature diverse.
«L’umanità – scrive il filosofo Salvatore Natoli – in tutta la sua storia è stata attanagliata dall’esperienza del dolore e ad essa ha voluto dare un senso, di essa, in qualche modo, ha tentato una giustificazione» (S. Natoli, L’esperienza del dolore, Feltrinelli, 2010, pp. 12-13).
Per questo, ogni individuo deve trovare un modo di affrontare e dare un senso alla propria vita messa alla prova dal male, dall’ingiustizia, dalle avversità, dalla sofferenza. Al di là della diversità e talvolta dell’inconsistenza di alcune risposte, l’uomo si sente chiamato a cercare e a dare un significato al dolore e alla sofferenza, in mancanza del quale ogni cosa assumerebbe le grigie tinte del non senso, del vuoto, che avrebbe come conseguenza la disperazione più angosciante. Il dolore si configura come una delle dimensioni peculiari dell’essere umani e non potremmo vivere se, di volta in volta, non gli attribuissimo un significato, non lo inserissimo in una cornice di senso.
La singolarità dell’esperienza del male e del dolore, la solitudine di ogni soffrire segnano e in qualche modo anticipano la più peculiare e solitaria delle esperienze umane: la morte. Per questo, una fenomenologia della sofferenza è possibile solamente alla luce di una profonda e strenua ricerca del suo significato.
Viktor Frankl, filosofo e psichiatra viennese, sosteneva che, anche nella tragedia, seppur con fatica, ciascuno di noi può trovare un senso alla propria vita nel modo in cui si dispone interiormente dinanzi agli eventi che non possono essere modificati, realizzando così dei valori di atteggiamento. Può farlo attraverso la propria inestirpabile libertà interiore che intravede e realizza, oltre il già dato, possibilità di significato ulteriori, simili a luminose scintille di speranza nella notte dell’anima e dell’umanità.
Tentare di capire il male, il dolore e la devastazione fisica, psicologica e spirituale che esso porta con sé è l’espressione più autentica del bisogno profondo di cercare un senso, di scoprire il significato dell’esistenza nonostante il male e nel dolore. Il vero valore non è necessariamente quello di trovare una risposta definitiva ma nell’avere il coraggio di porci la domanda, di continuare ad interrogarci. È in questo domandare che risvegliamo la nostra interiorità, la nostra coscienza, la nostra capacità di pensare nella quale, sosteneva Pascal, risiede la nostra dignità e, aggiungiamo, il primo antidoto alla deriva nichilistica del male, al perpetrarsi della distruzione fratricida e della conseguente sofferenza innocente.
NOTE
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