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Il desiderio di ricchezza e la felicità con il maestro Epicuro

Da tempo viviamo immersi in un mondo colmo di oggetti di qualsiasi genere e utilizzo. I nostri territori ospitano alcuni siti produttivi e le grandi città sfoggiano molti negozi. Non poche delle nostre strade sono trafficate da un intenso via vai e i centri commerciali, disponibili quotidianamente all’apertura, si trovano spesso a breve distanza l’uno dall’altro. Molti dei nostri mezzi abituali di informazione e di intrattenimento veicolano tantissimi annunci promozionali e il nostro tempo è perlopiù scandito da un ritmo compatto e accelerato. E ciò che ha concorso – in gran o almeno in parte – alla definizione del nostro mondo così com’è, è stato certamente il desiderio di ricchezza. Ricerca sulla natura e le cause della ricchezza delle Nazioni (1776) è, non a caso, il titolo dell’opera principale di Adam Smith, filosofo ed economista del Settecento e fondamentale figura nella storia del pensiero economico.

Ora, in riferimento al desiderio di ricchezza, può essere curioso ricordare il maestro Epicuro che, vissuto tra il IV e il III secolo a.C., annoverava questo desiderio tra quelli non naturali e non necessari. Secondo questo celebre filosofo, infatti, la felicità poteva essere raggiunta attraverso una valutazione accorta dei nostri stessi desideri. In particolare, il fondatore dell’antica scuola ateniese precisava che se è vero che «tutti i piaceri […] sono un bene, […] non per questo si debbono tutti scegliere» (Epicuro, Lettera sulla felicità, in Seneca, La vita felice, Giunti Editori 2017, p. 37); questo perché, affermava Epicuro: «Delle volte […] ci capita di sperimentare che un bene si rivela per noi un male e, per converso, che un male si rivela un bene» (ibidem). Di conseguenza il senso del piacere, così importante per il filosofo per condurci a vivere felicemente, doveva essere sottoposto a una attenta analisi poiché il soddisfacimento di tutti i nostri desideri avrebbe ostacolato il raggiungimento della felicità; una felicità promossa dal maestro in termini di salute fisica e di serenità interiore.

Ecco che, allora, vale la pena riflettere un momento sul desiderio di ricchezza, evidenziando quale tipo di male porta con sé il piacere dell’abbondanza, e, in generale, il piacere di avvalersi di un certo grado di garanzia dai possibili disagi della vita. A tal proposito, possiamo fare riferimento all’insegnamento di Epicuro, cercando di comprendere in profondità il concetto di felicità, attraverso la sua seguente espressione:

«Giudichiamo un bene grande l’indipendenza dai desideri non al fine di aver sempre a disposizione il minimo, ma perché, se non abbiamo il molto, possiamo accontentarci del poco» (ibidem).

Grazie alla lettura del pensiero espresso, possiamo, quindi, puntualizzare che la semplicità del vivere valorizzata da Epicuro non era una indicazione categorica e fine a sé stessa, bensì era finalizzata al guadagno di uno spazio interiore indispensabile per affrontare con assoluta serenità l’imprevedibilità della vita. Cosicché possiamo evidenziare che la felicità per il filosofo non coincideva né con l’essenzialità né con l’abbondanza perché essa era raggiungibile soltanto attraverso uno stile di vita orientato ogni giorno al valore della saggezza; proprio «quella saggezza che insegna come non sia possibile vivere felici se non si conduce una vita ragionevole […] e come non sia […] possibile condurre una vita ragionevole […] senza vivere felici» (ivi, p. 39).

Detto questo, riusciamo forse meglio a prendere atto che il male insito nel piacere connesso al desiderio di ricchezza è costituito dal rischio di poter ostacolare il raggiungimento della felicità stessa, perché tale desiderio conduce spesso a non agire in modo né giusto né lungimirante. Tuttavia, la ricchezza non è un male assoluto perché molte cose buone si possono realizzare grazie a essa. Inoltre, rispetto alla realtà economica attuale, l’ideale universale della sobrietà rivelerebbe tutta la sua criticità poiché, come mai accaduto prima nel passato, il soddisfacimento dei bisogni primari dipende sostanzialmente da una occupazione retribuita, e quindi, dallo sviluppo dell’economia. 

Ma, la nostra felicità non è conquistabile attraverso il piacere ininterrotto dei nostri acquisti perché ha a che fare con lo stare bene e lo stare bene insieme avendo attenzione del mondo. La ricerca della felicità è, in realtà, una questione anche politica poiché il nostro stile di vita è correlato al funzionamento della società. E la filosofia, come analisi globale di tutte le cose del mondo, è il suo strumento. Sicché, oggi, ancor più che al tempo di Epicuro «occorre […] meditare su ciò che procura la felicità, perché se c’è questa abbiamo tutto, se non c’è facciamo di tutto per averla» (ivi, p. 31).

 

NOTE
[Photo credite Katie Harp via Unsplash]

Anna Castagna

dolce, creativa, solare

Sono nata e cresciuta a Verona. Ho conseguito la Laurea in Filosofia presso l’Università degli studi di Verona nel 2004. Ho lavorato per più di quindici anni in diverse realtà aziendali e vivo a Sesto al Reghena in provincia di Pordenone dal 2010. Mi piace molto leggere per capire quello che mi circonda. Approfondisco con […]

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