Venti Settembre: Pietro, un anziano scrittore vedovo ormai da tempo, decide di togliersi la vita il giorno del proprio compleanno, quando una terribile notizia lo ferma appena in tempo, ovvero la notizia della morte improvvisa della sua unica figlia e del genero in un incidente stradale. Dovendo dirlo al nipote sedicenne, rimasto improvvisamente orfano di entrambi i genitori, ed essendo il suo primo parente affidatario, Pietro si troverà a rimettere in gioco molti aspetti della sua vita, proprio quel giorno che aveva deciso di farla finita.
Il film di Gianni de Biasi L’Ultima Settimana di Settembre (2024) affronta diversi temi: dal conflitto generazionale al rapporto tra vita e morte, al tema del viaggio come scoperta o riscoperta di sé. In particolare la figura di Pietro, grazie ad un amaro scherzo del destino, trova una rinascita inaspettata, nel momento in cui non sembrava volersi più dare una speranza. Si tratta di una rifioritura sofferta, alla quale lo stesso protagonista pone degli ostacoli, non ritenendosi adatto a fare da tutore e lasciando trasparire la sua misoginia verso il mondo intero. Buffo, ma significativo, è a questo proposito l’episodio nel quale Pietro chiede al nipote di leggere il suo taccuino, che non contiene pensieri come ci si aspetta da uno scrittore, ma piuttosto una lista infinita di nomi di tutte le categorie di persone che odia: “camionisti”, “autostoppisti” ecc… in sostanza l’intero genere umano, stando alla quantità di persone citate.
Ciò che ci colpisce della vicenda è quanto la figura di Pietro, un Abatantuono esemplare anche nelle vesti di un personaggio diviso dal dolore, sia costretta a ricredersi delle decisioni prese, così come dell’approccio alla vita, mettendo in discussione passo dopo passo quanto ormai da anni era per lei incontrovertibile. Persone che credeva perse, si dimostrano pronte ad aiutarlo nei momenti di difficoltà, aspetti della sua vita che aveva messo da parte, quali la propria creatività di scrittore, riemergono, ricordandogli la propria identità; insomma si tratta di una sorta di rivisitazione di sé a tappe, quasi un viaggio interiore per rispolverare se stessi, cui corrisponde il viaggio fisico. Nella vicenda, infatti, Pietro inizia un viaggio verso Roma con il nipote, convinto in un primo momento che lo zio romano del ragazzo sia una figura più adatta da fare da padre rispetto a lui stesso. Ecco dunque che tra diverse tappe, quasi step fisici ma anche psicologici, arriva a ritrovare l’essere umano che è in sé, dapprima con l’incontro di vecchi amici con cui aveva litigato, successivamente con la riscoperta del proprio charme, per finire con la comunicazione con chi è più giovane.
Si pensi infatti a questo proposito a quanto Pietro si sia dimenticato della propria umanità, decidendo di ricoprire il ruolo dell’ asociale, che sta bene da solo, quando in realtà in fondo è solo una maschera di difesa, una sorta di simulacro per tenere lontana la sofferenza che lo ha invaso dopo la morte della moglie. In questo contesto ciò che gli capita è talmente forte da stravolgere la torre d’avorio emotiva in cui si era arroccato, facendogli capire che nella vita c’è tanto altro e che essa stessa può riservargli ancora qualche gioia. Forse, come diceva Kahlil Gibran in Il Profeta «Più profondamente il dolore scava nel vostro essere, e più gioia può contenere […] Realmente siete sospesi come bilance tra dolore e gioia» (K. Gibran, Il Profeta, RL Spa, Roma, 2019, pp.25-27) e così anche Pietro riscopre in sé una parte positiva di emozioni, al di là della barricata di dolore in cui era piombato, che in qualche modo lo aveva paralizzato.
In conclusione, De Biasi vuole in poche parole dirci che la vita ci sorprende sempre, specialmente quando non abbiamo più aspettative, stravolgendo la realtà in modo prorompente, senza chiedere il permesso a nessuno, con la forza di un uragano. C’è sempre “qualcos’altro di bello”, sembra dire lo scrittore, anche nei momenti più bui e tenebrosi, anche quando lo sguardo è rivolto dentro ad un pozzo senza luce e non riusciamo a vedere le numerose scelte che ci stanno davanti.
NOTE
[Immagine tratta da fermo immagine del film]