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L’alternativa alla guerra

Il conflitto, come diceva il filosofo Eraclito, è padre di ogni cosa: nel divenire assistiamo a un eterno scontro tra gli opposti grazie a cui essi sussistono e si determinano. Suo scopo è quello di garantire un equilibrio, un’armonia: qualcosa esiste grazie al suo contrario. Oggi si assiste, però, a un nuovo tipo di conflitto di carattere esclusivamente umano: la guerra, che comporta non equilibrio ma discordia. Specialmente negli ultimi tempi, è al centro dell’attenzione: ciò con cui non vorremmo confrontarci, immancabilmente lo ritroviamo sotto i nostri occhi. Come possiamo orientarci in questo clima?

La tematica della guerra interessa da sempre l’umanità, tanto da essere ritrovata alle radici della civiltà occidentale: l’Iliade. Grazie ad Omero, possiamo conoscere le gesta che hanno caratterizzato la guerra di Troia, nella quale si sono fronteggiati troiani e greci. Se l’elemento che ha scatenato il massacro è stato il rapimento di Elena – sposa del re greco Agamennone, a opera di Paride, figlio del re Priamo di Troia – esso diventa solo un casus belli. Ecco qui, dunque, una analogia con la nostra attualità: pretendendo di trovare qualcosa a cui appellarsi di più elevato, si cerca una giustificazione per cui combattere. Questi vessilli solitamente sono delle parole a cui viene messa la lettera maiuscola pretendendo che siano valori assoluti: Democrazia, Libertà, Giustizia.  Eppure, basterebbe guardare più attentamente e ci si renderebbe conto che sono parole vuote, aventi il pretesto di celare lo spargimento di fiumi di sangue. 

Seppure dietro a queste parole così altisonanti si celi il vuoto, esiste comunque un rapporto con la realtà concreta. Come infatti scrive la filosofa Simone Weil:

«Probabilmente a Troia c’era solo il fantasma di Elena, ma l’esercito greco e l’esercito troiano non erano fantasmi» (S. Weil, Il libro del potere, Chiarelettere, Milano 2016, p. 97).

Gli interessi di Stato ruotano intorno alla necessità di affermare il potere, richiedendo stabilità per mostrarsi intangibili a possibili avversari. Dato che chi mostra la propria debolezza è destinato a soccombere, ogni Stato desidera, allora, affermare il suo prestigio e palesarsi come migliore rispetto ai suoi vicini. Tale obiettivo non conosce né limiti né confini ma solo la sete di conquista per ottenere la tanto agognata stabilità. Nel momento in cui il vincitore si impone, però, il perdente è costretto a retrocedere e vacillare e, dato che nessuno vuole passare come tale, inizia un conflitto tra parti che si nascondono sotto pretese altisonanti. In questo modo, si può comprendere come la guerra di Troia abbia condotto i greci e i troiani a combattere per una finta grande causa, offrendo la possibilità ai loro re di legittimare lo spargimento inutile di sangue.  

Contro questa continua contesa dei rapporti di forza, si tratta di distinguere l’immaginario da come le cose stanno davvero in modo tale da, se non evitare la guerra, almeno ridurre i rischi di un’escalation sempre più infuocata. Nuovamente, i greci vengono in nostro aiuto: non solo ci palesano la crudezza della guerra, ma ci offrono anche un antidoto. A tal proposito, possiamo rifarci al tempio di Apollo a Delfi che riportava una scritta: “Nulla di troppo”. Il messaggio era chiaro: non azzardare ad innalzarsi troppo rispetto a quello che si è. Questa saggezza torna nuovamente utile per i nostri tempi dato che, contro quella sete di potere fuori controllo, permette di ripensare il senso del limite. Se le parole devono indicare qualcosa, devono farlo in modo preciso e specifico, rinunciando al loro innalzamento a vessilli. 

A questo punto, sembra però ugualmente complesso capire come comportarsi: individuata una strada alternativa, occorre ancora trovare il modo di percorrerla. Se la guerra è un carattere umano, allora risulterà difficile non farsi ammaliare da chi ci chiama verso questi slanci apparentemente nobili. Soltanto un miracolo potrebbe salvarci. Ma è proprio in questi che Weil vede una speranza: 

«La vita umana è fatta di miracoli. Chi crederebbe mai che una cattedrale gotica possa stare in piedi se non lo constatassimo tutti i giorni?» (ivi, p. 103).

Siamo costantemente immersi in miracoli che l’uomo ha creato e compiuto, dei quali possiamo godere. Anche la presenza di una cattedrale gotica sembra essere scontata ma proprio ciò simboleggia come, pur essendo stata costruita diversi secoli fa, è ancora in piedi. Se siamo riusciti a costruire qualcosa di secolare, perché non provare a rendere possibile ciò che sembra impossibile?

 

NOTE
[Photo credit Hasan Almasi via Unsplash]

Tommaso Donati

Tommaso Donati

Preciso, Ambizioso, Studioso

Sono nato a Busto Arsizio il 04/05/2002, e tutt’oggi vivo nei paraggi di questa città. Seguendo la passione per la filosofia, ho deciso di continuare gli studi presso la medesima facoltà dell’Università degli Studi di Milano che tutt’ora frequento. Mi piace leggere tematiche di vario tipo dalla filosofia alla letteratura alla scienza: ogni occasione è […]

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