Se ci guardiamo intorno, non possiamo negare che la nostra esistenza sia condizionata da una miriade di fattori. Le scelte che compiamo ogni giorno spesso sono determinate da dinamiche che ci scavalcano come singoli individui e ci proiettano all’interno di sistemi più ampi. Pensiamo alla politica con le sue leggi, o alle influenze culturali che permeano la società. Le decisioni che prendiamo, inoltre, dipendono dal nostro stato di salute, dall’educazione ricevuta e, non da ultimo, dalla genetica che a nostra insaputa ci ha già inseriti dentro un percorso ereditato e prestabilito. Direi ineluttabile.
Che fine fa, allora, il libero arbitrio? Nel contesto appena descritto, dove si inserisce la nostra libertà d’azione?
Nella storia della filosofia molti autori hanno affrontato questo tema. Baruch Spinoza (Amsterdam 1632 – L’Aia 1677) è stato forse uno dei più celebri sostenitori del determinismo. Nel suo sistema filosofico, esposto nell’opera Etica, egli sostiene che ogni cosa, compreso l’essere umano, è determinata dalla natura e dalle leggi necessarie che governano l’universo. Spinoza vede Dio come una sostanza unica che si esprime attraverso tutto ciò che esiste e sostiene che la libertà umana non è altro che la comprensione della necessità dell’universo. In altre parole, noi siamo liberi quando comprendiamo le cause che determinano le nostre azioni.
In questa visione deterministica, non c’è spazio per il libero arbitrio nel senso tradizionale, che implica la possibilità di scegliere liberamente tra alternative senza essere determinati da cause precedenti. Gli esseri umani, come tutto il resto, agiscono in base alla necessità delle leggi della natura. La libertà per Spinoza non è l’opposto della necessità, ma consiste nella comprensione razionale della necessità e nell’agire secondo ragione. La vera libertà è, quindi, autodeterminazione razionale, che permette all’individuo di superare la schiavitù delle emozioni irrazionali e di vivere in armonia con le leggi naturali dell’universo.
«La mente conosce che tutte le cose sono necessarie e sono determinate a esistere e a operare a un nesso infinito di cause; e perciò, nella misura di tale conoscenza essa fa sì che patisca meno dagli affetti che nascono dalle cose e sia meno affetta verso di esse» (B. Spinoza, Etica, Neri Pozza, 2006, p. 563).
Questa visione del filosofo, anche se in un primo momento può risultare alquanto restrittiva, è invece un presupposto necessario per aiutarci a dare un senso nuovo alla parola libertà.
Se continuiamo a vedere le leggi di natura, i sistemi politici, la cultura come fattori limitanti, se li consideriamo altro da noi e li combattiamo, ci sentiremo sempre schiavi di qualcosa. Diventeranno dei nemici instancabili da combattere alla stregua dei mulini a vento contro cui don Chisciotte lottò invano. Per trovare il nostro spazio vitale, per recuperare la libertà che ci distingue dagli altri esseri viventi, è necessario spostare il baricentro. Invece di chiederci se siamo liberi o determinati, ognuno di noi dovrebbe porsi la seguente domanda: in questo mio tempo, con queste sue leggi, con questo sistema socio-politico, cos’è che mi rende libero? Quand’è che sento che sto realizzando appieno il mio essere autentico? Cos’è per me la libertà?
Si tratta di una sorta di accettazione attiva, un trampolino di lancio che ci aiuta a tuffarci nella vita. È quello che Martin Heidegger secoli dopo chiamerà Dasein, ossia l’Esserci nel mondo: «L’Esserci è un esser possibile consegnato a se stesso, una possibilità gettata da cima a fondo. L’Esserci è la possibilità dell’esser libero per il proprio poter essere” (M. Heidegger, Essere e Tempo, Longanesi, 1970, p. 226), intendendo proprio l’essere che è consapevole della sua esistenza e che si pone continuamente la domanda riguardo al proprio senso.
Essere liberi significa allora ascoltarsi e impegnarsi al fine di realizzare la propria natura, di trovare il proprio personale posto nel tempo in cui ci si è trovati a vivere. Giorno dopo giorno.
L’inquietudine che deriva dalla certezza di essere limitati e finiti, l’angoscia che ci provoca la morte, possono essere superate solo da questa apertura di senso. Solo così la nostra natura si rivelerà a noi in tutta la sua chiarezza. E magari ci accorgeremo che essere liberi non è poi così facile, che è un’esperienza faticosa. A volte è più semplice asservirsi a qualcosa, eseguire un ordine passivamente piuttosto che attivarci e lottare per rivelare quello che siamo.
NOTE
[Photo credit Jason Hogan via Unsplash.com]