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Modernità liquida e potere

Ignoranza, impotenza, frustrazione sembrano essere le condizioni di un uomo contemporaneo, in perpetuo cambiamento, che vive diviso tra un frenetico progresso tecnologico ed un progressivo smantellamento dei valori e di quelle certezze che caratterizzavano la società passate. La paura quindi rischia di essere un’abitudine – oltre che un fattore costante – della modernità. Attraverso il pensiero di Bauman definiamo la modernità come processo in sé, come un continuo modernizzarsi, un continuo cambiamento.

Una società del genere è incapace di avere una forma ed una costanza; è una società liquida. Contemporaneamente frenetica ed incerta dove è impossibile imparare dalle proprie esperienze perché non si hanno i tempi e le condizioni per le quali queste possano maturare.

Incertezza e precarietà sono invece i campi d’azione del Potere “ability to act or affect something strongly’– presumably by possession of control or command oven others’” così da ristabilirne l’ordine. Il potere inoltre è presente in ogni contesto della società ed è oggetto di studio. Da Niccolò Machiavelli passando per Michel Foucalt, il potere resta comunque una prateria aperta e soggetta al cambiamento come all’adattamento. Infatti oggi si registra un potere invisibile, quasi panottico, ma al contempo debole – come quello dello stato nazione – al continuo processo di modernizzazione e di apertura verso una concezione globale slegata dal territorio e dalla sua politica.

Questo passaggio da solido a liquido avviene per una concomitanza di fattori come la caduta delle vecchie sicurezze e l’avvento della globalizzazione. Gli stati nazione sono attraversati dal potere economico fattosi anzitempo globale, dai media sempre più capillari e abili nell’eludere anche le politiche più ristrettive in merito alle libertà di stampa e di pensiero, persino da mafie e terrorismo subendone la perdita di potere politico, costringendo lo stato-nazione a delegare i rispettivi ruoli a un’entità centrale che possa concorrere a livello globale. Un esempio è l’Unione Europea. Ad oggi i singoli governi si ritrovano ad arginare l’impetuosità di poteri un tempo ancorati al territorio e alla forza lavoro locale – e quindi alle sue leggi e alla sua politica – e che oggi si ritrovano liberi di proliferare in e da un punto all’altro del globo. I cambiamenti non avvengono solo nei contesti Macro come in Politica o l’economia ma anche all’interno della società che diviene sempre più liquida e individualizzata. Gli impegni tra individui sono spesso a tempo determinato e si vola di opportunità in opportunità. Si vive in un mondo che educa ad un modello culturale che esalta l’individualismo pur rimanendo ancorati, per certi versi, ad un idea classica dei rapporti con la vita ed il mondo. L’individuo e le sue relazioni sono impregnati dallo “spirito” individualistico e trovano nel consumismo il simbolo di se stesso. Si entra in un rapporto con un altro individuo solo se vi è la possibilità di uscirsene poco dopo, resistendo finché si è in grado di procurarsi un vantaggio o un godimento. In questo clima di estrema incertezza e di precarietà, persino dei rapporti sociali, non manca la nascita e il proliferare di linee di pensiero estreme.

Globalizzazione ed individualizzazione danno un senso al consumismo – che non sia solo surplus nel capitale – diventando il partner perfetto per ogni individuo per distinguersi dagli altri. Come il bisogno di distinguersi e di elevarsi dell’individuo anche la sua volontà di sicurezza aumenta. Un estremizzazione della costante sicurezza ed le avanzate conoscenze tecnologiche in dotazione al Potere politico la si ritrova nel concetto “Panopticon power” di Michel Foucalt.

Secondo Zygmunt Bauman, la liquefazione della globalizzazione e delle opportunità – come delle paure – dei processi sociali e degli individui, è suddivisa in due tappe e si basa sull’avvento di un nuovo soggetto nel tessuto sociale: i managers. In una prima rivoluzione manageriale si disarciona la classe dominante del capitalismo moderno solido, quello dei proprietari. I manager, grazie ad una sostanziale pigrizia e all’abitudine nel delegare dei proprietari, acquistano il potere necessario per punire, sanzionare o premiare, quindi di assumere una tangibile posizione privilegiata da dove poter così esercitare non solo il potere, soprattutto la propria volontà.

La seconda rivoluzione cominciò qualche decennio fa ed è tuttora in corso e vede coinvolti tre enti: il gardening, Il Game Keeper e l’Hunter . Ogni giardiniere parte da un’idea, un progetto di giardino, in cui ogni pianta viene classificata in termini di funzionalità e compatibilità con il progetto. Tutto ciò che non entra in questo ordine è da estirpare; tutto ciò che non rende per la causa e per il sostentamento non ha motivo di proliferare. I Game Keeper come governanti e potenti che non interferiscono con la natura, limitandosi a sedare i disordini interni ed esterni e subito dopo tornare in gran fretta entro i confini. Tra loro vi sono anche quelle figure che sono interessati ad un “surplus” e alle modalità per ottenerlo, seppure ne delegano il lavoro a terzi ossia l’Hunter che non ricerca l’ordine piuttosto desidera che le sue azioni vadano a compimento e riportino successo. Questa seconda rivoluzione è all’insegna dell’essenza della managerialità, intervenendo sulla dialettica tra spazio globale e territorio. I nuovi privilegiati di questa modernità godono dei vantaggi della globalizzazione e dell’impotenza degli impianti statali elevandosi dalla maggioranza ancorata alla dimensione locale.

Con la separazione della sfera economica da quella familiare si aprirono le porte a libertà del tutto inedite e al bisogno di un organo regolatore: lo stato moderno. Lo stato-nazione nacque dal bisogno di ordine e di regolamentazione di tutti gli aspetti della modernità solida e dai legami al territorio delle forze produttive, dal capitale e dalla forza lavoro. Oggi si è davanti ad un nuovo principio di separazione: la sfera economica dallo stato-nazione. L’economia si è emancipata dai legami col territorio divenendo globalizzata, tendendo a portarsi su un piano separato rispetto a quello dello stato-nazione influendo sulla società e sui suoi aspetti. Ci spostiamo da un progetto all’altro e tutto si scioglie ma non più al fine di creare una nuova solidità. Diviene un processo continuo e non assume una forma per lungo tempo. Nella modernità liquida si punta alla massima flessibilità, mutabilità e mobilità degli impegni assunti. Ogni impegno è valido sino a nuovo ordine e quindi può essere rimpiazzato in vista di nuove opportunità. Si suggerisce una condotta leggera, senza pesi e sempre in corsa verso nuove opportunità. In questa nuova fase della managerialità, in un contesto liquido della modernità, l’individuo non è costretto ad accumulare crediti o bonus o reputazione, ciò che conta è l’ultimo lavoro, l’ultimo successo.

Per approfondire: Journal of Political Power

Salvatore Musumarra

[Immagini tratte da Google Immagini]

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