Oggi racconterò una storia vera. La storia di Adèle Hugo, figlia secondogenita del celebre scrittore Victor Hugo. Racconterò una storia d’amore malato, un amore che crea radici sempre più grosse, senza dare la possibilità di costruire ali che ci permettano di utilizzarle e di plasmarle per riuscire a vivere, per riuscire ad amarci.
La sua storia venne raccontata nel film di François Truffaut “Adèle H. – Una storia d’amore” tratta dai diari autentici di Adèle Hugo ritrovati nel 1955. La protagonista s’innamora di un attraente e poco raccomandabile tenente britannico, Pinson, che la corteggia e la seduce fino alla promessa di sposarla; il giovane ufficiale, però, viene trasferito a seguito del proprio reggimento alla guarnigione di Halifax. Ha inizio così, per Adèle, il suo amore che crea radici, quell’amore che crea prigioni.
“Quella cosa incredibile da farsi per una ragazza, attraversare il mare e passare dal vecchio mondo al nuovo per raggiungere il suo amante, quella cosa io la farò.”
Adèle quindi per inseguire il suo sogno d’amore parte da casa contro la volontà del padre, si imbarca sotto falso nome, attraversa l’oceano, arriva nella cittadina canadese di Halifax e inizia a cercare quell’uomo tanto amato.
“Albert, amore mio, la nostra separazione mi ha distrutto, dalla tua partenza ho pensato ogni giorno a te, sapevo che anche tu soffrivi. Io non ho ricevuto le lettere che mi hai scritto e posso quindi immaginare che nemmeno a te siano mai arrivate le mie, però io adesso sono qui, Albert, sulla stessa sponda dell’oceano su cui sei tu. Tutto ricomincerà come prima, so che presto le tue braccia si stringeranno intorno a me, sono nella stessa città dove sei tu, Albert, io ti aspetto, ti amo, tua Adèle.”
Quando finalmente Adèle riesce a incontrare Pinson, il bel tenente non dimostra alcun interesse per la donna che ha illuso, a cui ha fatto promesse avventate: la respinge. A nulla serve il consenso a sposarlo che Adèle è finalmente riuscita a strappare al padre, così come si rivelano inutili, se non addirittura dannosi, i sotterfugi e le menzogne a cui la ragazza fa ricorso per riconquistarlo. Ogni rifiuto però non fa che alimentare la sua passione e la sua determinazione.
“Io non ti chiedo che una cosa: anche se non mi ami più, lasciati amare. Oh sì, permettimi di amarti!”
Un incubo la tormenta: Adèlesogna ogni notte di affogare tra le onde di un mare agitato e burrascoso, e morire, senza che nessuno corra a salvarla. Adèle, tuttavia, ha la forza di insistere imperterrita nella sua ricerca che la fa sentire unica e viva. Conquistare Pinson diventa per lei una missione, un diktat personale ed esclusivizzante. Sebbene il padre le scriva di tornare per essere al capezzale della madre morente, il suo obiettivo di farsi amare di nuovo da Pinson non le permette di allontanarsi da Halifax.
“Per te ho calpestato tutto, ho abbandonato tutto.”
La donna, sempre più emaciata e svanita, perduta la sua primitiva bellezza, ridotta in miseria, un giorno perde i sensi in libreria: è ormai prossima alla follia. Il prezzo che deve pagare per il suo amore è l’umiliazione, la sottomissione al desiderio, la lenta e progressiva degradazione.
“Io non ho più gelosia, non ho più orgoglio, ho superato l’orgoglio, ma non potendo avere il sorriso dell’amore mi condanno alla sua smorfia.”
Il reggimento di Pinson viene trasferito alle isole Barbados, Adèle lo segue. L’indifferenza dell’uomo al suo amore non fa che accrescere la sua passione e la porta ad azioni impensabili. Adèle ha talmente paura di rimanere da sola da non ascoltare i rimproveri e le accuse che le vengono rivolte dall’amato, non si accorge di soffocarlo con le sue continue attenzioni. La protagonista perde lentamente la cognizione della realtà; per Adèle non vi è possibilità di fallimento perché significherebbe rinnegare il senso stesso della sua vita: lei deve sposarlo, che lui lo voglia o meno.
“Si può amare qualcuno sapendo che tutto è spregevole in lui”
Adèle non è innamorata di Pinson in quanto persona, non trova in lui delle qualità da amare; l’uomo diventa uno strumento su cui basare il senso della propria vita. La donna è innamorata della sua capacità di amare. Emblematico è l’ultimo incontro con il suo oggetto d’amore: Adèle lo attraversa con lo sguardo e non lo riconosce, troppo concentrata su se stessa. Le sue condizioni diventano sempre più precarie: per la denutrizione e la fatica perde i sensi per strada. Soccorsa da una donna di colore, tornerà con lei in Europa per morire quarant’anni dopo in un ricovero.
Adèle Hugo può essere considerata una dipendente affettiva con un tragico epilogo. La dipendenza affettiva colpisce soprattutto il sesso femminile, in tutte le fasce d’età. Si tratta di donne fragili, attanagliate da sentimenti d’inadeguatezza, alla continua ricerca di un amore che le gratifichi. La triste parabola di follia di Adèle ci insegna che amare, ma soprattutto amarsi, vuol dire poter stare in una relazione senza dipendere e senza strappare a tutti i costi attenzioni e continue richieste di conferme.
Giordana De Anna
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