Il “clochard sporco e puzzolente” che “vive di espedienti”1 sembra una frase fatta apposta per descrivere un’immagine fumetto, come quelle contenute nei quaderni da colorare comprati da genitori spazientiti dai capricci, vittoriosi, dei figli. Quei quaderni dove ad ogni personaggio corrisponde un’etichetta, una didascalia che non lascia spazio ad altre interpretazioni o a profili alternativi.
In realtà “clochard sporco e puzzolente” fu pronunciata durante un’arringa tenuta dall’avvocato Luciano Di Pardo davanti alla Corte d’Assise di Varese, una realtà dove ad essere giudicati solitamente sono i casi giudiziari per i quali è previsto l’ergastolo o una detenzione superiore ai 24 anni. Un mondo, quindi, molto distante dagli ingenui (forse) colorami-tu consigliati per i bambini dai 2 ai 6 anni.
Il “clochard sporco e puzzolente” in un contesto maggiorenne assume dei contorni preoccupanti, se non addirittura allarmanti perché non rappresenta solamente un pregiudizio personale di un avvocato, al quale forse fin da piccolo son state raccontante storie di paura impersonate non dal solito uomo nero, bensì da senzatetto malvagi. A quanto pare il virgolettato nasconde molto di più. In primo luogo il termine francese “clochard”, accostato ai due aggettivi qualificativi seguenti, sembra essere stato utilizzato per avvolgere di una qualche solennità culturale una affermazione, che senza il francesismo, sarebbe stata reputata non all’altezza di un’istituzione di Stato. Un bagaglio lessicale importante e un politically correct da invidiare, se non fosse che dietro a queste smancerie si intraveda un deserto sterminato di contenuti.
In secondo e ultimo luogo i termini “sporco” e “puzzolente”, in riferimento ad una persona, rimandano all’idea del contagio, al contesto delle malattie virali trasmesse attraverso il contatto o l’esalazione; in quest’ultimo caso tornano alla memoria gli antichi miasmi sui quali si basarono, nel corso della storia, fior fiore di teorie mediche.
Questa analisi linguistica, seppur frettolosa, pone subito in evidenza le radici di simili affermazioni, il sostrato culturale con il quale ci si pone ad osservare il mondo; un impianto cognitivo molto probabilmente accettato da certi ambienti votati all’ordine e a marginalizzare, molte volte inconsapevolmente, chi ordinato proprio non lo è. Il clochard per l’appunto.
A questo punto basterebbe dire che occorre porre al vaglio della critica i nostri pregiudizi, i nostri comportamenti, anche quelli che riteniamo compassionevoli e politicamente corretti, e la nostra visione del mondo. Però sarebbe la solita morale e non basta questa volta perché il “clochard sporco e puzzolente” ha un nome e un cognome, Giuseppe Uva. Non “vive di espedienti”, ma è un gruista. Non è un bambino, ma un uomo di 43 anni, quando nel giugno del 2008 morì all’ospedale di Circolo Varese dopo una notte passata in caserma.
Non voglio entrare nel merito dell’assoluzione dei due carabinieri e dei sei poliziotti accusati di omicidio preterintenzionale, anche se devo ammettere che di rabbia e indignazione ce n’è stata. Preferisco, a mal in cuore, rimanere nel campo del linguaggio che mi ha portato alla mente un rimando storico abbastanza noto: il Casellario politico centrale, l’ufficio nel quale venivano schedati le personalità considerate pericolose per la stabilità interna del Paese. Il numero di chi venne registrato salì vertiginosamente durante l’epoca fascista, nonostante questa pratica risalisse fin ai tempi di Crispi. Il lessico impiegato in questi prontuari ricorda sinistramente quello utilizzato dall’avvocato Luciano Di Pardo.
Ecco, liberiamoci di questa eredità linguistica che nasconde altrettante recalcitranti eredità storiche.
Marco Donadon
[Aggiornamento 5.02/2017: Il processo di secondo grado si celebrerà su impulso della procura generale di Milano, che ha fatto ricorso con una impugnazione in cui ha attaccato duramente la sentenza della corte d’assise di Varese (presidente Vito Piglionica) che, in primo grado, ha assolto i 6 agenti di polizia e i 2 carabinieri imputati. In primo grado, la pm Daniela Borgonovo aveva chiesto l’assoluzione per tutti e per tutti reati.]
Note:
1. la frase incriminata recitava così: “Si è trattato di una spalmata gratuita di fango sull’onore di una famiglia, come si può pensare che una donna sposata possa tradire il marito per un clochard sporco e puzzolente?”. Come si può notare la frase esprime anche i termini di onore e tradimento, denotando una forte dose di maschilismo.
Bibliografia:
• per una lettura critica del virgolettato, una forte mano mi è stata data dal libro di David Forgacs, Margini d’Italia. L’esclusione sociale dall’unità a oggi, Roma-Bari, Laterza, 2015
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