E se la famosa ed immanente “crisi” che stiamo attraversando da un quinquennio abbondante, fosse destinata ad accompagnarci più a lungo di quanto ci aspettassimo?
Parliamoci chiaro, dal 2008 quando c’è stata l’esplosione americana dei mutui sub-prime fino alla recessione tecnica annunciata dai media italiani qualche settimana addietro, ne è passata di acqua sotto i ponti.
I capelli si sono ingrigiti, qualche ruga ha fatto in tempo a comparire, denti da latte sono caduti per far posto ad aguzze puntine, maturità e lauree sono state conseguite e le vite hanno continuato nella loro naturale inerzia.
La crisi, inquietante, spettrale ed al tempo stesso assolutamente fisica e presente, è rimasta ed ha iniziato ad assumere le sembianze moleste ed abitudinarie di quell’amico dell’amico, quella persona fastidiosa, opprimente e della cui compagnia faresti volentieri a meno – perché ammorba l’atmosfera – ma non puoi, e te la devi sopportare a denti stretti e con un tirato sorriso di circostanza.
Dai vecchi giornali cartacei, passando per tv e web, il concetto di crisi ed i suoi innumerevoli corollari si sono fatti strada rapidamente, cementificandosi all’interno delle nostre coscienze in modo tanto evidente quanto subdolo.
Facciamo i conti ogni giorno con la crisi e con i suoi effetti nefasti: disoccupazione, scarsità di risorse, diminuzione delle nostre aspettative personali e del tenore di vita sperato, restrizioni di portafoglio e compressione della umana volizione.
La crisi non è solo un concetto macroeconomico che ormai ha attecchito saldamente nelle nostre coscienze, è diventata uno specchio di fronte al quale sfiliamo in continuazione, come quello situato sull’uscio di casa, che ci vede entrare ed uscire di volta in volta, osservando le nostre mosse.
Mi sento di porre una certa enfasi su questo aspetto “involontario” perché credo che sia il frutto di un meccanismo altamente condizionante per le persone, per noi tutti, e che i suoi effetti non siano necessariamente positivi.
Se da un lato, infatti, possiamo affermare che la mente umana ha sempre trovato terreno fertile nei limiti di fronte ai quali si è imbattuta ed ha provato piacere nel superare ogni ostacolo, è altrettanto vero che una condizione di costante coercizione e di depressione comporta deviazioni non trascurabili rispetto al normale atteggiamento che un soggetto assumerebbe di fronte a certi stimoli.
Ecco dunque che entrano nell’eloquio quotidiano espressioni come “risparmio, perchè c’è crisi”, “aspetto che arrivino momenti migliori per investire”, “non vale la pena rischiare, con questa situazione”, “sono fortunato ad avere quello che ho, guardati attorno”.
Espressioni quindi ordinarie, apparentemente, semplici intercalare inseriti all’interno di conversazioni e ragionamenti, oppure veri e propri tasselli che si sono inseriti saldamente all’interno del nostro processo cognitivo?
E se questa crisi non fosse destinata a risolversi come ciclicamente accade?
Se fosse davvero l’emblema, la manifestazione più visibile ad acuta di un punto di non ritorno che implica necessariamente una revisione totale e globale del modo di intendere la società moderna?
Se dovessimo davvero imparare a convivere, in maniera per lo più pacifica direi – più che rassegnata – con una situazione costante di incertezza e di scarsità di opportunità e di sereno benessere?
Ho posto molti quesiti, molte domande alle quali è difficile dare risposte certe, ma che possono sicuramente aprire la strada alle nostre personali riflessioni su un tema che è diventato parte integrante della quotidianità degli adulti, ma anche dei giovani, che non hanno certo il prosciutto disegnato sugli occhi.
“Vivere ai tempi della crisi” potrebbe essere il titolo di una serie trasmessa sulla rete ammiraglia, e che riscuoterebbe un buon successo, tipo il “Medico in Famiglia”.
Quella che vi sto esponendo è semplicemente una presa di coscienza su quella che potrebbe essere l’inutilità di cercare un meccanismo perfetto per uscire dalla crisi, una scappatoia preferenziale per tornare al punto di partenza, prima che lo status quo volgesse al peggio.
Forse è proprio questo atteggiamento a mantenerci saldamente incollati ad un foglio bianco impiastricciato di colla vinilica, e a non consentirci di fare tabula rasa, di tagliare i ponti con ciò che è stato, iniziando a progettare ed immaginare un futuro diverso.
E proprio questa potrebbe essere la vera chiave di volta.
La parola “crisi” sta ad indicare una situazione di profonda instabilità, una rottura degli equilibri che genera scompensi.
Forse l’unica maniera per affrontarla e risolverla davvero sta proprio nel nostro atteggiamento mentale, e nel comprendere che se siamo arrivati a questo punto di cedimento, lo dobbiamo probabilmente alle scelte compiute dal genere umano fino ad ora, alle fermate che ha percorso il treno del progresso.
Sarò semplice e forse anche un po’ banale, ma a volte gli esempi sono più utili di tante parole.
Quando una coppia che è stata solida per molti e molti anni entra in crisi, spesso l’unico modo che si ha per riprendere in mano le redini della propria vita consiste nel fare una delle cose più complicate ed allo stesso tempo illuminanti: accantonare consapevolmente e volontariamente il passato ed i suoi errori, puntando con decisione verso il futuro, consapevoli dei valori che si sono costruiti e dei passi falsi da non ripetere.
Forse quando inizieremo a scrollarci di dosso la dipendenza dai vecchi e consuetudinari agi, per iniziare a visualizzare un mondo diverso, per necessità e per scelta, allora potremo davvero cominciare a superare – a modo nostro – la famosa ed onnipresente Signora Crisi.
Massimiliano Santolin
Classe 1987, Massimiliano Santolin ultima gli studi al Liceo Classico A. Canova nel 2006.
Laureato in Giurisprudenza, coltiva da sempre l’amore per la scrittura, l’arte e la cultura, ed abbina una spiccata curiosità nei confronti di quanto accade nel mondo ad un anima molto sensibile.
Scrive con passione articoli che riflettono sui “perché” e i “per come” dei fenomeni che toccano la quotidianità.
Convinto sostenitore del fondamentale ruolo educativo e formativo della storia e della filosofia, sostiene con gioia l’ambizioso progetto avviato da La chiave di Sophia.
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