Il turista europeo, che per la prima volta visita il Marocco, percepisce fin da subito di trovarsi in un mondo altro, distaccato dalla propria realtà quotidiana intrisa di tecnologia, stress e automatismi, quasi il tempo si fosse fermato e ci avesse trasportato in un’altra epoca. Il terreno secco e arido si mescola ai colori caldi del paesaggio e all’odore di spezie che esala dai piatti fumanti del luogo. Marrakech, in particolare, ti conquista con i suoi toni accesi, le sue case piatte di terriccio rosso, i suoi negozi colmi di oggetti che fanno disorientare: dai vestiti, alle cinture, ai vasi, ai cestoni di menta essicata, non si sa più dove guardare. Recandosi poi nella piazza principale è il tripudio della frutta, delle spremute e degli incantatori di serpenti, in un panorama tra il festoso e l’esilarante che invita a prendere parte attiva a quella realtà.
Si tratta di sensazioni che conquistano facilmente, nonostante l’effetto di straniamento che viene inevitabilmente provato, tanto da creare una nostalgia quasi inaspettata nel momento in cui si fa ritorno al proprio mondo. C’è da chiedersi infatti, come mai un luogo dove le comodità sono sicuramente inferiori rispetto a quelle vissute nella propria quotidianità e dove le contraddizioni sono evidenti, possa insinuarsi così tanto nell’anima del singolo individuo. Probabilmente quello che il Marocco restituisce al turista europeo è forse il senso di una maggiore semplicità fatta di naturalezza. Nel contatto diretto con la natura, infatti, nasce un ritorno agli elementi primitivi, vissuti nella loro autenticità. Dalla sabbia del deserto alle stelle, alla terracotta dipinta a mano, ai fiori essicati per fare il the e gli infusi si percepisce l’essenza vera e piena di questi elementi, ai quali non siamo abituati. Pensiamo infatti a quanto difficile sia per noi vedere le stelle senza inquinamento luminoso oppure usare stoviglie fatte a mano per le nostre portate, in un contatto con i materiali e gli elementi naturali che abbiamo perso da decenni. Dopo aver visto il Marocco, forse, la propria realtà appare un po’ artificiale, magari precisa e perfetta ma poco autentica, meno passionale e vera.
Il Marocco, in un certo senso spinge ad una sorta di ritorno all’essenza, infatti, come dicevano i letterati del Romanticismo, il contatto diretto con la natura mette in connessione l’essere umano con il creato. Affermava ad esempio il poeta inglese William Wordsworth nella poesia Daffodils: «When on my couch I lie/in vacant or in pensive mood /they flash upon that inward eye which is the bliss of solitude ;/and then my heart with pleasure fills,/and dances with the daffodils»1, in una sorta di ballo interiore con la natura circostante semplice e quotidiana.
Chiaramente la realtà del Marocco, come qualsiasi altro Stato, presenta diverse tipologie di problematiche, così come alcune difficoltà socio-politiche non indifferenti, si pensi anche solo all’integrazione delle molte etnie presenti che oggi convivono tra loro pur avendo tradizioni diverse. Ad esempio la popolazione di etnia berbera, ovvero il gruppo autoctono del Maghreb, parla una lingua che il resto della popolazione non comprende, in quanto si tratta di un ceppo linguistico afro-asiatico che non deriva originariamente dall’arabo. In questa sede abbiamo voluto tuttavia concentrarci sugli aspetti più inerenti la cultura e il legame con gli elementi della natura, senza aprire dibattiti che richiederebbero più approfondite trattazioni.
In conclusione, forse la possibilità di entrare in un mondo non ancora, o perlomeno non completamente, tecnologico, scandito dal tempo spirituale – si pensi a questo proposito al richiamo religioso che proviene dalla moschea nei momenti della preghiera – ci permette di dimenticare lo stress e l’iper-velocità cui siamo sottoposti, per vivere un po’ più leggeri e più liberi. Una sorta di ritorno alla propria interiorità dunque, per una scoperta continua e profondo di se stessi.
NOTE
1. Lett: «Quando mi sdraio sul mio divano/ di umore assente o pensieroso/ essi appaiono a quell’occhio interiore/ che è la beatitudine della solitudine/ e allora, il mio cuore si riempie di piacere/ e danza insieme ai narcisi».
[Photocredit by Stefano Giotto]