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L’amore, un vincolo tra due libertà

Quando si pensa all’idea di libertà si è soliti associarla ad una forma di assolutismo (dal latino absolutus), ovvero ad una situazione totalmente sciolta da qualsiasi vincolo o legame.
Spesso si fa riferimento alla libertà di poter fare qualsiasi cosa – desiderio spesso presente in una fase adolescenziale della vita – di poter prendere decisioni nuove, di non avere limiti. Questa è la libertà intesa in senso positivo, e si concentra sull’affermazione di qualcosa, sia sul piano personale che su quello morale e sociale. Poi c’è un altro tipo di libertà, la libertà da, quella che somiglia ad una “liberazione”, e cioè la libertà “negativa” intesa come assenza di qualsiasi ostacolo all’affermazione del proprio io.

A volte la nostra vita si ferma qui, tentando di trovare un importante equilibrio tra queste due tipologie di libertà, attorno a cui cerchiamo di far ruotare la nostra vita. Non sempre questo risulta sufficiente, specie quando si entra all’interno della sfera relazionale e, più precisamente, nel tema dell’amore.
L’amore è espressione di complessità e semplicità allo stesso tempo e, come si direbbe in una delle opere più famose della filosofia antica, che si riconduce al mito di Eros, «la sua natura non è né immortale né mortale ma, allo stesso tempo, fiorisce e vive» (Platone, Simposio, 203c, 2013).

Amore è mancanza e coraggio, è fragilità e passione, è spontaneità e ingegno. Esso risulta essere un’armonia di opposti, un ossimoro esistenziale che determina la vita di ogni individuo.

Riflettendo un po’ sull’essenza di tali concetti ed applicandoli alla nostra vita quotidiana, potremmo dire che in ogni relazione tra due amanti c’è una forma di questo amore che necessita di equilibrio e che genera diversi sentimenti.
A volte, l’amore prende la forma dalla mancanza, che non sempre coincide però con l’assenza. C’è, infatti, una mancanza che genera fervida attesa, che rafforza i legami e che lascia il passo alla certezza che l’amore – o l’amato, più nello specifico, ovvero colui che è portatore di amore – stia per arrivare, ritornerà. In questo tipo di mancanza, l’assenza non è mai davvero assenza, poiché essa è piena di quell’amore che non muore, che non scompare, ma che semmai cambia aspetto, forma, in base alle diverse stagioni della vita. La vera assenza che determina il vuoto, invece, è quella in cui si soffre per ciò che non si può vivere e che pure si vorrebbe; è il rifiuto, la negazione ma anche l’accettazione piena di un amore che non c’è. E la differenza tra la mancanza e l’assenza è spesso data dalle persone in relazione. In una relazione non si può amare da soli, bisogna che ci si ami reciprocamente, altrimenti non è più amore, ma altro.

Allo stesso tempo, per amare bisogna che le fragilità si incontrino, senza paura, e che insieme si prendano per mano senza lasciarsi travolgere ma bensì sorreggendosi vicendevolmente attraverso la passione, che se inizialmente coincide con un imponente trasporto emotivo, gradualmente diventa un sapersi stare accanto in quei momenti di sofferenza che le proprie fragilità, inevitabilmente, comportano.
Amare è crescere insieme, nel tempo e, come dice Socrate nel Simposio, saper passare dall’amore per ciò che sembriamo – soprattutto dal punto di vista estetico – all’amore per ciò che siamo davvero dentro, con i nostri difetti, con le nostre paure e con tutto ciò che non piace forse neanche a noi stessi.
Per fare tutto questo, non basta concepire la libertà solo in termini di positività o negatività. È necessaria anche la libertà per, quella che sa andare oltre le affermazioni e gli ostacoli – che non sempre possono essere eliminati in modo semplice – e sa scegliere nonostante tutto. L’amore è la risposta alla domanda: “Per chi sono io?”.

Oltre ogni concezione romantica, per amare bisogna davvero aspirare ad Eros, che unisce povertà e coraggio e che sa dosare, di volta in volta, ciò di cui è portatore. Non a caso, l’amore è da sempre la denominazione di tutto ciò che supera la concezione di ciò che vediamo, che sentiamo ma che si avvicina al divino. E, proprio come fa Dio, per amare davvero bisogna imparare a non arrendersi alla morte ma senza mai violare la libertà dell’altro. E, forse, potrebbe essere proprio la libertà l’espressione più autentica dell’equilibrio dell’amore. Che si tratti di amore divino o terreno, solo chi ama davvero conosce il vero valore della libertà, spada di Damocle di ogni autentica relazione.
Attraversando silenzi, deserti, ma anche percorrendo sentieri sorprendenti, oggi come allora, l’amore resta sempre un’avventura che vale la pena vivere. Insieme.

 

Agnese Giannino

Agnese Giannino è una dottoressa in Scienze Filosofiche.  Dopo la laurea triennale in Filosofia presso l’Università degli Studi di Catania, consegue cum laude, nel medesimo Ateneo, il titolo magistrale in Scienze Filosofiche, presentando una tesi in ambito bioetico. Appassionata di etica ed innamorata dell’insegnamento, ha lavorato nella formazione e, ad oggi, continua ad approfondire i propri studi.

 

[Photo credit Azrul Aziz via Unsplash]

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