Allegra Lunare ha appena vent’anni. Non i soliti vent’anni: non quelli per cui devi iniziare una vita, non quelli per cui guardi soltanto davanti a te.
No. Allegra Lunare ha vent’anni, e deve ricominciare esattamente daccapo. Lasciare la casa dove ha vissuto dal primo dei suoi ricordi migliori la spaventa; la spaventa lasciare quel mare di ricordi belli e un po’ meno belli che ha paura di non riuscire a portare con sé. Così, per riuscire a non avere paura, decide di scrivere una lettera ai nuovi inquilini che abiteranno la sua amata casa, dove racconta la storia di ogni oggetto che troveranno o di quelli che non troveranno, perché li porterà con sé.
Scrive, scrive, scrive Allegra Lunare. Con ritmo veloce, con ritmo di chi ha tantissime cose da dire. Ci trasporta nel suo universo, insieme ai personaggi più o meno strani che ci presenterà, che hanno colorato i primi vent’anni della sua vita. Ci racconta tutto, per essere il più chiara possibile. Ci racconta loro mentre ci fa capire qualcosa in più di lei.
Forse lui se l’è scordato ma io non me lo scordo, quando papà tornava a casa sbuffando e io mi chiudevo in camera perché non avevo nemmeno il coraggio di andarlo a salutare, mentre lei non faceva altro che alzare il volume del giradischi in cucina, e guarda caso ecco Leonard Cohen attaccare Suzanne, che papà nella sua classifica delle cose belle della vita metteva perfino davanti alla sigaretta dopo il cappuccino. Passavano pochi minuti e li trovavi intrecciati a ballare un lento, e l’arrosto magari in forno stava bruciando, ma era più importante che non si spegnessero loro, che non si spegnesse lui.
Arrivano i pagliacci è il primo romanzo di Chiara Gamberale, che da quattordici anni fa, quando lo ha scritto, ha ormai intrapreso la strada di un affermato successo. Aveva ventidue anni all’epoca, esattamente quanti ne ho io oggi che lo leggo per la prima volta, in occasione del suo ritorno in libreria. Lo stile dell’Autrice oggi è cambiato, perché certamente più maturo. Ma Allegra Lunare e tutti i personaggi di questo romanzo, ci prendono come succede sempre quando leggiamo Chiara Gamberale.
Non lo definirei un semplice monologo di una ventenne, lo chiamerei molto di più.
E’ rivelazione e distacco dalle convenzioni. Il lettore inizia a leggere con sguardo critico, conoscendo pian piano ogni sfaccettatura di ogni personaggio. E mentre legge di loro, capisce di più di sé.
Perché le domande che si pongono i protagonisti di questo intreccio, ce le poniamo – prima o poi – tutti.
Chi di noi non ha un segreto? Chi di noi non ha un dubbio sul proprio percorso? Chi di noi non ha qualcosa di sé di cui si vergogna e fa fatica ad accettare?
Siamo tutti bizzarri, in fondo, perché siamo tutti estremamente originali.
Con questo libro che ci racconta dei luoghi comuni a cui siamo fermamente legati, abbattiamo i muri dell’ignoranza, abbattiamo i muri delle convenzioni che ci hanno fermamente convinto di essere nostre.
E conosciamo Giù, il bambino affetto da un handicap che non vuole intenerire nessuno, né tantomeno essere chiamato “speciale”. E conosciamo Zuellen, che ha tanto da dire di sè quasi quanto quello che le chiedono di nascondere. E Patty, che impara ogni giorno a crescere e fare la moglie e la mamma. Ed Ettore, per cui il mondo non è che un posto in cui non accontentarsi mai.
Tutti raccontati dalla lettera di Allegra Lunare ai signori Godalla, futuri inquilini.
Conoscere lei è conoscere una parte di noi: è un ciclo il libro di Chiara Gamberale. Anzi, no. E’ più di un vortice.
Il vortice di chi non sa mettersi in gioco ma ripercorre tutte le volte che ha dovuto farlo. Il vortice di chi ci crede ancora in tutte quelle volte.
E ci insegna che niente ha definizione, se non quella che vi attribuiamo noi.
L’amore, che non è per forza correttezza. La famiglia, che non è mai lontanamente simile a quella che si vede nelle pubblicità della “Mulino Bianco”. Gli obiettivi, che se ci appartengono li sentiamo sempre criticati da tutti gli altri. Il destino, che non è sempre qualcosa che precipita a capofitto o ci stupisce, ma può guardarci scorrere linearmente.
La vita, che occorre ricominciarla daccapo senza soffermarci a renderla la continuazione di vecchi ricordi.
Perché sbagliamo per imparare.
E l’importante è non tradirsi.
Ma ogni tanto ricominciarsi.
Chiara Gamberale
Cecilia Coletta
[immagini tratte da Google immagini]