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Artisti di vita

A volte a nostra insaputa ci troviamo diretti verso un precipizio, sia che ciò avvenga per caso o intenzionalmente, non possiamo fare niente per evitarlo. 

Il curioso caso di Benjamin Button

Viviamo una vita nella piena convinzione di riuscire a segnare in agenda anche l’ora più insignificante della giornata. Agenda, ma che dico; ci sono il tablet, lo smartphone e il computer a ricordarci di aver annotato ogni cosa.
Agire in maniera programmata, sopravvivere per non vivere troppo rischiando di dimenticarsi gli impegni presi. Ogni giorno è considerato con un contagocce. Ogni giorno non è aria ma ore definite.
E a volte siamo perfino convinti che sia così, perché inconsapevoli che tutto ciò che abbiamo organizzato è disposto in quel modo apposito per essere sconvolto.

Passi veloci, passi che battono l’asfalto. Camminava Filippo in una grigia giornata di dicembre. Camminava verso il suo nuovo lavoro, aveva pianificato tutto nei minimi dettagli. Aveva preparato tutto, era pronto. L’orologio del nonno, il suo portafortuna da tempo immemore. I capelli tagliati al punto giusto, gli occhiali da sole che le aveva regalato Marta. Il sorriso non troppo ostentato eppure sicuro di esserci. Erano le otto e trentadue. L’orario era il migliore per essere puntuale. Aveva scandito ogni impegno preso, con dedizione e poca emozione. Era soddisfatto senza essere felice. Era realizzato senza rendersi conto della fatica che aveva fatto.
Navigava nel vortice delle sue cose da fare, quando all’improvviso si accorse di quella stupida dimenticanza. Un gemello soltanto ad un polso. E l’altro? Scordato.
Era presto, sarebbe riuscito a tornare indietro.
Corse le scale, varcò la soglia di casa, il gemello dimenticato era lì sul tavolo. Eccolo lì, che fortuna trovarlo subito. Proprio una frazione di secondo in fondo, non aveva nemmeno perso del tempo.
Scese in strada di fretta, per avere i minuti esattamente necessari per un caffè. Scese e fece per attraversare la strada.

Il taxi investì Filippo. In un attimo. Quel tassista che quel mattino era in anticipo, perché aveva litigato con la moglie e aveva deciso di uscire prima di casa. Quel tassista che correva più veloce del solito per fuggire dai suoi guai rinchiusi tra quattro mura. Un rumore di freni che non erano stati abbastanza pronti. Filippo era steso sull’asfalto, non si muoveva.

Rimase vivo Filippo, i medici dissero per miracolo. Chi lo sa se sia un miracolo rimanere vivi avendo perso l’uso delle gambe. Vivendo a guardare il mondo da una diversa prospettiva, smettendo di accontentarsi di sopravvivere e bramando la vita vera di ogni momento.

Una serie di coincidenze, un caso fortuito e ben poco fortunato. Chiamalo ingiusto, chiamalo sadico, chiamalo cinico. Ma pur sempre Caso. Come sarebbe vivere la propria vita da un’angolazione differente? Senza impegni e costruzioni, senza trattenere le emozioni e gioendo in un momento o sgretolandosi poco a poco?
Costruiamo idee, progetti a breve o lungo termine, non sapendo che la nostra vita è pronta a cambiare senza chiederci il permesso, non sapendo che i piani sono fatti per essere sconvolti e le aspettative per essere disattese. Conosciamo chi ci cambia la vita senza programmarlo. E perdiamo chi non ce l’ha cambiata allo stesso modo.
Io li ho visti quelli che vivono sul serio, quelli che guardano dalla prospettiva della Vita e non della mera sopravvivenza. Io li ho visti quelli che non dicono “Non ho tempo”, “Ho una serie di cose da fare”, “Devo annotarmi le cose da dire”, “Ho un progetto da realizzare in queste tempistiche” e “Voglio una relazione a queste condizioni”. Io li ho visti e li ho invidiati. Tremendamente.
Io li ho visti essere impegnati senza saperlo, li ho visti fare qualcosa e riuscire ad esserne appassionati. Li ho visti ricordare le cose che dovevano fare perché le volevano realizzare per davvero. Li ho visti viversi una relazione, li ho visti ascoltare davvero i loro amici, li ho visti baciare davvero chi amano.

Un musicista, quando suona, non annota lo scorrere del tempo. E’ immerso in una dimensione che gli altri non conoscono, la gente è lontana, i suoi timori non vivono in lui, ma escono. Non ha programmato con quanta intensità suonerà quella sera, né la sfumatura che darà al suo pezzo. Suonerà e basta, perché in quel momento si sentirà vivo.
E non farà tutto il possibile per finire di suonare velocemente perché ha un impegno successivo, perderà la cognizione di tempi e luoghi.

E’ la capacità di essere gli artisti della propria vita, non limitandosi ad esserne i meri esecutori. E’ la capacità di non scriversi il proprio destino, ma di realizzarlo con ogni mezzo.
Perché quando avremo scritto tutto – su quel tablet o su quello smartphone – qualcun altro verrà a cancellarlo. Perché quando avremo progettato e costruito, finiremo per scoprire che manca un pezzo.

Le maschere che creiamo e vengono tolte. Le idee che non ci fanno dormire ed esplodono in un sogno. Le persone che “accadono” nella nostra vita e ci cadono a pennello. Gli imprevisti che rivelano chi siamo per davvero.

La vita è un’avventura con un inizio deciso da altri, una fine non voluta da noi, e tanti intermezzi scelti a caso dal caso. Roberto Gervaso

Cecilia Coletta

[immagini tratte da Google immagini]

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