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Bellezza, verità e cinema del reale. Al via la 5° edizione del SoleLuna Treviso DocFilm Festival

Giunto al tredicesimo anno di vita e alla quinta edizione trevigiana, dal 10 al 16 settembre 2018, torna a Treviso, presso la suggestiva Chiesa di San Gregorio Magno e la sede di TRA – Treviso Ricerca e Arte a Ca’ dei Ricchi, il Sole Luna DocFilm Festival, un’occasione unica per assistere alla proiezione gratuita di film documentari e incontrare autori internazionali.

Il Festival, insignito di uno tra i massimi riconoscimenti conferiti dallo Stato a un evento culturale, la Medaglia del Presidente della Repubblica, ha scelto come simbolo, per la tredicesima edizione, il Gelsomino Grandiflorum, un fiore indossato dallo staff in segno di solidarietà a chi scappa da guerra e miseria in cerca di una nuova vita e condiviso con gli ospiti della rassegna. Scelta altrettanto rilevante che va nella medesima direzione di solidarietà e di dialogo interculturale è la citazione di Ermanno Olmi per l’esergo del catalogo trevigiano: «Auguro a tutti di qualsiasi razza, religione o cultura, di provare sentimenti di pace nei confronti di ogni uomo così da mostrare a noi stessi e al mondo che la violenza non potrà mai restituire giustizia».

Delle 40 proposte cinematografiche in programma 28 sono quelle selezionate per il concorso, già presentate con successo durante l’edizione palermitana (2-8 luglio 2018). Il concorso si articola in tre sezioni: Human Rights, dedicata ai diritti fondamentali dell’uomo, The Journey, storie di viaggio reali e simboliche e Short Docs, riservata ai cortometraggi. La selezione è stata curata dalla Presidente dell’Associazione Sole Luna – Un ponte tra le culture, Lucia Gotti Venturato, dal videomaker Bernardo Giannone, e dai direttori artistici del Festival Chiara Andrich e Andrea Mura, con cui abbiamo avuto il piacere di chiacchierare per l’occasione.

 

© Beccarella PhotographyCome considerate il rapporto tra bellezza e verità? Il docufilm in quanto cinema del reale come può coniugare il bello con il vero senza scadere o nel lirismo estetizzante o nell’eccessivamente crudo e talvolta scandaloso?

Andrea Mura: La domanda non è tra le più semplici e richiederebbe spazio e tempo, che qui non abbiamo, ma proveremo a rispondere lo stesso. Ammesso che i concetti in campo, bellezza, realtà e verità, siano da ascriversi in un dominio soggettivo e di impossibile oggettivazione, partiamo dal presupposto che il cinema sia rappresentazione e che dunque sia sempre interpretazione soggettiva della realtà. È più vero il fatto di cronaca in sé o la sua rappresentazione artistica? La “realtà” di un telegiornale o quella esperita dall’uomo della strada? Tornando al Festival e ai film selezionati, il nostro criterio di giudizio prevalente è quello di cercare un’armonia tra fattori estetici (fotografia, musiche, scelte di regia) e contenuti, dalle questioni di genere all’ambiente, da problematiche sociali attuali a fatti storici che hanno ancora ripercussioni nel presente. I film che preferiamo sono quelli che riescono a trovare un equilibrio tra questi vari aspetti tali da dare al film una consistenza e un’importanza che ci va di mostrare al pubblico del Sole Luna.

Al centro di quest’edizione alcune tematiche quali il racconto autobiografico e il rapporto padre-figlio: Before my Feet touch the Ground di Daphi Leef, in concorso per la sezione Human Rights e in proiezione l’11 settembre alle ore 20.00 a TRA, è ad esempio la storia in prima persona della giovane video editor israeliana da donna ingenua a icona nazionale celebre e controversa che nel luglio 2011 dà inizio a un movimento di protesta contro la politica abitativa e per la giustizia sociale; El color del camaléon di Andrés Lübbert, in concorso per la sezione The Journey e in proiezione il 13 settembre alle ore 20.00 a TRA, è invece un ritratto psicologico del padre del regista, Jorge, che scava insieme al figlio nelle profondità del proprio passato incompiuto quando, durante la dittatura di Pinochet, viene costretto a lavorare in modo estremamente violento per i servizi segreti cileni riuscendo però a scappare a Berlino Est e a diventare cameraman di guerra.

saltoIn quest’edizione SoleLuna dà quindi particolare rilievo alle donne, ad esempio con la collaborazione con la rassegna Endorfine Rosa Shocking, ideata e curata da Lara Aimone e dedicata a film su donne nello sport e con la proiezione del corto Salto di Maryam Haddadi: quale messaggio e quali obiettivi guidano le scelte artistiche per quest’edizione?

Chiara Andrich: La questione femminile ha sempre un posto centrale all’interno della selezione del SoleLuna perché in molti paesi del mondo – e spesso anche nel nostro – le donne vivono in una condizione di subalternità nei confronti degli uomini e sono soggette a vincoli di natura culturale. Allo stesso tempo però le donne sono forti, esseri che resistono e continuano a lottare a bassa voce, e che danno la vita. Molte sono le protagoniste femminile dei documentari presentati al Festival, ricordo tra tutte le straordinarie Primrose Sonti e Thumeka Magwangqana in Strike a rock di Aliki Saragas, due none sudafricane che lottano per il miglioramento delle condizioni di vita a Marikana. Indimenticabile la delicata figura di Patricia nel cortometraggio di Giulio Tonincelli, una giovane levatrice che sta imparando a diventare midwife nel villaggio di Kalongo in Uganda. E ancora la protagonista e regista di In the name of…, Eirleen Kardany, che racconta il suo essere donna, moglie, madre e figlia divisa tra pese di origine, la Malesia, e di adozione, la Norvegia, schiacciata dal peso di vivere con l’Islam da donna moderna.

Ci sono degli ambiti poi poco frequentati dalle donne, uno di questi è lo sport e quest’anno il festival affronta questa tematica in diversi film. Nel cortometraggio in concorso, appunto, Salto di Maryam Haddadi la giovane nuotatrice iraniana Zahra Hosseinzadeh racconta le difficoltà di essere un’atleta donna sotto la Repubblica islamica. Allo stesso modo la protagonista di Girl Unbound di Erin Heidenreich deve ricorrere al travestimento per giocare a squash sotto il regime talebano in Pakistan. E ancora, un’altra protagonista è Martina Caironi del documentario Niente sta scritto di Marco Zuin, l’atleta paralimpica più veloce al mondo.

Inoltre, forse perché lo staff del Festival è composto quasi interamente da donne, siamo particolarmente sensibili alla questione dei ruoli femminili nel mondo del cinema e cerchiamo spesso di valorizzare anche le autrici e le professioniste donne che lavorano come direttrici della fotografia e montatrici in un ambiente poco aperto al femminile.

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Altro tema che emerge dalla selezione dei docufilm 2018 è la costruzione e l’affermazione dell’identità, dal corto La Pureza di Pedro Vikingo a Sydney di Tristan Altchison in concorso per la sezione Human Rights, perché considerate il tema dell’identità un aspetto chiave per i diritti dell’uomo?

Andrea Mura: La Pureza e Sydney affrontano la questione dell’identità di genere e li presenteremo in collaborazione con il Coordinamento LGBTE di Treviso. Il cortometraggio La Pureza affronta il tema della transessualità infantile, regalandoci in pochi minuti il ritratto di cinque bambini che affrontano il passaggio da un genere all’altro. Sydney and Friends parla invece di una ragazza nata intersessuale e delle sue battaglie per essere riconosciuta e accettata nella sua famiglia e comunità. Riteniamo che sia doveroso in un festival come il nostro, che si occupa di diritti umani, dare spazio a quelle storie che affrontano tematiche di genere, di ricerca della propria identità sessuale, al di là dei pregiudizi e dei moralismi e che hanno al centro il rispetto della libertà individuale, punto cardinale della dichiarazione dei diritti dell’uomo. Senza libertà di scelta, di espressione, di rispetto delle inclinazioni proprie e altrui, non c’è apertura verso l’altro, il diverso da sé, e la società che ne deriva è intollerante e ottusa. Per questo riteniamo doveroso parlare di identità, libertà, diversità, intesi tutti come tasselli per una società più giusta.

 

Concludiamo con le parole della direttrice artistica del Festival che ci introduce alcune peculiarità di questa ricchissima quinta edizione trevigiana, come i tre appuntamenti di Cinema in cantina, proiezioni in cantina, dal Castello di Roncade alla Cantina Pizzolato di Villorba, alla Tenuta Santomè di Biancade, di documentari sul mondo del vino accompagnate da degustazioni, o il workshop per filmakers e tecnici audio Da Godzilla a Tarkovskij. Il Festival, come ogni anno, dà particolare rilievo alla musica: ogni serata si aprirà infatti con un concerto d’organo. Imperdibile anche la mostra fotografica Dieci anni e ottantasette giorni di Luisa Menazzi Moretti, visitabile a TRA fino al 23 settembre, dedicata ai giustiziati nel braccio della morte di Livingstone, in Texas.

Chiara Andrich: In questa edizione abbiamo voluto dare spazio a dei film su un aspetto molto vicino al territorio dove operiamo: il mondo del vino raccontato attraverso il cinema. Con la collaborazione del nostro main sponsor Consorzio del Prosecco Doc proietteremo tre film sul vino in altrettante cantine, con un omaggio ad Ermanno Olmi con il suo Le rupi del vino e due film, Red Obsession degli australiani Warwick Ross e David Roach e Barolo boys di Paolo Casalis e Tiziano Gaia. Cercando sempre di coniugare cinema e territorio presenteremo tre documentari prodotti da autori veneti: Marco Zuin, Cristian Cinetto, Federico Massa e Andrea Azzetti.

Sulla stessa scia presenteremo il libro Veneto 2000 il cinema. Identità e globalizzazione a Nordest alla presenza degli autori Farah Polato, Giulia Lavarone, Marco Bellano, Rosamaria Salvatore. In collaborazione con Soundrivemotion diamo poi spazio anche quest’anno alla formazione nei mestieri del cinema attraverso il laboratorio Da Godzilla a Tarkovskij – La funzione della musica e del sound design nel cinema e nel video.

Il laboratorio, teorico ed esperienziale, è rivolto a filmakers, musicisti, tecnici audio, studenti e appassionati.
Uno spazio speciale è riservato dunque quest’anno alla musica. Il Festival si aprirà ogni giorno con un concerto eseguito all’organo costruito dal Callido nel 1769 per la Chiesa di San Gregorio Magno. La chiusura del Festival è affidata all’abilità di Filippo Perocco, che, spaziando nel repertorio contemporaneo da György Ligeti a John Cage, ci condurrà alla scoperta visiva di pellicole poco note di inizio ‘900.

 

Programma completo: qui

 

 

Rossella Farnese

 

[immagini concesse da SoleLuna Treviso DocFilm Festival]

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