Diciamolo pure, Marx si sbagliava: la coscienza di classe e la rivoluzione del proletariato non hanno condotto alla democrazia operaia, al sogno allucinato di una società comunista senza classi né padroni. Anche Nietzsche, dal canto suo, prese un abbaglio: l’alleggerimento psichico conseguente alla morte di Dio avrebbe dovuto condurre all’Oltreuomo, non di certo alle peggiori nefandezze del Novecento. Col senno del poi, per noi che abitiamo nel presente il futuro immaginato da Marx e da Nietzsche, ad aver avuto ragione è stato piuttosto Max Stirner, rizoma comune di cui entrambi sono efflorescenze. Marx, infatti, reagirà a Stirner per avversione, Nietzsche lo affiancherà invece con inevitabile propensione alla sperimentazione.
Nell’accompagnamento alla lettura che correda l’edizione Adelphi de L’unico e la sua proprietà – l’opera somma di Stirner, data alle stampe nel 1844 – Roberto Calasso nota come l’autore di Bayreuth abbia per primo innescato la miccia di una parola-bomba, “nichilismo”, che nell’Ottocento era oramai giunta a completa maturazione. Nonostante le evidentissime implicazioni che lo legano a Stirner, Nietzsche sceglierà la via della dissimulazione, fingendosi irrelato al «grumo purissimo di nichilismo» lasciato in eredità ne L’unico, di cui egli stesso rappresenta il più naturale e il meglio riuscito tra gli esecutori. «La massima affinità con Stirner si avverte [proprio] nei lettori che non lo nominano mai», chiosa Calasso nella sua postfazione.
In una lettera a Marx del 1844, Engels osservava come Stirner avesse fondato la sua teoria dell’Unico sull’egoismo utilitarista di Bentham, piegato però alla distruzione della società, non alla sua rifondazione. Quella teoria oscena e indicibile, esortava Engels al compagno Marx, «non dobbiamo accantonarla, bensì sfruttarla proprio in quanto perfetta espressione della pazzia corrente e, operando in essa un ribaltamento, continuare a costruirci sopra». L’«egoismo criminale» predicato da Stirner era la prova più evidente della necessità del comunismo: Marx ed Engels rovesciarono L’unico commentandolo riga per riga, in quell’enorme glossa a Stirner che è l’Ideologia tedesca, uscita postuma nel 1932.
In maniera analoga a quanto fecero nella Miseria della filosofia (1847) per annerire la stella di Proudhon, spiega Calasso, ne L’ideologia tedesca «le affermazioni di Stirner vengono isolate, aggredite, malmenate», in un’opera distruttiva e spossante che è l’«archetipo di ogni futura estirpazione di anarchici e individualisti piccolo-borghesi». Sarà Bakunin il primo invasato a correre l’azzardo di ripescare dal fondale della filosofia il cadavere vilipeso e decomposto di Stirner: ne imbalsamerà le spoglie cucendole assieme a quelle dell’anarchismo di Proudhon, e immettendo così nel mondo una creatura amorfa, un ibrido incapace di riprodursi e di sostenersi a lungo termine nell’arena della Storia.
«La mia causa non è né il divino né l’umano», precisa subito Stirner in apertura de L’unico e la sua proprietà. «Non è ciò che è vero, buono, giusto o libero, bensì solo ciò che è mio, e non è una causa generale, ma – unica, così come io stesso sono unico. Non c’è nulla che m’importi più di me stesso!». Sotto la scorza liscia e appartata della sua vita da professore in una scuola per fanciulle di buona famiglia, Stirner coltivò per tutta la vita una sola, immensa pretesa: «quella di seppellire la filosofia» e i suoi falsi idealismi. Il primo delitto filosofico che commise fu quello di Socrate, fondatore dell’etica, ovvero dell’uomo che per vivere e agire deve eleggere a propria missione un’idea – «qualcosa di generale e di astratto, cioè un concetto vuoto e senza vita», per cui non vale certo la pena sacrificarsi in quanto Unico.
Ma a quale idea si riferisce, Stirner? Sulle prime fu quella di Dio, per cui troppo a lungo gli esseri umani votati al cristianesimo si sono condotti all’autoconsumo. Poi, con la Riforma, che per Stirner è «l’attuazione completa del regno dello Spirito», venne santificato tutto ciò che era rimasto sino ad allora profano – Legge, Umanità, Libertà – estendendo all’immanente la prigione di deferenza e ossequio che incatenava gli antichi al trascendente. L’illuminismo suggerì una nuova causa per cui valesse la pena sacrificarsi, la Verità: per l’individuo proprietario, ennesimo principio «sovramio». Venne in seguito la borghesia, per la quale «servire lo Stato […] diventò l’ideale supremo», e il comunismo, che come ultima causa della storia indicò la Società.
Tutte queste, argomenta Stirner, sono idee fisse, «fissazioni», cause che la società ci impone di servire con reverenza sin dalla scuola, dove impariamo ad apporre loro l’iniziale in maiuscolo. Per Stirner ognuna di queste idee deve piuttosto diventare niente, deve perdere il potere che esercita sulla coscienza. Operando laggiù, nel sottosuolo del pensiero filosofico, Stirner straccia così in un colpo solo l’impianto etico del cristianesimo, della scienza, del comunismo e della filosofia tutta, suggerendo come, portata al suo estremo, l’autocoscienza del soggetto non diventi spirito sublime, ma egoismo più abietto.
«Millenni di civiltà hanno oscurato ai vostri occhi ciò che voi siete», individui egoisti, chiamati a nulla di assoluto, privi di alcuna particolare vocazione. L’egoista cosciente «non appartiene ad alcuna potenza del mondo», avverte Stirner, poiché «niente gli è sacro»: egli «vuole sviluppare solo se stesso, non l’idea dell’umanità, non il piano di Dio, non le intenzioni della provvidenza, non la libertà o simili». Egli ha fondato la sua causa sul nulla. Il catechismo eretico di Stirner viola l’antica certezza secondo cui per vivere e rimanere assieme gli esseri umani abbiano bisogno di un’idea condivisa e sovraordinata. In questa certezza riposa l’ipocrisia di chi non sa spingere fino in fondo l’egoismo, ma continua a inibirlo con i freni della morale, religiosa o laica che sia.
Quando l’Unico irruppe nel campo della speculazione filosofia, fu subito chiaro a tutti che il nichilismo di Stirner andasse inabissato prima che la coscienza del nulla in cui si svolge la nostra vita quotidiana arrivasse a diffondersi. Troppo grande la «verità dell’egoismo», come avrà a dire Feuerbach, perché i due teorici del comunismo, Marx ed Engels, non s’adoperassero per seppellirla. Così, per oltre centocinquant’anni, le sferzate scandalose dell’Unico sono rimaste un tabù, un’enorme voragine nella storia della filosofia. Oggi che tutte le ideologie sono cadute, oggi che l’egoismo è diventato la forma del mondo, leggere L’unico di Stirner è come immergersi nel buco nero della propria coscienza, che risucchia e annienta ogni nostra illusione sulla colossale menzogna della vita in società.
Alessio Giacometti
BIBLIOGRAFIA
M. Stirner, L’unico e la sua proprietà, Adelphi, Milano 1979.
R. Calasso, Accompagnamento alla lettura di Stirner, in M. Stirner, op. cit.
K. Marx, F. Engels, L’ideologia tedesca, Editori Riuniti, Roma 2018.
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