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Lo stravolgimento dell’etica medica ai tempi del Covid-19

Abbiamo imparato a conoscerlo bene in queste ultime settimane il Covid-19: una patologia infettiva respiratoria acuta causata da un virus della famiglia dei coronavirusSiamo consapevoli che una parte consistente dei soggetti con diagnosi di infezione da Covid-19 richiede supporto ventilatorio a causa di una polmonite interstiziale caratterizzata da ipossiemia severa e che, circa un decimo di pazienti infetti, richiede un trattamento intensivo con ventilazione assistita, invasiva o non invasiva.

Il covid-19 è la malattia che, da un mese a questa parte, sta letteralmente mettendo in ginocchio le terapie intensive dei nostri ospedali e che ha stravolto non solo l’etica dell’allocazione delle risorse sanitarie nelle terapie intensive, ma l’etica medica in generale. I casi crescenti di insufficienza respiratoria acuta sono tali da causare un importante sbilanciamento tra le necessità cliniche reali della popolazione e l’accessibilità alle risorse intensive, di conseguenza si decide chi curare e chi non curare e lo si decide per età e per condizioni di salute, come in tutte le situazioni di guerraNon vale più il principio di accesso alle terapie intensive secondo cui il primo arrivato è il primo assistito, perché ciò equivarrebbe a scegliere di non curare pazienti successivi che presentano una maggiore speranza di vita e che rimarrebbero esclusi da una terapia intensiva ormai all’apice delle sue possibilità di contenimento.

Il principio cardine è dare la precedenza e favorire pazienti con una maggiore aspettativa di vita. Questo significa stravolgere i principi etici e operativi del nostro sistema sanitario che cura e opera anche per i pazienti in età avanzata che hanno una possibilità di farcela, perché la disponibilità di risorse nel nostro sistema sanitario, solitamente, non è tra i criteri da considerare nel processo decisionale relativo alle scelte mediche.

Ad oggi, il triage medico delle terapie intensive è stato costretto a subire un rivoluzionamento tale che la SIAARTI (Società Italiana di Anestesia Analgesia Rianimazione e Terapia Intensiva) ha redatto un documento per fornire una guida etica che possa essere di supporto ai medici che si trovano a gestire un’emergenza smisurata rispetto alle loro possibilità di cura1. L’obiettivo è indirizzare le decisioni cliniche complesse, urgenti e incombenti degli operatori della sanità e sollevarli da una parte della responsabilità delle scelte prese.

Secondo le raccomandazioni della SIAARTI il criterio base su cui lavorare è privilegiare la maggiore speranza di vita. Di conseguenza, tra i criteri base per l’accesso alla terapia intensiva e alla ventilazione assistita ci saranno: la valutazione della condizione medica generale, la presenza di patologie concomitanti, la potenzialità del beneficio e l’età del paziente. Tali parametri saranno utilizzati per determinare l’accesso alle cure intensive non solo per i pazienti affetti da Covid-19, ma anche per quelli colpiti da altre patologie gravi. I “malati ordinari” non cessano di esistere e hanno gli stessi diritti degli altri. La scelta di non intraprendere trattamenti intensivi o la loro sospensione andrà comunque motivata, comunicata e documentata. Se si nega la ventilazione meccanica, al paziente devono comunque essere garantite cure alternative o la sedazione palliativa.

È evidente che operare in un contesto di emergenza e pressante urgenza porta all’inesorabile e involontario accantonamento di tutti quelli che sono stati, fino a poche settimane fa, i principi cardine dell’etica in medicina. Non c’è spazio per il rapporto medico-paziente, troppo spesso non c’è tempo per il riconoscimento del diritto del paziente al consenso informato, del rispetto delle sue volontà e della sua autonomia decisionale. Viene accantonato quello stile partecipativo proprio dell’alleanza terapeutica che si fonda sul dialogo, sulla capacità di ascolto, sulla comunicazione empatica tre il medico, il paziente e i suoi familiari. Non hanno più la possibilità di esistere le decisioni condivise. Riemergono, dopo decenni, i principi paternalistici di beneficenza e giustizia, riemerge involontariamente quella deontologia medica che attribuiva al medico il potere di decidere, non solo se e come intervenire, ma anche se e quando informare il paziente sulle sue condizioni.

Non ci sono abbastanza risorse: questa è la realtà e a tale realtà gli operatori della sanità devono adeguarsi. È necessario concentrarsi sulla giustizia distributiva e su un’appropriata allocazione delle risorse sanitarie che al momento risultano limitate. Ma nonostante tutto l’obiettivo rimane sempre lo stesso: pro vita contra dolorem semper.

 

Silvia Pennisi

 

NOTE:
1. SIAARTI, Raccomandazioni di etica clinica per l’ammissione a trattamenti intensivi e per la loro sospensione, in condizioni eccezionali di squilibrio tra necessità e risorse disponibili.

[Photo credits pixabay.it]

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