Nello scorso articolo abbiamo visto come sia molto importante cogliere quando le azioni di divulgazione della salute sono generate per il bene della collettività e quando, invece, esse sono finalizzate alla realizzazione di profitto di chi detiene i brevetti di un particolare farmaco o di una particolare istituzione sanitaria. Una delle questioni fondamentali è, dunque, capire in che modo sia possibile fare pubblicità ai farmaci e se esista una procedura o un’autorità aventi lo scopo di verificare e vigilare su questo tipo di comunicazione. Per aiutarci a chiarire tale quesito abbiamo avuto l’immenso piacere di porgere alcune domande all’Avv. Marisa Marraffino la quale, oltre a dirigere il proprio studio legale a Milano, è docente presso l’Università Cattolica, collabora con il Sole 24ore ed è autrice di numerose pubblicazioni a carattere giuridico e non solo. In particolare, Marraffino è una delle massime esperte delle implicazioni giuridiche relative al mondo dei social network, tanto che è stata una dei primi professionisti in Italia ad occuparsi e a sviluppare queste tematiche, dando il via all’applicazione del diritto anche nel campo dei social.
Avv. Marraffino In Italia è possibile fare pubblicità a tutti i tipi di medicinali?
In Italia è possibile fare pubblicità al pubblico soltanto per i farmaci da banco.
Ogni pubblicità deve però essere preventivamente autorizzata dal Ministero della Salute, ad eccezione delle inserzioni sulla stampa o periodica che si limitano a pubblicare la fotografia dell’imballaggio con il riassunto delle indicazioni del foglietto illustrativo. Se il mezzo di diffusione cambia, occorrerà una nuova autorizzazione ministeriale. I banners o frames a comparsa, ad esempio, sono considerati dei mezzi di diffusione a sé. La pubblicità dovrà quindi ottenere una specifica autorizzazione, perché si dovrà valutare il tipo di pagina nella quale si intende inserire il banner in relazione al possibile contenuto nonché all’associazione che si viene a creare tra la pubblicità e il testo on line al quale viene associato.
La promozione dei cosiddetti farmaci etici invece è consentita soltanto attraverso gli informatori scientifici, i quali possono anche consegnare materiale divulgativo, che però dovrà sempre essere approvato dall’AIFA (Agenzia Italiana del Farmaco).
In generale, ci sono molte limitazioni alle pubblicità dei farmaci, questo per tutelare i consumatori contro gli abusi dei prodotti. Ad esempio è vietato, anche per i farmaci da banco, il cosiddetto product placement, oppure inserire elementi che inducano a sottovalutare i rischi connessi all’uso del farmaco, che non sono mai del tutto inesistenti.
In generale le pubblicità dei farmaci non devono creare bisogni indotti o indurre a ritenere che il mancato uso del farmaco possa avere effetti pregiudizievoli su un soggetto che goda di buona salute. L’abuso dei farmaci, soprattutto in Italia, è un problema molto grave.
Esiste un organismo che controlla i messaggi pubblicitari?
I cittadini e le imprese possono segnalare le pubblicità ingannevoli o comparative che ritengano illecite all’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (Antitrust), che può irrogare sanzioni che fanno fino a 5 milioni di euro. I cittadini possono inoltre segnalare qualsiasi pubblicità che ritengano offensiva, falsa, violenta o volgare allo IAP (Istituto di Autodisciplina Pubblicitaria) che ha il potere di fare cessare una campagna che sia in contrasto col codice di autodisciplina. Entrambe le segnalazioni possono avvenire on line e sono gratuite. Inoltre, lo Iap mette a disposizione delle aziende anche uno strumento di tutela volto alla prevenzione. Infatti può essere chiesto un parere preventivo sulla pubblicità non ancora diffusa per verificare l’esistenza di eventuali profili di criticità ed evitare contestazioni future. Oppure le aziende possono presentare direttamente un’istanza al Giurì contro le pubblicità che ritengano lesive dei propri diritti.
Chiunque può inviare delle segnalazioni allo Iap?
Sì, le segnalazioni possono essere inviate dai cittadini on line attraverso l’apposito modulo e sono gratuite. Ricevuta la segnalazione, il Comitato di Controllo può adottare diversi provvedimenti. Può chiedere all’inserzionista ulteriori informazioni tecniche, chiedere una modifica del messaggio o bloccarne la diffusione. Nei casi in cui la pubblicità rispetti il codice viene invece chiesta l’archiviazione, nei casi più complessi il Comitato può inviare un’istanza al Giurì in modo che sia quest’ultimo a decidere.
Esistono delle norme per la pubblicizzazione degli integratori alimentari?
Sì, secondo il Regolamento CE 1924/2006 sui cosiddetti claims salutistici, le pubblicità degli integratori possono promuovere soltanto il mantenimento di uno stato di “normalità fisiologica” o al più una “riduzione del rischio di malattia”, ma non effetti diretti sulle malattie, come l’infarto o l’ictus. L’EFSA, l’Agenzia Europea che valuta questo tipo di pubblicità, considera essenziale che chi promuove claims salutistici di alimenti e integratori sia in grado di provare con ricerche scientifiche l’attendibilità dei risultati vantati.
Ringraziandola per la cortesia delle sue risposte, vorremmo concludere l’intervista chiedendole se è possibile attuare qualche forma di pubblicità farmaceutica nell’ambito dei social network.
Ad oggi il Ministero della Salute non autorizza le pubblicità dei farmaci (anche da banco) a mezzo social network. La motivazione è da ricercarsi nel fatto che le pagine sono dinamiche e non è possibile controllare preventivamente i commenti o le risposte degli inserzionisti sull’efficacia dei farmaci. Non è escluso che in futuro le cose cambino, essendo il settore della pubblicità dei farmaci in forte espansione e i rischi legati alla cattiva informazione in rete sempre in aumento. Sia le App per smartphone che le pagine social potrebbero, entro certi limiti, entrare a far parte dei mezzi utilizzati dalle case farmaceutiche per orientare i consumatori a un uso consapevole dei farmaci. Fondamentale sarà il rispetto delle norme attualmente esistenti, volte a proteggere il consumatore da una informazione scorretta che, in questo settore, potrebbe essere davvero molto pericolosa.
Francesco Codato