Il suo nome è Dalia. E se fosse nata fiore avrebbe voluto essere proprio così. Con quei petali colorati e ricchi di complesse sfumature. Elegante e femminile. Scenografica. Colorata come il sole, come i campi d’estate. Viva.
E quel nome le ha sempre calzato a pennello, pensava.
Questa è la sua storia. La storia di una donna che emanava vita, nelle sue contraddizioni, nel suo vortice di avventure, nel suo non arrendersi mai. E questa storia vuole essere ascoltata, perché potrebbe essere la vostra. E non vuole compassione, né pietà: non le servono, non le sono mai servite.
Dalia era la seconda di tre sorelle. Era la mediana: non era mai quella grande, né quella piccola. Una posizione scomoda per la verità perché alla sorella grande davano sempre delle responsabilità, e per questo era tenuta sempre in considerazione, e la più piccola era la regina di casa, quella a cui la nonna intrecciava i capelli biondi in una corona sulla testa. Lei, per quanto si mostrasse matura o si pizzicasse le guance per farle diventare rosse come quelle delle bambole, restava sempre “quella di mezzo”. In realtà ben presto aveva tratto da questa posizione scomoda i migliori vantaggi che poteva offrire e aveva smesso di tentare in tutti i modi di occupare il ruolo che già occupavano le sue sorelle.
Incostante nelle sue passioni, sempre brevi, se ne andava in giro a esplorare il mondo, affamata. Si godeva la sua indipendenza e la apprezzava sempre di più. Questa era Dalia.
E Dalia era cresciuta, ma era rimasta sempre così. Si era sposata, aveva avuto un figlio e aveva divorziato. Poi si era risposata, un matrimonio lampo. Dopo sei mesi arrivò il secondo divorzio. Così Dalia aveva capito che il matrimonio non era adatto alla sua sete di indipendenza. Era partita col circo, un giorno, perché le andava; le sembrava la sua strada, una delle tante. Presto era tornata, come sempre, già annoiata dal mondo parallelo in cui aveva vissuto e pronta a ricercarne un altro.
Cercava continuamente qualcosa senza forse riuscire a trovarla mai. Dalia era così. Colorata, eccentrica, impegnata a vivere. Viveva fuori dalle righe. E questi erano anche i suoi peggiori difetti perché Dalia era solo capace di pensare a se stessa e di vivere per se stessa. Cambiava continuamente amici, lavoro, passioni e poi gettava via.
Dalia ha vissuto impegnata a far bruciare la sua vita. Baricco ha scritto
perché dove la vita brucia davvero la morte è un niente.
E lei ci credeva e credeva di farlo. Ma poi la morte si è avvicinata anche a lei e si è domandata se la sua vita alla continua ricerca di qualcosa senza trovarla mai fosse stata bruciata davvero. Cosa voleva dire bruciare la vita? Cosa voleva dire vivere davvero, fino in fondo, godendosi e assaporando ogni istante? E nel rispondersi qualcosa si era incrinato. Non era più sicura che volesse dire eliminare gli aspetti più ordinari e ridurla ad un continuo inseguimento del piacere e ad una continua fuga da quello che reca, o che si teme possa recare, noia o dolore. Per lei il presente aveva sempre escluso il ricordo del passato e l’attesa del futuro. Il presente per lei è sempre stato una tessera strappata via da un mosaico. Si era resa cieca e sorda davanti al mondo, davanti agli affetti per vivere il presente. Si era resa cieca e sorda davanti ai bisogni dell’anima. E si era insinuato in lei il dubbio che la vita da bruciare non fosse fatta solo di grandi imprese, grandi viaggi e di esperienze fuori dalle righe ma di piccole cose, ordinarie, rese degne di essere vissute perché colorate di emozioni, sentimenti e volte anche dolore. Si era insinuato in lei il dubbio che la vita vissuta, quella davanti a cui la morte è un niente, è quella in cui non ci si è risparmiati nel viverla col cuore.
Dalia era stata come un fiore appassito, morto dentro ma ancora in piedi fuori. L’amore era la sua acqua. E di acqua ne aveva avuta troppo poca.
E fu così che una sera d’inverno Dalia perse tutti i suoi colori.
Giordana De Anna
[Immagini tratte da Google Immagini]