Immaginiamo un lungo tavolo in legno in una antica abbazia cistercense della campagna della Borgogna. È la fine dell’estate e una ventina di persone siedono una accanto all’altra dialogando tra loro. Il tono si fa concentrato man mano che il discorso viene approfondito. Tra i vestiti eleganti tipici dell’inizio del secolo scorso e diversi fogli di appunti, scorgiamo alcuni visi familiari. André Gide, Paul Valéry, Roger Martin du Gard. E ancora, François Mauriac, Gabriel Marcel, Léon Brunschvicg. A capotavola siede un professore che difficilmente potremmo conoscere: si chiama Paul Desjardins, abita con la famiglia a Parigi e ha acquistato da qualche anno il complesso abbaziale in cui si svolge quella riunione tra intellettuali. È proprio lui a rappresentare il motivo di quell’incontro. Da alcuni anni ha ideato e promosso l’ideale di una comunità di pensatori riuniti per discutere su diverse tematiche: il futuro dell’Europa, la letteratura nazionale, il ruolo della Società delle Nazioni, l’arte e il sacro, la formulazione di un diritto comune ai popoli e alle culture. Ha nominato questi simposi intellettuali Décades di Pontigny – Decadi di Pontigny: si tratta di seminari della durata di dieci giorni con sede a Pontigny, una località agricola borgognona in cui è situata quell’abbazia, l’unica capace di fornire una residenza intellettuale ai grandi pensatori del secolo scorso.
Nate nel 1910 e concluse nel 1940, le Décades di Pontigny hanno mirato alla costruzione di un microcosmo intellettuale di respiro europeo e sono diventate un luogo di dibattito e di confronto capace di realizzare l’ideale di una comunità intellettuale e filosofica, di uno scambio internazionale di opinioni attraverso una forma di radicamento nella vicenda storica e comunitaria dell’Europa. Se l’incombenza della Prima guerra mondiale e la necessità di approfondire la condizione operaia erano centrali negli anni Dieci, le tematiche principalmente affrontate nel corso degli anni Venti e Trenta riguardavano la costruzione di un pensiero eminentemente politico e volto all’Europa in divenire: le Décades in quegli anni stavano diventando un nucleo di riflessione e di formulazione dell’ideale europeistico, capace di rivolgersi alla Società delle Nazioni ginevrina, all’indagine dell’avanzata del totalitarismo, al rischio di un nuovo conflitto di estensione mondiale, ai cosiddetti regimi delle masse.
Perché ricordare oggi le discussioni nate attorno a quel tavolo? Come vedere in esse un modello virtuoso di cooperazione intellettuale? Le Décades di Pontigny si presentano come una concreta realizzazione novecentesca dell’ideale greco del fare filosofia insieme, del dialogo filosofico come momento di costruzione morale e spirituale dell’individuo e della società, nonché di un ripensamento politico oltre che ideale dell’Europa allora nascente. Ricordare oggi quella capacità di collaborazione e la fecondità di quello scambio intellettuale – pur nelle controversie, pur nella difficoltà del periodo storico – può fornire una concreta ispirazione a una visione collegiale della riflessione filosofica: l’unione nella differenza dei pensieri, la capacità di giungere a un esito positivo pur nella discussione, la volontà della classe intellettuale di conseguire scopi pratici e connessi alla vita della collettività sono valori che dovrebbero ispirare e accompagnare ogni forma di riunione o dialogo culturali, permettendo una compenetrazione di consapevolezza politica e consapevolezza storica. A partire da una matrice fortemente interdisciplinare – a Pontigny partecipavano rappresentanti del mondo letterario, dell’arte, della politica, delle scienze dure, dell’economia – Paul Desjardins ha virtuosamente saputo far convergere in una riflessione filosofico-politica spunti provenienti dai più disparati ambiti disciplinari giungendo alla formulazione positiva di un pensiero diretto a un benessere collettivo per la totalità dei cittadini europei.
È una formula codificata da Paul Desjardins stesso a fornire una sintesi perfetta della lezione decadista: «vivre – penser avec ensemble» (AA.VV., Europe en mouvement, 2018), un vivere e pensare tutti insieme, da un lato in consonanza con l’insieme quanto alle finalità della riflessione stessa, dall’altro in una armonia collegiale quanto alle modalità di scambio dialogico tra i partecipanti alla discussione. La vicenda delle Décades di Pontigny ci ricorda allora che la possibilità di uno scambio intellettuale realmente proficuo diventa concreta nel momento in cui tali simposi si occupano primariamente di argomenti dalla forte connotazione storica, mantenendo come punto di partenza e punto di arrivo l’idea di una effettiva capacità di intervento della classe intellettuale attraverso la formulazione e il ripensamento collegiali dei paradigmi etici, sociali e politici che reggono la vita collettiva.
Caterina Zamboni Russia
Caterina Zamboni Russia ha conseguito la laurea magistrale in Scienze filosofiche all’Università Ca’ Foscari di Venezia ed è dottoranda presso l’Università degli studi di Modena e Reggio Emilia. È autrice del saggio La più piccola repubblica d’Europa. Paul Desjardins e le Décades di Pontigny (Il Melangolo, 2023) e coautrice del testo La macchia mongolica (Baldini+Castoldi, 2020). Attualmente si occupa della Filosofia del radicamento nella Resistenza intellettuale francese e prosegue i suoi studi sull’opera letteraria e filosofica di Paul Desjardins.
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