“Quando sarò grande, finirò in ospedale perché mio marito mi picchia”.
Sono le parole finali di uno spot della Rai che sta facendo molto discutere sui social.
Sono le parole pronunciate da una bimba. Parole concluse con un gelido silenzio. Mentre gli altri bambini riempiono quel “Quando sarò grande…” con le loro aspirazioni e i loro desideri. Parole definite da un futuro già scritto. Un futuro passivo. Un futuro da sottomesse.
Sbigottita, mi sono chiesta il perché. Perché strumentalizzare dei bambini, la loro tenerezza e la loro innocenza. Perché utilizzare le parole pronunciate da una bambina, delle parole peraltro crude e forti, per diffondere la sensibilizzazione contro la violenza sulle donne.
Mi chiedo, dunque, se sia necessario spingersi a tanto. E a ripetermi se, in fondo, comprendiamo davvero il valore e l’importanza di ciò di cui stiamo parlando.
È innegabile. Il bambino suscita la commozione. Un bambino è vulnerabile, fragile. Impotente rispetto ad una realtà forte e spregiudicata come la nostra.
Ma esattamente per queste ragioni, perché renderlo attore di uno spot così forte?
Una cosa, infatti, è crescere i bambini con una certa consapevolezza ed educazione. Formarli, quindi, secondo il valore del rispetto e dell’altrui riconoscimento. Renderli un poco alla volta partecipi di una realtà che può cambiare. Che deve cambiare. Accompagnandoli nella crescita attraverso un amore profondo che non è violenza. Ben altro è, invece, presentare uno spot di sensibilizzazione contro la violenza, facendo calare questa creatura nel ruolo di una donna che, nel suo futuro, si vede in ospedale perché picchiata dal proprio marito.
Oggi, purtroppo, funziona così. Lo dico con amarezza, e con una stretta al cuore. Oggi tutto deve essere ridotto a merce per attirare l’attenzione dello spettatore. Perfino la violenza. Quella violenza che, detta attraverso le parole di una bambina, fa rabbrividire.
Oggi, 25 novembre 2016, è la giornata internazionale contro la violenza sulle donne.
È una giornata in cui ci sentiamo tutti un po’ più in dovere di ricordare le 116 donne che dall’inizio dell’anno sono morte in Italia a causa di un non-amore. Ogni donna, che questo non-amore lo vive tutti i giorni inghiottita nel silenzio, rannicchiata in un angolo. Ogni donna che ha perso la vita l’anno scorso. Quello precedente. E quello precedente ancora. In Italia e nel resto del mondo. È un giorno in cui il dovere di ricordare dovrebbe diventare un bisogno, una necessità. La necessità di riflettere sulla differenza sostanziale tra amore e violenza. Perché l’amore, quello vero, non potrà mai trovare la sua forma di espressione in un lago di sangue e in delle ferite.
Oggi 25 novembre 2016 deve essere il giorno dell’amore. Di quell’amore impastato della differenza e del suo riconoscimento. Un amore fatto di libertà, di carezze e di sguardi.
Abbiamo bisogno, oggi, di proclamare la vita. Proclamare la vita, per proteggere ciascuna donna che, di questa vita, viene privata.
Lottiamo per ciascuna. Lottiamo per noi. Lottiamo per le donne. Lottiamo per l’amore.
Sara Roggi
NOTE:
Cliccare qui per vedere lo spot RAI in questione dalla pagina Facebook di RaiPlay.
[Immagine tratta da Google Immagini]