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Epitteto e l’arte di controllare se stessi

Capita a tutti di sentire quella necessità, più o meno manifesta, di affrontare, gestire e programmare fin nei minimi dettagli azioni, comportamenti e situazioni proprie o altrui. Non passa giorno, infatti, senza che ognuno di noi senta quel bisogno di controllare qualcosa o qualcuno: che siano le chiavi dell’auto o di casa, i propri compiti lavorativi, le notifiche sui nostri smartphone o semplicemente il monitoraggio dell’ambiente circostante e degli altri, non possiamo fare a meno di comportarci così. Questo perché controllare le cose ci aiuta ad anticipare comportamenti e situazioni; di colpo il mondo diventa più piccolo, familiare e prevedibile e subito svanisce quel senso di smarrimento e insicurezza tipico della condizione umana.

Del resto, tutti noi vorremmo avere costantemente e continuamente sotto controllo la nostra vita e l’universo intero se solo ne avessimo la possibilità, ma sempre più spesso dobbiamo rassegnarci e fare i conti di fronte all’impossibilità di tale impresa.
Sia chiaro, una routine ordinaria, un’agenda ben organizzata o il voler avere sempre la situazione sottomano non sono di per sé comportamenti negativi, anzi; essi ci aiutano a districare la nostra quotidianità. Il problema sorge, allora, quando essi condizionano in maniera preponderante la nostra vita impedendoci di viverla a pieno. Questo perché la gioia e la sicurezza provate in un primo momento, lasciano presto il posto ad ansie e timori di fronte alla consapevolezza e all’assurdità della nostra mania: non possiamo controllare tutto e tutti e anche quando abbiamo l’illusione che ciò avvenga, difficilmente le cose accadono nella stessa maniera di come ci saremmo aspettati. Quando non riusciamo nel nostro intento, quando le cose ci sfuggono per la loro velocità e imprevedibilità, restiamo amareggiati e frustrati di fronte alla constatazione della nostra impotenza e restiamo vittime di ciò che vorremo attuare più di ogni altra cosa: il controllo. Impauriti e disorientati rimaniamo sospesi tra la nostra mania di onnipotenza e la tragica constatazione della sua impossibile realizzazione. E allora che fare?

Secondo Epitteto, filosofo stoico del I secolo d.C., le nostre sofferenze e i nostri timori nascono in seguito a due errori che troppo spesso commettiamo: cerchiamo di esercitare un controllo assoluto e maniacale su qualcosa di esterno che non è in nostro potere; e non ci assumiamo mai la responsabilità dei nostri pensieri e delle nostre convinzioni, su cui in realtà abbiamo una grande influenza. Egli era infatti profondamente convinto, come leggiamo in apertura del suo manuale, l’Enchiridion, che tra tutte le cose che esistono al mondo, solo alcune sono davvero in nostro potere – ovvero i nostri pensieri – e che il compito di ogni uomo, che voleva definirsi libero e felice, non doveva essere altro che quello di ricordarsi costantemente cosa dipendeva da lui e cosa invece no, come ad esempio gli amici, la reputazione, il meteo o semplicemente il fatto che un giorno sarebbe dovuto morire. 

Questo perché «se tu reputerai per libere quelle cose che sono di natura schiave e per proprie quelle altrui, ti capiterà di trovare quando un ostacolo quando un altro ed essere afflitto, turbato e dolerti degli uomini e degli Dei; […] mentre se tu considererai tuo quello che tuo è veramente, e se terrai che sia d’altri quello che è veramente d’altri, nessuno mai ti potrà sforzare, nessuno impedire e non soffrirai alcun male» (Epitteto, Manuale, 2017).

Convinzioni e pensieri rappresentano quindi le uniche cose sulle quali, secondo il filosofo greco, possiamo realmente esercitare una qualche forma di controllo. Potrebbe sembrare quasi una banalità, è vero, ma essi costituiscono il regno all’interno del quale siamo realmente sovrani, in quanto abbiamo sempre la possibilità e la libertà di scegliere cosa pensare e in cosa credere, basta semplicemente volerlo.
All’uomo si presentano quindi due alternative: utilizzare la propria ragione per dirigere e guidare i propri pensieri al meglio, accettando il fatto di avere un controllo limitato su ciò che avviene nel mondo e sugli eventi esterni e raggiungere quindi la serenità dell’animo, oppure lasciarsi sopraffare e piegare da tutto ciò sul quale non può esercitare la propria influenza e trascorrere arrabbiato, impaurito e infelice la maggior parte della propria vita. Perché, come ci ricorda Epitteto, il mondo esterno non ha nessun potere su di noi a meno che non glielo concediamo, pertanto l’unica cosa di cui siamo padroni siamo noi stessi.

 

[Photo credit Iucas Favre via Unsplash]

Edoardo Ciarpaglini

Edoardo Ciarpaglini

Intraprendente, ribelle, vulcanico

Socratico nell’anima, ama perdersi in interminabili passeggiate e smontare le cose per capire come sono fatte. Nel 2014 consegue la Laurea Triennale in Filosofia Teoretica e nel 2020 la Laurea Magistrale in Scienze Filosofiche entrambi presso l’Università degli Studi di Firenze. Nello stesso anno si diploma anche presso la Scuola Holden di Torino. Attualmente lavora […]

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