«Omnia vincit amor et nos cedamus amori»1 sentenzia il poeta Virgilio. «L’amore trionfa su tutto e noi siamo vinti da esso». Un aforisma sublime, questo, che riesce ad essere meno inadatto di altre espressioni linguistiche umane a catturare la forza dell’amore, a definire l’abilità da stratega di questo generale vermiglio il quale si serve, nella conquista delle menti e dei cuori, degli efficientissimi capitani storge, philos ed eros – taluni ricordano anche agape – e degli implacabili soldati palpitazioni e lacrime, esaltazione e disperazione; amore, insomma, come lento appassire di un’esistenza, oppure come fioritura odorosa di un’intera vita. Quest’ultimo anche il caso di Eugénie Grandet.
Protagonista dell’omonimo romanzo di Honoré de Balzac, la vita di Eugénie Grandet viene sconvolta dall’arrivo dell’amore, tale da far sorgere, come un’aurora, la donna che riposa in lei. Ma anche tale da riuscire a trionfare su tutto, come vuole l’aforisma virgiliano? Compito di questo articolo sarà proprio quello, non solo di mostrare fino a che punto muti la vita della giovane in virtù dell’amore, ma anche di valutare se esso riesca davvero a trionfare su tutte le contingenze esterne ad Eugénie che sembrino minacciarne la vittoria.
Eugénie Grandet è una borghese ottocentesca di Saumur, un paesino della provincia francese2. Ella è una borghese ricchissima, solo che non ne è consapevole3; sembra assurdo ma non lo è. Il padre, papà Grandet, è infatti un grande possidente ed un abile commerciante, il che rende la ragazza, sua unica figlia, l’ereditiera delle immense fortune, che però non sa di possedere perché il genitore non le permette, così come non lo permette alla moglie e neppure a se stesso, di condurre una vita all’altezza delle sostanze economiche disponibili, lasciando che se ne conduca invece una molto umile4. Perché? Perché è un uomo avaro.
Accanto al grande talento per gli affari, questa è infatti l’altra cifra caratteriale del padre di Eugénie: l’amore viscerale per il denaro, per le sue fortune, che egli nasconde gelosamente in una stanza della vecchia casa Grandet di cui solo lui ha la chiave5. Mantenendo invece le sue autentiche fortune, la figlia e la moglie, in una condizione di miseria materiale e di ignoranza intellettuale6.
In effetti, è proprio questo uno dei tratti caratteriali di Eugénie: è una ragazza ingenua, e non soltanto perché ignora il suo vero status socio-economico; tuttavia, è dotata di grande sensibilità, di bontà e gentilezza7. E sono queste sue qualità che, infine, fanno breccia nel cuore di Charles Grandet8.
Charles Grandet è il cugino paterno di Eugénie, è un giovane dandy parigino che giunge una sera dalla capitale in casa Grandet e che subito richiama l’attenzione della ragazza per il suo abbigliamento e per i modi ricercati9. Ma non sono gli orpelli da esteta che, infine, conquistano il cuore della giovane: è la sua innocenza, quell’innocenza che, nonostante tutto, la vita sregolata condotta a Parigi non è riuscita a fugare10.
Certo, i due giovani non arrivano ad amarsi completamente con il corpo, ma giungono ad amarsi del tutto con la mente e a scambiarsi un bacio, preludio a più delicate dolcezze matrimoniali del futuro11.
Sì perché, quando il lettore inizia a sperare che i due cuori potranno unirsi in uno, ecco che Balzac sceglie di dividerli, e di inviare per anni il cugino Charles in giro per il mondo in cerca di fortuna – giacché il padre, morendo, gli lascia in eredità grandi debiti12.
Ma ecco che, allora, l’elegia amorosa dei giovani inizia lentamente a scomporsi. Perché, mentre Eugénie, grazie al ricordo del volto amato, fiorisce in una donna sicura di sé e forte, che riesce ad affrontare il padre, del quale aveva avuto sempre timore, su questioni di denaro e a tollerare la morte della madre, Charles, invece, nei suoi viaggi marittimi nelle Indie, inizia a vivere un’esistenza edonistica e decadente, dimenticando la cugina e la loro promessa di amore eterno13. Ma per amore di Charles Eugénie è pronta anche ad umiliare se stessa.
Tornato dai suoi viaggi, il giovane Grandet, diventato ricco, sceglie di sposare la rampolla di una famiglia nobile ma decaduta – ciò per garantirsi un titolo nobiliare14. Però il padre dell’aristocratica non intende concedere il suo consenso per via dei debiti insoluti del genero15. Venuta a conoscenza del fatto, e nonostante Charles, al suo rientro in Francia, abbia tagliato ogni legame con lei per lettera, Eugénie, innamorata ancora di quel giovanotto, perduto irrimediabilmente, che un tempo il cugino fu, decide di ripianare lei stessa al debito, lasciando libero ciò che resta del suo amato16. Un atto che denota non solo l’enorme maturazione esistenziale della donna, ma che elargisce un insegnamento valevole per l’umanità di ogni tempo e luogo: il vero amore è libertà.
Quindi, in ultima analisi: «omnia vincit amor»17? Considerando la vicenda di Eugénie Grandet si può dire che l’amore trionfa anche sulle contingenze in cui sboccia solo se la volontà libera degli amanti lo permette. Ma Eugénie non è stata così privilegiata, purtroppo.
Riccardo Coppola
NOTE
1. Virgilio, Bucoliche, X, 69.
2. – 16. Cfr. H. de Balzac, Eugénie Grandet, a cura di G. Buzzi, Mondadori, Milano 2005.
17. Virgilio, Bucoliche, X, 69.
[Credit frank mckenna via Unspash.com]