Chi è nato negli anni Ottanta del secolo scorso forse ricorderà con più o meno nostalgia un genere letterario per bambini e ragazzi all’epoca molto popolare: il cosiddetto gamebook, o “librogame”, o “librogioco”. Si tratta di un’idea di Steve Jackson e Ian Livingstone, che nel 1982 pubblicarono The warlock of firetop mountain, il primo librogame che fu scritto e cui ne seguirono molti altri. Cosa distingue questo tipo di libri da un libro normale? Senz’altro l’idea di coniugare l’atto del leggere con quello del giocare, attuata attraverso vari espedienti. Innanzitutto il protagonista è colui che legge: egli è chiamato a compiere delle scelte che consentiranno di personalizzare l’avventura in base al percorso deciso dal lettore sulla base dello schema ideato dagli autori. Per questo motivo il libro è suddiviso in centinaia di paragrafi numerati in ordine crescente e progressivo all’interno dei quali vi è una descrizione più o meno dettagliata di un luogo o di un’azione: al termine del paragrafo il lettore/giocatore compirà una scelta che lo condurrà a un paragrafo diverso, in base alla sua decisione.
In questo modo si crea un vero e proprio ipertesto cartaceo, che, grazie alla struttura in paragrafi, consente di risolvere il problema che si presentava allo scrittore orientale del racconto di Borges Il giardino dei sentieri che si biforcano: infatti, alle prese con il compito di creare un romanzo e un labirinto, il risultato era quello di un romanzo incomprensibile, poiché presentava una dopo l’altra tutte le varie opzioni possibili derivate da una determinata azione. Il romanzo era il labirinto, un labirinto di ramificazioni temporali e non spaziali, in questo caso, ma del tutto privo di senso. Con la suddivisione in paragrafi è possibile presentare tutte le opzioni una dopo l’altra senza che vi sia contraddizione, poiché il percorso reinvia a paragrafi diversi a seconda della scelta compiuta.
Molti autori degli anni Ottanta e Novanta si sono cimentati nel genere dei gamebook, creando serie e libri a volte davvero geniali. Per molti, la base di tutto è il labirinto, il cosiddetto maze o dungeon, e anche in questo non è davvero possibile non ravvisare in Borges il precursore di una, per così dire, teoria letteraria del concetto di labirinto, in racconti come quello summenzionato, cui può aggiungersi “La biblioteca di Babele” e molti altri.
Tornando al librogame, sono molti i modi in cui il labirinto, sia spaziale che temporale, è stato trattato. Alcuni autori prediligono un approccio libero in cui è lasciata al giocatore piena libertà di esplorazione (come nella serie “Grailquest” di Herbie Brennan); altri costringono il lettore-protagonista a trovare l’unico percorso possibile in una miriade di ramificazioni ingannevoli, ovvero il cosiddetto true path (come avviene in molti libri di Steve Jackson). In ogni caso, al labirinto come locazione spaziale intricatissima che deve essere risolta, si aggiungono sempre la ricerca e il reperimento di oggetti, senza i quali non è possibile proseguire, e la presenza di combattimenti contro avversari di vario tipo, come avviene nei giochi di ruolo.
Nella cultura odierna si è perso il senso del libro e della lettura. I giovani leggono sempre meno, complici spesso i videogiochi che assorbono gran parte del loro tempo libero. Non si tratta di una critica al videogioco in sé, ma di un ripensamento di esso attraverso il ritorno al passato: un libro che consenta anche di giocare è lo strumento ideale per unire l’elemento immaginativo legato alla lettura con quello del divertimento proprio del gioco. A questo proposito si può anche dire che avere immediatamente a disposizione una grafica già pronta, come nel videogioco, toglie spazio all’immaginazione, poiché non è richiesto lo sforzo di costruirsi una immagine mentale, prodotta attraverso un esercizio di visualizzazione a partire dalle parole lette. Ci si può chiedere, dunque, se attraverso il gamebook non si fosse arrivati già negli anni Ottanta ad un risultato anche pedagogico superiore a quello che il “videogioco” moderno ha preteso di avere in ambito ludico e di intrattenimento. Certo, i librogame degli anni Ottanta risultano oggi macchinosi e forse persino noiosi per le giovani generazioni, mentre nei videogiochi sono stati fatti progressi enormi. Il confronto sembra dunque impari. Tuttavia, rimane la speranza che le case editrici rivalutino l’importanza del gamebook in modo che possa essere riproposto in maniera adeguata alla modernità.
Francesco Breda
Dai 10 ai 22 anni ho studiato al Conservatorio di musica, dove mi sono diplomato in pianoforte con 10 e lode e ho conseguito brillantemente il Compimento medio di Composizione. Ho quindi studiato privatamente direzione d’orchestra per tre anni e mi sono laureato triennale in Filosofia con 110 e lode. Sono risultato finalista in un’edizione del concorso internazionale di composizione musicale “Maurice Ravel” e ho ottenuto una menzione speciale. Recentemente ho conseguito la più alta e prestigiosa certificazione rilasciata dall’università di Cambridge per la conoscenza della lingua inglese, ovvero il C2 Proficiency. Con l’editore Danilo Zanetti in Montebelluna ho pubblicato un libretto di mie personali riflessioni sulla musica e la filosofia, intitolato “De musica et philosophia”. Con il medesimo editore un altro mio libretto, “Teoria musicale e filosofica”, è stato recentemente pubblicato. Mi occupo prevalentemente di composizione e improvvisazione musicale, e dei rapporti tra musica e filosofia. Ho un canale Youtube in cui pubblico mie composizioni musicali originali e che si può trovare cercando su Youtube “Francesco Breda piano composition” oppure, per avere un esempio di una mia composizione, “Francesco Breda Come Sweet Death Extended Golden Ratio”.
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