Questo articolo è il frutto di anni di operatività presso un’associazione di volontariato che si occupa di tutelare la donna in gravidanza e supportarla dopo la nascita del bambino, è il risultato di anni di racconti di mamme il cui decorso gravidico si è interrotto (involontariamente) troppo precocemente e di mamme che hanno volontariamente deciso di interromperlo perché non per tutte le donne la gravidanza è un momento speciale della vita pieno di gratificazione ed entusiasmo.
Una gravidanza può interrompersi a causa di un aborto spontaneo, un’interruzione spontanea della gravidanza che avviene per ragioni più o meno note, la causa più frequente sono anomalie legate allo sviluppo fetale. Altro è l’aborto procurato o volontario, una pratica diretta ad interrompe intenzionalmente la gravidanza attraverso diverse tecniche finalizzate alla soppressione della vita del nascituro.
La diatriba contemporanea tra medici, psicologi e psichiatri è tutta incentrata sull’individuazione di una precisa risposta psicologica della donna dopo un aborto e sulla possibile categorizzazione del fenomeno in una specifica sindrome post-abortiva.
Se da un lato non ci sono grosse difficoltà a riconoscere lo stress mentale che può provocare un aborto spontaneo, improvviso e involontario, dall’altro, sebbene sia un’esperienza frequente lo studio delle conseguenze psichiche dell’aborto volontario, l’interpretazione dei dati spesso risente della posizione culturale ed etica dell’autore. Si è pertanto verificata una situazione in cui gli studiosi favorevoli all’interruzione volontaria di gravidanza (I.V.G.) sostengono che l’aborto procurato non è mai stato causa di disturbi psicologici e che i disagi emotivi che potrebbero verificarsi dopo l’I.V.G, se si verificano, possono essere conseguenza di una fragilità psicologica precedente; mentre gli studiosi contrari all’interruzione di gravidanza, sostengono che l’I.V.G. è troppo spesso fonte di disagi mentali, anche gravi.
La gravidanza è di per sé un cambiamento emotivamente e fisicamente “invasivo” che coinvolge tutte le aree della persona, scoprire di aspettare un bambino, quando questo accade in condizioni poco favorevoli, può essere uno shock. Tutte le variazioni psico-fisiche della gestazione iniziano dal momento del concepimento, quindi avvengono molto prima che la donna sia in grado di scegliere se abortire o meno.
In particolare, è stato dimostrato che le donne sviluppano un precocissimo e più o meno consapevole attaccamento emotivo verso il feto, ed in caso di interruzione volontaria di gravidanza ciò provocherebbe un grave stress emotivo simile a quello delle madri che soffrono per la morte del proprio figlio, con la differenza che, spesso, i sensi di colpa associati alla volontarietà dell’aborto procurato possono ulteriormente ostacolare ed intralciare l’elaborazione del lutto.
Hanno una grandissima influenza sulla risposta psicologica all’ I.V.G. le motivazioni che spingono la donna ad abortire ed il modo in cui viene presa la decisione: in particolare non devono essere sottovalutati i sentimenti ambivalenti che precedono, accompagnano e seguono nell’immediato l’I.V.G. Quando la donna decide per l’aborto volontario deve sempre e assolutamente poter usufruire di una consulenza psicologica durante la fase decisionale che fornisca informazioni adeguate riguardo i rischi psicologici che, a breve o a lungo termine, potrebbero derivare dall’interruzione volontaria di gravidanza.
Molte delle donne che ho conosciuto non erano assolutamente informate sullo stato di fragilità o di grave disagio psicologico successivo all’aborto volontario. Una scelta diventa realmente consapevole solo se si è stati informati riguardo tutte le conseguenze che questa può comportare.
Ho incontrato donne che dopo un aborto spontaneo non sopportavano la voce dei bambini, donne che non riuscivano a gioire per la gravidanza di sorelle o amiche, donne che intravedendo nel loro stesso marciapiede carrozzine o passeggini sentivano l’irrefrenabile bisogno di attraversare la strada, donne che evitavano di frequentare aree cittadine con parchi gioco, scuole, negozi per l’infanzia. Poi ho incontrato tante, troppo donne che dopo un aborto volontario presentavano gravi problemi psicologici, come livelli di ansia clinicamente significativi, Disturbo Post Traumatico da Stress, depressione grave, autolesionismo, abuso di sostanze e tentativi di suicidio.
Soprattutto ho conosciuto indirettamente tanti bambini, quelli li ho chiamati “bambini della notte” perché sono i bambini che si incontrano solo di notte, quelli che vivono nei sogni o negli incubi delle loro mamme, quelli che provocano i cosiddetti disturbi del sonno, quei bambini per i quali le donne non vorrebbero mai addormentarsi o vorrebbero dormire sempre o vorrebbero addormentarsi per sempre.
Silvia Pennisi
[Immagine tratta da Google Immagini]