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Il cuore ha ragioni, che la ragione non conosce

In uno dei suoi pensieri più belli Blaise Pascal afferma che «il cuore ha ragioni, che la ragione non conosce» (B.Pascal, Pensieri, Einaudi, Torino, 1967, p. 59). Sfido chiunque a non rimanere catturati da queste parole e a non ritrovarsi a riflettere sull’influenza che ragione e passione hanno nella nostra vita. I filosofi di ogni epoca hanno dibattuto la questione raffigurando la ragione e la passione come forze antagoniste che, sfidandosi in un braccio di ferro senza fine, si contendono le redini della nostra esistenza. 

Nell’immaginario filosofico la ragione è rigorosa e oggettiva, una guida salda; sa ponderare, calcolare, prevedere rischi e benefici; non fallisce, conduce dritto al segno di ciò che è giusto o conveniente. Ristabilisce l’ordine quando il caos o il panico ci sopraffanno.
Le passioni, invece, sono emozioni intense subite dall’anima per accadimenti esterni. Si manifestano come reazioni impulsive, irrazionali, moti travolgenti, che offuscano le rette indicazioni e gli accorti calcoli della ragione distraendoci dal giusto, deviando il corso della nostra vita verso l’imprevedibile, l’insensato, l’irrimediabile.
Pertanto, secondo la maggior parte dei filosofi antichi e di quelli moderni coevi a Pascal, come Cartesio e Spinoza, dovremmo imparare a liberarci dallo stordimento delle passioni, sottrarci al loro giogo e metterci sotto l’ala della ragione, affidando alla sua rotta sicura il timone della nostra vita e delle nostre azioni.

Pascal è una voce dissonante, poiché rivendica le ragioni del cuore. Ci dice che anche il cuore merita di essere ascoltato, che la sfera emotiva e sentimentale possiede un valore e una legittimità che non possono essere ignorati. Sottolinea che nella vita si verificano circostanze in cui facciamo scelte che non riusciamo a spiegare riconducendole alla ragione in quanto le avvertiamo originate da un nostro interiore sentire, da motivazioni sentimentali, emozioni moderate e ponderate, non impulsive e immediate come le passioni, che per noi hanno un significato profondo e ci rendono soddisfatti e felici di averle seguite. 

Quante volte ci accade di ascoltare il nostro intimo sentire piuttosto che la ragione e riteniamo di aver fatto la cosa giusta? Come quando qualcuno decide di seguire una carriera che ama profondamente o di restare nella propria città natale, nonostante le basse prospettive economiche, e sacrifica i vantaggi materiali, la scelta razionale, per una soddisfazione emotivo-sentimentale.

Il filosofo David Hume si spinge più in là di Pascal affermando che «la ragione non può mai essere motivo di una qualsiasi azione della volontà, […] non può mai contrapporsi alla passione nella guida della volontà» (D.Hume, Opere, Laterza, Bari, 1987, vol.I, p. 434). E lo afferma avanzando una tesi generale, in seguito detta legge di Hume. Sostiene che dall’«è o non è» non si può derivare «un deve o un non deve» (ivi, p. 496), che dalle descrizioni della realtà, che ci dicono come stanno le cose, non si possono trarre prescrizioni o comandi che ci indicano cosa dovremmo fare. La ragione ci fornisce dati, descrizioni realistiche, ma sono le passioni, le percezioni di piacere e di dolore a spingerci ad agire. Pertanto secondo Hume circa l’agire «la ragione è, e può solo essere, schiava delle passioni» (ivi, p. 436).
Hume sostiene che finanche «la morale è più propriamente oggetto di sentimento che di giudizio» (ivi, p. 457). Ritiene che la percezione del bene e del male, così come l’impulso ad agire virtuosamente, non scaturiscono dalla ragione, ma da un senso morale intrinseco all’animo umano, di natura sentimentale. Sono particolari sensazioni di piacere e dolore a suscitare in noi approvazione o disapprovazione verso determinati comportamenti. 

Ti sarà capitato di essere stato tradito o offeso da un amico e nonostante la rabbia inziale ti abbia suggerito di rompere ogni legame con lui o di cercare vendetta, poi, il sentimento dell’affetto o della comprensione ti hanno condotto al perdono?
Molti abbandonano vite comode e sicure per fornire assistenza e aiuto in zone di guerra o di crisi umanitaria, non lo fanno forse perché sono mossi da un sentimento morale, da un profondo senso di solidarietà e compassione, di empatia con il dolore altrui che li sollecita ad agire per alleviare le sofferenze dei propri simili?

La ragione ci aiuta a individuare i mezzi per raggiungere i fini, ma i fini sono dettati dai nostri stati d’animo, dall’interiore sentimento di motivazione e approvazione.
Qualcosa di vero in tutto questo ci sarà se anche Hegel, il filosofo che in un certo senso dà una spiegazione razionale a tutto, ha affermato che «nell’ordinamento del mondo un ingrediente sono le passioni, l’altro è il momento razionale. Le passioni sono l’elemento attivo e non sono affatto opposte alla moralità […].  Nessuna cosa è mai venuta alla luce senza l’interesse […] e (poiché) a un interesse noi diamo il nome di passione, […] dobbiamo dire in generale che nulla di grande è stato compiuto nel mondo senza passione» (G. W. F. Hegel, Lezioni sulla filosofia della storia, La Nuova Italia, Firenze, 1981, pp. 73-74).

 

NOTE
[Photo credit Natasha Connell via Unsplash]

Marilena Buonadonna

Marilena Buonadonna

Solare, determinata, poliedrica

Mi chiamo Maria Buonadonna, anche se per tutti sono Marilena. Ho studiato musica fino a quando sono stata folgorata dalla filosofia, la passione della mia vita, che mi ha condotta a laurearmi con lode a 21 anni, con la tesi dal titolo Filosofie della natura ed etica ambientale. Dal 2005 insegno filosofia e storia a […]

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