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Il labirinto dell’ansia quotidiana. Riflessioni da Seneca a Scarpa

Decidere dove trascorrere le vacanze o dove trasferirsi tra mille alternative diverse, vicine o dall’altra parte del mondo. Avere accesso a una quantità quasi infinita di possibili svaghi, musica, libri e poter assaporare un piatto indiano senza uscire dall’Italia. Dividersi tra lavoro e famiglia o essere costretti a sacrificare almeno una delle due cose.

Quante sono le contraddizioni che ci assalgono ogni giorno? Quanti gli stimoli o gli impegni che ci bombardano e ci costringono ad un circolo vizioso senza fine? È la società della frenesia, della fretta e dell’impazienza, dei contrasti di idee, di cultura e di potere, dell’estremo benessere contrapposto all’estrema povertà e della violenza, quella reale e quella impersonale dei social network. Un labirinto di situazioni, una complessità pesante, difficile a volte da gestire, che non ci permette nemmeno di apprezzare le cose semplici, di iniziare la giornata sentendo perlomeno il gusto del caffè che stiamo bevendo.

Come possiamo trovare una via d’uscita a questo dedalo, alle macchie da stress e agli attacchi di panico, in un mondo in continuo mutamento che ci costringe a reinventarci ogni giorno?

La risposta potrebbe essere molto naturale e istintiva. Immaginando di perderci in un labirinto, la prima cosa che tenteremmo di fare sarebbe affannarci per trovarne la soluzione. Addentrandoci l’ansia salirebbe, portandoci lontani dalla via d’uscita. Solo arrendendosi al percorso che ci scorre di fronte e scegliendo di seguirlo senza affanni, la via di fuga si paleserebbe in tutta la sua semplicità.

Tra i tanti autori che in letteratura si occupano della tematica del labirinto, Tiziano Scarpa è uno di quelli che offre uno dei punti di vista più intriganti. Nel suo Venezia è un pesce (Feltrinelli Editore, 2000), riferendosi all’intricata città lagunare con i suoi intrecci misteriosi di calli e canali, invita e perdersi, assecondare la strada e lasciare che esse stessa ci disorienti. Forse è proprio così: per godersi davvero una città, nei suoi contrasti e nella sua controversa bellezza, basta lasciarsi guidare dalle strade che ci offre, seguendo solo il nostro istinto e accettando semplicemente gli eventi.

La città, piccola metafora della nostra società, racchiude in se stessa tutte le meraviglie della cultura e del benessere, ma allo stesso tempo tutta l’irrequietezza della modernità, tutte le possibilità di aggregazione e nel contempo tutte le piccole e grandi solitudini che lo sviluppo ci porta a vivere. Smettiamola allora di tentare di dominare quest’insieme di infinite sfaccettature, di farci prendere dalle preoccupazioni e di combattere per sopravvivere. Viviamo, come ci invita a fare Scarpa, nella consapevolezza di non poter avere il controllo su tutto ciò che ci circonda, senza farci distrarre da un percorso prestabilito. Quello stesso percorso che invece Seneca nel suo De vita beata invitava a scegliere, tenendosi però lontani dal gregge. Interessante era la sua idea di ‘indifferenza verso la sorte’: senza timori né passioni si può apprezzare la propria condizione, con coscienza del vero e assenza di paure.

Spesso vogliamo o siamo costretti a cambiare casa, amori, lavoro, addirittura continente nei momenti più inaspettati. Uno schema, una storia già scritta, non può essere la soluzione: le paure e le ansie si risolvono con la prontezza di riflessi. Lottare contro ciò che non possiamo dominare è controproducente, quando possiamo vivere ciò che ci capita senza angosce, ma sfruttandolo appieno a nostro vantaggio. Un problema complesso non ha soluzioni semplici; una soluzione complicata però, non sarà mai una vera soluzione. Armiamoci di gioie semplici nell’imperturbabilità di conquiste graduali: solo così troveremo la via d’uscita ai nostri labirinti.

 

 

Barbara Noal

Barbara Noal, dottoressa in Commercio estero, attualmente studentessa di Economia e gestione delle arti e delle attività culturali. Vive tra Venezia e almeno altre cinque città diverse, ama la poesia, la cucina (degli altri) e la musica. Un giorno vorrebbe poter dire che organizzare concerti è il suo lavoro, ma è convinta che qualsiasi alternativa che garantisca la sopravvivenza potrà essere una buona soluzione, sempre e solo se accompagnata da un buon bicchiere di prosecco.

[Immagine tratta da Google Immagini]

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