Essere nostalgici è la moda di questi ultimi anni. Si guarda al passato probabilmente per fuggire un presente troppo frenetico ed irrequieto che sembra non soddisfarci più. Ed ecco che le storie di atleti, attori e musicisti di qualche anno fa acquistano immediatamente un’aura magica, capace di riconciliarci con il mondo. Parlando di cinema, voltarsi indietro e guardare i decenni scorsi, spesso può essere più utile di quel che sembra.
Negli anni ’50 Hollywood (a cui seguirà quasi contemporaneamente il cinema italiano), inaugura un genere di grande successo, che aveva già avuto un timido inizio negli anni ’10; si tratta del Peplum, un filone cinematografico di film storici in costume, ambientato in contesti biblici o nel periodo della Grecia antica o della civiltà romana. Il termine “peplum”, derivante dal greco e a suo volta mutuato dal latino, indica una semplice tunica femminile usata dai greci.
Molti film furono prodotti a basso costo ma altri rimangono ancora oggi delle pellicole straordinarie: titoli come Ben-Hur, I Dieci Comandamenti, Quo Vadis, Spartacus, La Tunica, Giulio Cesare, sono stati dei grandi successi e a modo loro hanno rivoluzionato il cinema. Rivedendoli oggi ci si accorge di quanto lavoro ci fosse alle spalle: un’attenzione costante alle ambientazioni, una cura dei costumi e dei dettagli, uno studio della Storia che pur con qualche piccola differenza, era preciso e veniva curato. Non esistevano ancora gli effetti speciali di oggi e la disponibilità tecnologica era limitata, molte scene venivano quindi girate negli studios; eppure la recitazione non sembrava risentirne. Gli attori recitavano quasi fossero a teatro, come se sentissero la platea a pochi metri da loro, con enfasi e pathos. Indimenticabili in questo senso le interpretazioni di Charlton Heston nei panni di Giuda Ben-Hur e di un giovane Marlon Brando che in Giulio Cesare incantò il pubblico con una recitazione sublime, una di quelle interpretazioni che passano una volta ogni tanto.
Il genere ebbe il suo apice negli anni ’60, per poi essere abbandonato, incalzato dai primissimi film degli spaghetti-western.
Negli ultimi anni c’è stata una ripresa del film storico in costume; gli anni 2000 hanno visto una sorta di rifiorire del genere, partendo da Il Gladiatore, film di enorme successo, consacrato con l’Oscar a Russell Crowe. A questa sono seguite numerose altre pellicole, sicuramente di grande impatto visivo, maestose nella realizzazione ma non così significative come i film sopracitati. Si è preferita la spettacolarizzazione a scapito di una recitazione vera e di un’attenzione ai dettagli storici che sembra non interessare più. Ha vinto l’idea dell’intrattenimento per sé stesso, dello spettacolo portato avanti a tutti i costi. Ne è un esempio lampante il remake di Ben-Hur, che uscirà a breve nelle sale: è un’evidente dimostrazione di come manchino le idee, prendendo un capolavoro e cercando di trasformarlo in una giostra vorticosa che appaghi solo la vista e non l’intelletto. In questo caso essere nostalgici non aiuta, si dovrebbe guardare al passato con riverenza e rispetto, cogliendone l’atmosfera, la genialità, per non correre il rischio di incappare nella banale ripetizione che uccide la fantasia.
Lorenzo Gardellin
[Immagine tratta da Google Immagini, ritrae Charlton Heston in Ben-Hur]