Home » Rivista digitale » Filosofia pratica » Conoscenza » Il processo di individuazione tra biografia soggettiva e collettiva
biografia

Il processo di individuazione tra biografia soggettiva e collettiva

Come adattarci al mondo, al collettivo, mantenendo la nostra specifica individualità?
Secondo Carl Gustav Jung il contesto sociale e le cognizioni personali sono collegate e si influenzano a vicenda. La psiche, nel suo complesso, necessita di integrazione tra individuale e collettivo e non sempre questo processo dialettico è immediato o scontato andando a creare stati d’animo di profonda angoscia e solitudine. È nostro compito, quindi, riflettere su certi meccanismi interiori per diventarne consapevoli.

La scienza nuova di Giambattista Vico ha avuto il merito di attribuire nuova dignità filosofica alla “verità storica” − che si basa sui fatti umani − in quanto, sostiene, gli uomini non sono nulla all’infuori della storia che essi costruiscono. Per storia non si intende solamente quella istituzionalizzata, che studiamo sui manuali scolastici. In senso più ampio si intende un processo di eventi, situati nel tempo e nello spazio, tanto collettivi quanto autobiografici, cioè legati alle nostre vite: ognuno di noi ha una storia (e quindi una cultura, un folclore, un sistema di credenze di riferimento). Avere una storia è un connotato imprescindibile. Vuol dire esistere come esseri umani, avere eventi da raccontare, dei ricordi e delle proiezioni future. È necessario, in tal senso, poter essere storici e analisti di noi stessi. In che senso?

A livello collettivo “fare storia” può equivalere a creare una trama che connetta singoli eventi attribuendone senso e significato mediante il ruolo di chi, come lo storico, si pone come testimone dei fatti, creando un percorso, ricostruendo arterie e connessioni nel tempo. Facendo ricerca, portando alla luce frammenti e reperti de-solati dal proprio contesto originario e generativo e facendone poi oggetto di ricostruzione e restauro. Si tratta quindi di tornare alle origini e di tessere i fili di una trama non spesso docile, morbida e lineare.
Allo stesso modo, a livello individuale ed autobiografico, un buon analista ha il compito di ricostruire la biografia del singolo soggetto spesso danneggiata, “bucata”, come una sceneggiatura mal strutturata, amputata nella sua coerenza interna, facendosene testimone in ascolto e guida dell’opera archeologica di recupero e scoperta e, poi, di tessitura ermeneutica. 

A cosa servono questi processi?
Questi processi di tessitura sono imprescindibili. Durante eventi disarmanti, l’impossibilità del singolo di simbolizzare (symbàllo= unire insieme parti separate), elaborare, creando trame di senso tra i frammenti disorganizzati della propria vicenda storica e autobiografica, è ciò che può portare a forme di grande dolore interiore. Si può assistere a forme violente di “negazionismo” (storico) o di rimozione (psichica), nell’incapacità di accettare (accogliere, collocare psicologicamente, significare) eventi biografici che, invece, massimamente ci appartengono anche e soprattutto nella loro problematicità.

Pensiamo alla Shoah o alla pandemia di SARS-CoV-2, come eventi storico-collettivi, così come ad un lutto personale: scenari che sconcertano, sconvolgono un ordine prestabilito. Diventa necessario accogliere i nostri vissuti interiori, le nostre sensazioni, seppur dolorose, e situarle all’interno di questo intreccio di fatti, esterni ed interni a noi, attribuendo loro senso e dignità in virtù di un processo di individuazione soggettivo che possa donarci la scoperta della nostra identità più autentica. (Da dove veniamo? Qual è la nostra storia? Come siamo arrivati fino a qui? Dove ci troviamo ora? Dove stiamo andando?)

La nostra psiche ha bisogno di essere elastica, plastica e fluida affinché possa adattarsi agli accadimenti della vita senza “perdersi”. Spesso la sofferenza, i traumi e i meccanismi di difesa intaccano la narrazione fluida della nostra storia e perdiamo il senso, la direzione da seguire. Gli eventi, quindi, e le emozioni ad essi collegati, devono poter creare una trama, una tessitura. È importante che dei fatti della vita si possa fare reale esperienza diacronica, un’esperienza che attraversi in “lungo e in largo” lo spettro multisfaccettato e ricco di sensi e significati che gli eventi portano con sé, anche e soprattutto quelli sofferti e dolorosi, affinché possa crearsi un futuro, una progressione: un’intelligenza storica autentica.
Speranza! Infatti proprio accettando fratture, crisi, crepe identitarie che possono creare confusione e spaesamento, è possibile cogliere la potenzialità trasformativa insita ad ogni crisi. Il caos e il disorientamento rompono le strutture fisse, spesso patologiche e stagnanti, e sprigionano nuove energie ed emozioni che, per quanto sofferenti, possono essere massimamente vitali e trasformative.

Possiamo concludere sottolineando l’importanza di impegnarci nel promuovere l’identificazione dei nostri valori più intimi in un processo o divenire storico/biografico che intrecci l’individuale e il collettivo come facce di una stessa medaglia (collegate da un rapporto anamorfico di luci e ombre, di rispecchiamento). Un processo di individuazione che miri non solo alla tessitura tra i fatti, ma anche alla loro significazione profonda.

 

NOTE
[Photo credit JASHOOT.COM via Unsplash]

 

Francesca Pizzuti
Nata a Roma nel 1986, è laureata in Filosofia e Studi teorico critici presso L’Università La Sapienza di Roma. È analista biografica ad orientamento filosofico (Sabof). Insegnante, da molti anni si occupa  di ricerca nel campo psicoanalitico e filosofico. Tra le pubblicazioni: Non capisco. Il mito dell’intelletto e le derive di un approccio mentale non integrato (Anima Mundi 2021) e Cosa è un’idea? L’intellegibile nell’ultimo Platone (Lithos 2015).

Gli ultimi articoli

RIVISTA DIGITALE

Vuoi aiutarci a diffondere cultura e una Filosofia alla portata di tutti e tutte?

Sostienici, il tuo aiuto è importante e prezioso per noi!