Ciascun artista possiede un proprio spazio all’interno della storia, e così come nei film esistono protagonisti, attori secondari e semplici comparse, nella storia dell’arte esistono autori di maggior rilievo, cui oggi molto spesso viene associato il termine di “genio”, e artisti di via via minore spessore, fino alle centinaia di figure senza volto che lavorano dietro le quinte, nelle botteghe, all’ombra dei grandi maestri. Tuttavia, differentemente da un film, nella storia dell’arte i ruoli non sono mai costanti, e chi viene considerato un protagonista dagli occhi e dalle menti di un dato secolo viene poi, in numerosi casi, ridotto a figura secondaria dagli spettatori del secolo successivo, e così viceversa. Sono i cambiamenti storici, le rivoluzioni, la politica, la filosofia, la letteratura e molti altri fattori a determinare questi spostamenti degli artisti nella “scala gerarchica” che ne determina il peso storico e artistico.
Viene di conseguenza naturale domandarsi con quale occhio noi oggi guardiamo le opere di un pittore o uno scultore (o quant’altro), con quale metro le valutiamo e secondo quali criteri consideriamo un artista “geniale” o meno. Il concetto di “genio” emerge in età romantica e viene utilizzato ancor oggi per individuare, in ambito artistico, delle personalità in grado di trasferire la propria dirompente soggettività nell’opera, che diventa una estensione materiale della loro interiorità e pertanto, dal punto di vista dello spettatore, un “ricordo” di un’azione fortemente individuale. Basterà osservare attentamente il gusto attuale in materia artistica per rendersi conto che gli artisti più famosi e maggiormente tenuti in considerazione sono proprio coloro che più si avvicinano all’accezione romantica di “genio”, evidenziando così come la sensibilità odierna non sia di fatto molto distante da quella di circa due secoli fa.
Ovviamente l’ingresso irruento dei media nella vita quotidiana nei tempi più recenti non può banalizzare la questione a una così semplice affermazione, ma la posizione di grande instabilità e spaesamento del soggetto d’oggi si può a grandi linee accostare a quella che, tra Settecento e Ottocento, ha prodotto la concezione di arte come prodotto dell’azione di una ben definita individualità e non più, come accadeva nei secoli di Ancien Régime, come prodotto di un’intera società e della sua mentalità. Ciò non significa ovviamente che le figure geniali siano relegate alla sola contemporaneità: le caratteristiche del genio, ovvero soggettività e individualismo (molto spesso accompagnati da atteggiamenti anticonformisti e talvolta drasticamente critici), si ritrovano in numerosi artisti di qualsiasi epoca, anche ben prima del Romanticismo, e figurano sempre in coloro che oggi consideriamo unanimemente i maggiori artisti della storia. Michelangelo e Jackson Pollock, due artisti dalle caratteristiche stilistiche diametralmente opposte, condividono alcuni tratti fondamentali del “genio”: forte personalità e grande capacità di trasferire nell’opera d’arte la propria visione del mondo, nonché una certa dose di spirito critico rispetto agli eventi epocali che segnano il loro percorso storico e artistico, dall’età del Concilio di Trento al secondo dopoguerra.
Partendo da questi presupposti, non è difficile comprendere perché alcuni artisti siano più conosciuti e più mitizzati rispetto ad altri a loro equivalenti per originalità e capacità tecnica. Perché Picasso è da tutti ritenuto il più geniale pittore contemporaneo e Kandinskij, altrettanto importante per la storia dell’arte, è molto meno conosciuto dalle masse? Evidentemente Picasso ha dato qualcosa di più: nonostante l’originalità e il forte tratto personale delle opere dell’artista russo, il suo collega spagnolo ha saputo raccontare il suo pensiero, il suo modo di vedere il mondo, le sue stesse debolezze attraverso le opere, portandole a un livello comunicativo che in Guernica raggiunge un’immediatezza e un impatto fortissimi. Il genio deve dunque comunicare la sua soggettività, deve saperla raccontare a tutti mediante le sue opere per essere capito e apprezzato, e Picasso, così come molti altri “geni”, ha sempre qualcosa di personale da raccontare nei suoi dipinti.
Forse l’esempio più emblematico di ciò è il successo globale e dirompente delle opere di Caravaggio, artista geniale per definizione, irruento tanto nella vita quanto nelle scelte artistiche. Egli rappresenta il genio per eccellenza, l’artista che da solo ha sfidato la società e pure se stesso, che ha saputo raccontare la sua storia in modo personalissimo, rappresentando la realtà attraverso le proprie esperienze e le proprie paure. Il suo successo tuttavia non poteva che giungere nei tempi più recenti: quasi sconosciuto per tre secoli, venne “riscoperto” solo a inizio Novecento, quando lo spettatore, sin dal secolo precedente affascinato da personalità titaniche, menti sublimi e storie romanzesche, ha deciso di “resuscitarlo”, dando la dignità di eroe all’antieroe e dimenticando inesorabilmente una delle più grandi muse della pittura per i secoli precedenti, il “divin Guido”, Guido Reni, artista contemporaneo del Caravaggio, accademico, “freddo” diremmo oggi, il quale, senza storie affascinanti da raccontare, non poteva che cadere sotto il trionfo del genio romantico, lume della sensibilità odierna.
Luca Sperandio
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