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Tra illusione e realtà: “I begli occhi di Maya”

«È Maya, il velo ingannatore, che avvolge gli occhi dei mortali e fa loro vedere un mondo del quale non può dirsi né che esista, né che non esista; perché ella rassomiglia al sonno, rassomiglia al riflesso del sole sulla sabbia, che il pellegrino da lontano scambia per acqua»1.

Se Arthur Schopenhauer rendeva la dea dell’abbondanza e dell’illusione la metafora cardine della sua filosofia, di quell’esistenza che è fallace e ingannevole come i sogni, non meno fa Giovanni Pigozzo nel romanzo I begli occhi di Maya, dove Maya e i suoi “occhi” diventano oggetto profondamente concupito e ricercato, elemento cruciale dell’intreccio, che spinge i protagonisti a confrontarsi con mondi tra l’apparenza e il vero.

Tutto ha inizio dalle scoperte di un vecchio professore archeologo, una «brava persona, sulle nuvole», «forse un po’ timido», come viene descritto nel romanzo, che lascia in eredità una complicata serie di enigmi, uniti all’alone di mistero che avvolge la sua morte. A risolverli è chiamato un suo caro studente che, viaggiando per le vie di Milano, dovrà cercare di ricomporre tutti i pezzi del puzzle, rendendo onore al lavoro e nel contempo alla memoria del professore.

Non è facile trovare il filo conduttore, il bandolo della matassa che spieghi la serie intricata di vicende che lega la storia dei due “occhi” e, forse, la risposta si trova più nel passato che nel presente, in quella memoria tanto cara allo studioso di archeologia. «A che può servire vivere, se non puoi ricordare? Perché hai voluto bene, se non puoi ricordare un volto che hai amato? Perché essere felici se una mattina non sai di esserlo stato?»2.

Il presente, in fondo, è soltanto l’ultima estremità di un passato millenario, il risultato delle vicende che hanno interessato persone e popoli appartenenti a realtà altre. Così come ognuno di noi è la somma delle esperienze e delle identità che hanno segnato la sua persona e il luogo in cui vive, anche i due smeraldi verdi sono il frutto del passaggio di epoche diverse, che hanno lasciato i segni della loro presenza.

Ecco dunque che il romanzo arriva ad abbracciare uno spazio di tempo dilatato: dalla Roma classica al medioevo, fino alla Milano contemporanea. Storie antiche, incise su pergamene, prendono magicamente vita e il lettore si trova a camminare prima tra le strade di Aquileia, poi a fianco al Duomo di Milano, trasportato nel tempo e nello spazio assieme ai personaggi.

Ma si tratta di sogno o realtà?

«Qualche volta mi sveglio all’alba e mi chiedo intontito se il mondo non sia solo il sogno di un dio addormentato: un tempo in cui esiste un presente, ma per lui scorre diversamente»3 si interroga una mattina il protagonista, ancora ignaro del ruolo di cui sarà investito. Forse i significati degli oggetti vanno oltre ciò che abbiamo immaginato, può darsi che un codice racchiuda più indicazioni di quelle aspettate, oppure che una poesia avvolga in metafora uno spazio fisico; tutto può nascere come finire nella nostra mente, il confine tra vero e non vero si dispiega nell’intervallo di un velo sottile, indefinibile. La realtà, dunque, deve essere indagata, come ci insegna il nostro caro protagonista; il piacere della scoperta è sempre presente in colui che non si accontenta di frasi fatte, di supposizioni, ma cerca e filtra il mondo con sguardo critico, aperto a nuove soluzioni e prospettive.

«Ti vuoi arrendere? Io non mi fermerò»4 sostiene con fermezza l’io narrante, pronto ad andare fino in fondo ai suoi ragionamenti, senza abbandonare al primo ostacolo.

Un invito a non rimanere nel “sonno della mente”, a lasciarsi illudere solo nella misura in cui l’illusione può farci apprendere qualcosa di utile per il presente, diventando una sorta di sogno rivelatore.

Un romanzo che tocca le radici del nostro passato, facendo percepire quel legame nascosto che sempre permane tra noi e l’antico, ponendoci nell’ottica dell’investigatore o dello scienziato, mai sazio di esperienze.

 

Anna Tieppo

 

L’autore. Giovanni Pigozzo è nato alla fine degli anni Ottanta nella campagna veneta, si è trasferito a Milano vent’anni dopo. Ha esordito come scrittore di racconti brevi confluiti nella raccolta dei Racconti a luce spenta (2014), cui ha fatto seguito un denso racconto (lungo) in edizione singola, Mi fa male il tuo dolore, edito nel 2016. Questo è il suo primo romanzo.

NOTE:
1. A. Schopenhauer in Domenico Massaro, La comunicazione filosofica, Tomo A, 3, Trento, Paravia, 2002, p. 10.
2. G. Pigozzo, I begli occhi di Maya, FdBooks, Bologna, 2016, p. 64.
3. Ivi, p. 50.
4. Ivi, p. 89.

 

[immagine tratta da google immagini]

 

I begli occhidi Maya

 

Anna Tieppo

empatica, precisa, buffa

Sono nata a Castelfranco Veneto nel 1991, piccola cittadina murata, dove tutt’ora vivo. Dopo il liceo ho conseguito la laurea presso l’Università degli Studi di Padova in Lettere e successivamente in Filologia Moderna nel 2016, occupandomi principalmente di tematiche relative alla letteratura contemporanea. Il mio ingresso nel mondo del lavoro è stato nel settore dell’insegnamento, […]

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