«Lei è chi non è nessun altro»
Alla domanda «Che cos’è il Tempo?» Agostino d’Ippona rispondeva: «Se nessuno m’interroga, lo so; se volessi spiegarlo a chi m’interroga, non lo so» (Le Confessioni, libro XI, cap. 14).
Effettivamente più cerchiamo di dare una risposta univoca e definitiva a questa domanda, più stimoleremo una costante “caccia al tesoro”, che non sempre potrebbe andare a buon fine. La trama intessuta di eventi che dà forma a quello che convenzionalmente chiamiamo “tempo” è una delle questioni più annose che rende protagonista la storia della filosofia, ma che inevitabilmente tocca e coinvolge altri campi disciplinari facendosi slalom fra trappole linguistiche, filosofiche e scientifiche che tuttora non smettono di suscitare stupore e curiosità nel lettore.
«Dammi tempo», «Sto perdendo tempo», «Mi sfugge il tempo» sentiamo continuamente uscire dalle bocche delle persone; ma esattamente a cosa ci riferiamo quando parliamo di “Tempo”?
L’interesse sembra coinvolgere non solo adulti, ma anche bambini.
Chi è dunque il tempo?
Lewis Carroll, chiedendoselo, in Alice’s Adventures in Wonderland non esita a indirizzare la protagonista all’incontro con personaggi dall’identità quasi onirica, enigmatica, ma rivelatoria. Nel capitolo VII la piccola Alice, su consiglio del Cappellaio Matto, è costretta ad “ammazzare” il suo tempo facendolo fermare, come hanno fatto gli altri personaggi, all’ora del tè.
«Penso che potreste impiegare meglio il vostro tempo» non esita a rimproverare la bambina al Cappellaio, spaesata dagli indovinelli senza soluzione continuamente proposti. Ma ecco inesorabile la risposta del suo interlocutore:
«Se tu conoscessi il Tempo come lo conosco io, non parleresti di lui così senza riguardo. È una Persona».
Alice in effetti, non parla e non chiede nulla al tempo; sa solo di doverlo battere studiando musica ed è convinta che l’orologio possa solo segnare le ore e non gli anni, poiché quest’ultimi ci metterebbero molto prima di cambiare. Ancora una volta arriva ferrea la risposta del Cappellaio:
«Ah, questo spiega tutto. Il tempo non sopporta di essere battuto. Ma vedi, se tu ci andassi d’accordo, lui farebbe quasi tutto quel che vuoi con l’orologio. Mettiamo che siano le nove di mattina, proprio l’ora di cominciare le lezioni: basterebbe soltanto che tu gli dicessi una parolina sottovoce, e il Tempo farebbe correre la lancetta dell’orologio in un batter d’occhio! L’una e mezza, ora di pranzo!».
Ma come vivono i bambini il tempo?
Un primo modo è sperimentarlo tramite il gioco. In questo momento il tempo diviene soggettivo e, quasi come un rituale, si trasforma in un esercizio, una ripetizione delle cose fatte durante le giornate: ci si sveglia, si fa colazione, si accudisce qualcuno, si lavora e se è sera si va a dormire… La cosa interessante è il lasso di tempo che intercorre fra questi momenti; durante il tempo di un gioco possono passare tre giorni come due anni, si può diventare adulti in un batter d’occhio o ritornare bambini all’improvviso.
Come affrontare la tematica del tempo in un laboratorio di filosofia?
Molte persone sono convinte che un primo approccio potrebbe essere quello di prendere in esame la parola “tempo” facendo domande dirette ai bambini al fine di coglierne i diversi significati. «Il tempo si vede passare?» «Se ne può misurare il passaggio?» «Il tempo passa per tutti? Per le persone come per gli animali o per le pietre?» «Se non esistessero gli orologi, esisterebbe il tempo?». Tutti questi interrogativi sono senza dubbio interessanti, ma le risposte date saranno risposte convenzionali; i bambini tenderanno a dire quello che l’adulto si vuol sentir dire.
Per questo motivo Filosofiacoibambini sceglie di parlare del tempo indirettamente, non cogliendolo di petto, ma avvolgendolo dall’interno, a partire da una cosa particolare e concreta. Il tempo è, fra le tante cose, una parola vaga, un concetto ambiguo. Abbiamo una buona idea di che cosa voglia dire “essere bambini”, “essere adulti” o “essere anziani” ma ci troviamo in difficoltà nel momento in cui dobbiamo stabilire l’età esatta in cui si transita da uno stadio all’altro. A quale età si smette di essere bambini? A quale, invece, si diventa vecchi? Tutto cambia continuamente e bisogna abituarsi. Difronte al cambiamento non resta che uscire da quelle rigide categorie con cui veniamo etichettati continuamente dagli altri, o da noi stessi. I confini che delineano chi siamo noi e chi sono gli altri sono confini malleabili che cambiano di continuo.
Filosofiacoibambini lavora sul cambiamento temporale non parlando del “tempo” in sé, ma facendo intuire come le cose nel tempo non sono sempre come appaiono. Un bambino o una bambina seduta sulla cattedra, seguita dalla costante domanda «Lui/Lei chi è?», è il pretesto che muove un’ora e più di laboratorio. Con la pretesa di capire chi sia quella persona si vagliano tutte le possibilità che essa può essere: passato, presente o futuro. «È una bambina!», ma lei non è sempre stata una bambina o non lo sarà per sempre; «lei è simpatica», ma non è la simpatia. Siamo simpatici, ma è importante avere la consapevolezza di non doverlo essere sempre. «A lei piace l’hip-hop», ma lei non è l’hip-hop, non gli è sempre piaciuto e se un giorno non gli piacerà più non dovrà aver il timore di cambiare le proprie convinzioni. Questo vale per tante altre cose: sentimenti, colori e tagli di capelli, peso, altezza, stati d’animo, hobby, modi di essere… Si parte parlando di cose presenti per poi arrivare a quelle non più o non ancora presenti. Smontare e rimontare. Giocando simbolicamente con le parole i bambini sperimentano come l’atteggiamento migliore difronte al cambiamento temporale sia quello di non essere confinati entro limiti precostituiti.
Giorgia Aldrighetti
FcB team ricerca