Nel libro A della Metafisica1 Aristotele afferma che conoscere qualcosa significa conoscerne le cause. Fare filosofia significa innanzitutto interrogarsi su quali sono i presupposti che determinano ciò che osserviamo attorno a noi: tutto ciò che accade è sintomo di tendenze soggiacenti che passano spesso inosservate, ma di cui il mondo che ci circonda risulta talmente condizionato che potremmo tranquillamente sostenere che esso ne è l’effetto. L’individuazione di queste tendenze partendo dall’osservazione dei fenomeni ci permette quindi di avere una conoscenza adeguata della realtà.
Alcuni giorni fa, in macchina, stavamo notando che nessuno mette più le frecce. Pur mentre rischiavamo l’incolumità della nostra auto e della nostra persona, abbiamo trovato il tempo di interrogarci sul motivo di questa negligenza. Di per sé la cosa non è così grave: è sufficiente fare un po’ più di attenzione rispetto al solito per evitare degli incidenti. Nondimeno due domande sono sorte spontaneamente nel nostro animo. La prima: perché dobbiamo essere noi più attenti del necessario, facendoci carico anche delle leggerezze altrui? La seconda: perché il semplice gesto di mettere una freccia sembra costare tanta fatica, specialmente all’interno delle rotonde?
La prima domanda è stata presto accantonata: se gli altri non mettono le frecce ci troviamo necessariamente a dover fare noi attenzione. Quindi tanto vale non farsi troppi problemi a riguardo.
Diversamente per la seconda: qui ne va della comprensione del nostro contesto sociale.
È evidente che mettere le frecce non costa nessuna fatica, quindi probabilmente non è una questione di pigrizia. O meglio, non è la pigrizia in senso proprio. Sembra piuttosto che le frecce non si mettano perché “tanto non succede nulla di grave”. È una piccola negligenza apparentemente senza effetti, che ci fa pensare di poterci permettere di trascurare questo gesto.
Questo non è falso, tuttavia un atteggiamento di questo tipo mostra di non tener conto del fatto che nel mondo che abitiamo ci siamo noi e ci sono anche gli altri. Società significa persone che vivono assieme. Di conseguenza, il fondamento della società come sua condizione di possibilità è che gli individui che la compongono incarnino questa consapevolezza. Diversamente, se nelle nostre azioni non teniamo presente che tutto ciò che siamo e che facciamo è inscritto in un contesto collettivo, viene meno il fulcro stesso della società e con esso si sgretoleranno, prima o poi, anche le singole società come le conosciamo.
La leggerezza di non mettere le frecce manifesta secondo noi un profondo individualismo. Ognuno pensa a sé, al proprio benessere ed alla propria tranquillità. Finché sto bene io, tutto va bene. Quindi, finché non mettendo le frecce non succede nulla di grave, posso permettermi di non farlo.
Nella Fondazione della metafisica dei costumi Kant propone una triplice formulazione dell’imperativo categorico che, pur rimanendo uno solo, può esser declinato in tre modi. La prima di queste formulazioni è la seguente:
«Agisci soltanto secondo quella massima che, al tempo stesso, puoi volere che divenga una legge universale» (I. Kant, Fondazione della metafisica dei costumi, BA 51-56, in Scritti morali, a cura di P. Chiodi, UTET, Torino 1986, pp. 78-82).
Questa massima è stata spesso travisata ed interpretata nel senso di “pensa se vivresti volentieri in un mondo in cui tutti agiscono come te”. In realtà questa idea è ben lontana da ciò che Kant vuole intendere. Il test proposto da Kant ha il fine di verificare se l’azione in questione permette (e non se rende piacevole) la costruzione di una società. L’esempio proposto da Kant è eloquente: la menzogna è un atto immorale non tanto perché mentire sia sbagliato, quanto perché la menzogna elevata a legge universale compromette la fiducia e l’affidamento agli altri, cioè ciò su cui si basano le relazioni umane, rendendo impossibile una vita pensata collettivamente.
In questo senso, pur non avendo effetti direttamente e materialmente visibili, il semplice atto di non mettere le frecce rileva di un atteggiamento profondamente antisociale, che mina nelle sue basi l’essenza stessa della società. Dovremmo iniziare a preoccuparci quando non mettiamo le frecce? No: una semplice freccia non messa cambia poco nell’economia generale delle cose. Ma forse potremmo riflettere sul nostro atteggiamento quotidiano: sentiamo ancora, oggi, che siamo responsabili del contesto nel quale viviamo, oppure tendiamo a delegare agli altri il mantenimento della società, preoccupandoci di spremere da essa tutto ciò che possiamo per la nostra utilità?
NOTE
1. Aristotele, Metafisica, A, II “La saggezza è conoscenza di cause”.
[Photo credit Bower Chin via Unsplash]