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La narrazione scomoda del potere dell’imprenditrice Elisabetta Franchi

Paragonata a Miranda Priestly de Il Diavolo veste Prada (2006), Elisabetta Franchi è una imprenditrice bolognese che esercita esplicitamente il potere nella sua azienda, la Betty Blue. Una donna brillante, preparata ed esigente che suscita invidia per i suoi risultati e desiderio di emulazione da parte di chi conosce il suo lavoro.

La stilista, durante l’evento “Donna e moda” del 2022, è stata investita da un polverone mediatico per aver affermato di assumere uomini o donne solo over 40 per cariche importanti, scelta giustificata dall’esigenza di trovare disponibilità al lavoro h24. A distanza di due anni, il Tribunale del lavoro di Busto Arsizio ha condannato la Franchi per le affermazioni ritenute discriminatorie e sessiste nei confronti delle donne e ha previsto un risarcimento di 5mila euro in favore dell’Associazione Nazionale Lotta alle Discriminazioni.

L’imprenditrice si è difesa ricordando il suo status di lavoratrice e madre che, dopo tre giorni dal taglio cesareo, era già in azienda, una donna che ha raggiunto il successo partendo dal basso. Secondo il suo punto di vista, le affermazioni fatte sarebbero state decontestualizzate e fraintese, poiché era invece nelle sue intenzioni denunciare la difficoltà di moltissime giovani donne che vogliono far carriera nel mondo della moda, in cui si richiede di essere sempre a disposizione per dare priorità al lavoro in qualsiasi momento.

La Franchi ha detto ad alta voce, con la sicurezza tipica di chi conosce bene l’ambiente e le criticità che lo caratterizzano, che le sue decisioni sono condivise da molti altri imprenditori e imprenditrici italiani, perché consapevoli del fatto che sulle donne gravano ancora troppi fardelli per mancanza di politiche efficaci per la famiglia e a supporto della maternità.

Le parole dell’imprenditrice sono occasione di confronto su un tema che suscita non poco imbarazzo. Il messaggio principale è che le donne sono ancora vittime della tensione creata dalla mancanza di equilibrio fra vita privata e carriera, soprattutto se devono sostenere ruoli apicali. La discussione, tuttavia, si ferma poco prima di affrontare un altro tema interessante: anche a 40 anni, quando sempre più spesso comincia una nuova vita familiare, sia per le donne che per gli uomini che lavorano è difficile tenere tutto insieme. Tale dato di fatto è trascurato o taciuto volontariamente in una polemica pretestuosa che si spegne in un giudizio approssimativo su una donna che vive e sperimenta ogni giorno i problemi di una posizione come la sua.

Persistono diffidenza e perplessità per il percorso professionale della donna, ormai più vicina ai 40 che ai 30, con il desiderio di diventare madre e di occuparsi anche di una famiglia, perché questo comporta assenze significative da un sistema aziendale in continua espansione, che richiede invece un impegno costante e insiste ancora su un concetto di lavoro totalizzante per cui i risultati arrivano solo se si è disposti a dare tutto in cambio.

Le vicende di potere legate alla Franchi raccontano di un seducente gioco di acquisizione di competenze e controllo sempre mutevole a cui partecipa chi lavora con o contro di lei, un contesto in cui sarebbe utile ricorrere alla concettualizzazione del tema del potere che si compie secondo una seduzione circolare, come ricorda Jean Baudrillard. Il fascino della rappresentazione del potere che emanano determinati personaggi, infatti, lascerebbe intendere proprio la condizione di mutevolezza e di scambio del potere, che si inventa e si trasforma continuamente. Questa condizione genera un esercizio del potere che serve non solo a ottenere la massima produttività nel minor tempo possibile, ma anche a rimodulare in maniera invadente la vita privata di chi lavora, ormai coinvolto in un moto ambiguo di resistenza e voglia di farcela in cui non si distinguono più dominanti e dominati, ma individui che vogliono prendere parte all’egemonia e non si rendono conto di cosa e quanto sacrificano.

Forse, più efficace di un risarcimento come punizione imposta per la narrazione scomoda del potere di un’imprenditrice italiana su un’azienda in fondo tutta al femminile, sarebbe più opportuno chiedere ad Elisabetta Franchi cosa si potrebbe fare concretamente per abbandonare la retrograda e noiosa dicotomia sullo status di donna, esemplare madre di famiglia o professionista sempre in difficoltà nella gestione della vita familiare, e come si potrebbe affrontare insieme una vita divisa tra carriera e famiglia, visto che la pretesa di lavorare h24 per raggiungere i propri traguardi professionali è inopportuna sia per le donne che per gli uomini emancipati che scelgono serenamente e consapevolmente di condividere pari diritti e pari doveri familiari.

 

NOTE
[Photo credit Marjan Sadeghi via Unsplash]

Rossana Rizzitelli
Laureata in Lingua e Letteratura italiana e in Editoria. Lavora come editor. Ha un kurzhaar di nome Björn ed è tifosa della SSC Bari. La accompagna da tutta la vita l’amore per i libri, la prima chiave di lettura e comprensione delle vicende e dei fatti del mondo. Per lei non c’è nessun luogo più bello e confortante dell’alternanza fra il bianco e il nero della carta stampata.

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