La storia non è fatta solo di date da tenere a mente senza che se ne ricordi il motivo, per questo il 25 novembre ha un valore emblematico. Il 25 novembre del 1960 in Repubblica Domenicana le tre donne e sorelle Mirabal (Patria, Minerva e Maria Teresa) vennero uccise per aver combattuto il regime autoritario di Rafael Trujillo. Furono assassinate da sicari che fermarono la loro automobile, le uccisero e gettarono il veicolo con all’interno i corpi in un dirupo per dissimulare un incidente.
Nel 1993 l’Assemblea generale delle Nazioni Unite, con risoluzione n. 48/104, adotta la Dichiarazione sull’eliminazione della violenza contro le donne riconoscendo il bisogno di una applicazione universale dei diritti e dei principi di uguaglianza, sicurezza, libertà, integrità e dignità. Sei anni dopo, nel 1999, con la risoluzione n. 54/1341, istituisce la Giornata internazionale per l’eliminazione dalla violenza contro le donne che ricorre ogni 25 novembre. La violenza sulle donne diventa formalmente una violazione dei diritti umani solo nella “Convention on Preventing and Combating Violence against Women and Domestic Violence”, nota come Convenzione di Istanbul, promossa nel 2011 dal Consiglio d’Europa. Ma quanta violenza subiscono le donne nel mondo? Secondo ActionAid si stima che in tutto il mondo il 35% delle donne abbia subito violenza almeno una volta nella vita e nel 38% dei casi a uccidere una donna è stato il partner. In Italia, nel 2022, il 91% di omicidi femminili sono stati commessi da familiari o da ex partner2 e nel 2020, in periodo di piena pandemia da Covid-19, le chiamate al numero antiviolenza e stalking 1522 sono aumentate del 79,5% rispetto al 20193. La Corte europea dei diritti umani ha condannato l’Italia a causa della “risposta inefficace” alle denunce di violenza.
Nel mondo la violenza ha tante facce: pensiamo alle mutilazioni genitali femminili, ai matrimoni precoci e combinati (ad esempio il caso di Saman Abbas), alla violenza psicologica ed economica che una donna su tre subisce, alle denunce di stalking che nell’84% dei casi non portano a una denuncia formale alle Autorità e al 26% degli italiani che individua nell’abbigliamento una provocazione sessuale. Secondo l’Istat4, le donne non denunciano perché hanno imparato a gestire la situazione da sole (39,6% per le violenze da partner e 39,5% da non partner) o perché il fatto veniva descritto come non grave (rispettivamente 31,6% e 42,4%), ma anche per paura (10,1% e 5,0%), per il timore di non essere credute, per la vergogna e l’imbarazzo (7,1% e 7,0%), per sfiducia nelle forze dell’ordine (5,9 e 8,0%) e, nel caso della violenza nella coppia, perché amavano il partner e non volevano che venisse arrestato (13,8%).
La violenza sulle donne è figlia di una cultura patriarcale (basti pensare al delitto d’onore che è stato abolito in Italia soltanto nel 1981, che svalutava la posizione della donna come individuo sociale togliendole opportunità e diritti che restavano esclusivi dell’uomo). Ma perché la violenza sulle donne si manifesta con tanta brutalità? In Amori molesti (Laterza, 2019) Silvia Bonino descrive come la violenza sessuale e affettiva sia un fattore primitivo-evolutivo, che nei maschi si connetterebbe alla sopraffazione e alla dominanza, tipica del mondo animale, e nelle femmine alla paura e alla sottomissione. Ma l’evoluzione dell’essere umano è anche culturale e per questo abbiamo sviluppato anche la capacità di favorire relazioni sociali positive. Per cambiare il modo di pensare e di agire degli uomini occorre lavorare socialmente all’indebolimento del pensiero dominante maschile, rompere la logica di servilismo, prepotenza, supremazia e di sudditanza, perché questa è una questione di diritti.
La morte violenta di ogni donna rappresenta una sconfitta per l’umanità come testimoniano, ad esempio, quella di Armita Geravand, morta a 16 anni dopo 28 giorni di coma a causa di violenze della polizia di Teheran per non aver indossato il velo, e quella di Giulia Cecchettin, la 105esima donna uccisa in Italia dall’inizio dell’anno. Questo può ancora essere il destino di una donna che rifiuta la dipendenza, in nome della libertà. Ogni violenza commessa sulle donne deve chiamare in appello la nostra morale. Ogni vittima deve diventare forza per costruire un coraggio sociale di cambiamento. È urgente che diventiamo la voce di tutte: se non ora, quando?5.
«Le donne sono una stirpe disgraziata e infelice con tanti secoli di schiavitù sulle spalle e quello che devono fare è difendersi con le unghie e coi denti dalla loro malsana abitudine di cascare nel pozzo ogni tanto». Discorso sulle donne di Natalia Ginzburg pubblicato nella rivista “Mercurio” nel 1948.
NOTE
1. 54/134. International Day for the Elimination of Violence against Women: https://documents-dds-ny.un.org/doc/UNDOC/GEN/N00/271/21/PDF/N0027121.pdf?OpenElement: “qualsiasi atto di violenza di genere che si traduca o possa provocare danni o sofferenze fisiche, sessuali o psicologiche alle donne, comprese le minacce di tali atti, la coercizione o privazione arbitraria della libertà, sia che avvengano nella vita pubblica che in quella privata”.
2. Dati disponibili su Openpolis: https://www.openpolis.it/resta-alto-il-numero-di-femminicidi-in-italia-e-in-europa/ .
3. Le richieste di aiuto durante la pandemia: https://www.istat.it/it/archivio/257704 .
4. Violenza di genere al tempo del covid-19. Le chiamate al numero di pubblica utilità 1522: https://www.istat.it/it/archivio/242841 .
5. “Se non ora quando”: movimento di femministe italiane nato nel 2009.
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