Ci sono lezioni memorabili e altre, invece, totalmente inutili.
Ci sono lezioni che ti procurano ripetuti crampi alle mani, per i troppi appunti scritti; ma frequenti sono anche le lezioni scialbe, dove non succede mai nulla.
Ci sono lezioni dove si dialoga; altre ancora dove a discutere è solo il professore.
Ci sono, però, anche lezioni inascoltate, e non per la pigrizia degli studenti.
Ci sono lezioni represse, e non per divergenze ideologiche.
Ci sono lezioni emarginate perché internate. Come quelle tenute da Ruth, una professoressa di Storia di origini austriache.
Nome: Ruth
Anno, luogo di nascita: 1880, Vienna
Caratteristiche: persona colta, agiata, intelligenza buona, piagnucolosa, cattolica.
Data di ricovero: maggio 1943
Sintomi: esaltazione, allucinazioni, capacità affettiva troppo esagerata, tendenza marcata al suicidio
Data di rilascio: ritirata il 1 agosto 1944 da militari delle SS
Annotazione: di “razza ebrea”
Ruth era stata ricoverata nel maggio del 1943 al Sant’Artemio, l’Ospedale psichiatrico di Treviso nato nel 1904 dopo i gravissimi scandali riscontrati nella gestione dei manicomi veneziani di San Clemente e, in particolar modo, di San Servolo. Assistita in un Istituto di Cura di Treviso, la degenza di Ruth fu proposta al Sant’Artemio in seguito al manifestarsi di alcuni comportamenti ritenuti clinici: sbalzi umorali frequenti, una capacità affettiva esagerata e il desiderio violento di farsi del male. Un elenco che ci consegna l’immagine di una donna afflitta da numerosi traumi, ricordi infernali sedimentati nella sua memoria insieme a quelle nozioni apprese, con notevole fatica, sui i libri di storia durante la sua carriera universitaria. Rimembranze disordinate, piene d’angoscia e disperazione. Tra queste, sicuramente, c’era la fuga da Spalato dell’autunno del 1941, insieme ad altri 2.000 ebrei, quando l’avanzata nazista, oramai inarrestabile, era giunta nei Balcani per imporre le sue ideologie. Altri sprazzi di memoria agitavano la quotidianità di Ruth, come i reticolati di filo spinato del campo di internamento di Cison di Valmarino che non le permettevano di fuggire ancora più lontano, ancora più distante da quelle logiche belliche colpevoli di averle tolto l’amore del marito, morto durante delle incursioni, e quello del figlio, ucciso a causa delle sue origini ebraiche.
Ecco perché aveva voglia di farla finita; ecco perché a momenti di estrema lucidità alternava istanti di rabbia e di profondo rancore. Era sta depredata di tutto: la terra, la casa e gli affetti. Non possedeva più radici, punti di riferimento ai quali aggrapparsi. Non possedeva più una storia.
Nonostante il mondo le fosse crollato addosso, Ruth, dal Sant’Artemio, scriveva delle lettere che, a sua insaputa, non saranno mai inviate poiché erano considerate documenti clinici e come tali dovevano essere inseriti nel fascicolo personale del paziente. In ogni modo, in alcune di queste missive Ruth chiedeva che le fossero spediti alcuni libri in tedesco, quella lingua che oramai da tanto tempo non ascoltava; in altre, invece, raccontava i rapporti interpersonali che intratteneva, nelle eterne giornate trascorse nell’Ospedale psichiatrico di Treviso, con il Direttore, i medici e gli infermieri, con i quali le relazioni non erano sempre idilliache: qualcuno la trattava male perché era straniera o forse perché era tedesca, un’appartenenza mal sopportata nel 1944 da ampi strati della popolazione italiana via a via che la guerra procedeva.
Chissà quali altri ricordi sarebbero trapelati, chissà quali altre lettere sarebbero state inviate se non ci fosse stata quella piccola postilla “razza ebrea”. Il primo agosto del 1944, l’ufficiale delle SS Franz Stangl, ex capo dei campi di sterminio di Sobibor e Treblinka, prelevava la signora Ruth dal Sant’Artemio insieme ad altri due uomini e una donna, secondo quanto disponeva il piano Aktion T4.1 Il programma nazista di eutanasia degli adulti disabili, iniziato nel 1939 in Germania, arrivava così in Italia: oltre a Treviso, anche gli ospedali psichiatrici di Trieste, Pergine e Venezia vennero epurati con la collaborazione dei funzionari repubblichini. I prescelti? Tutti disabili di “razza ebrea”, come annotato scrupolosamente nei fascicoli personali dei ricoverati.
Qui finisce la storia di Ruth. Da qui inizia la sua lezione.
Ci sono lezioni che ti ritornano in mente.
Ci sono lezioni di dignità e di rivalsa, anche a distanza di anni:
“sono un essere umano, non una bestia”
cit. Ruth
Marco Donadon
Note:
1 Con Aktion T4 si intende il programma nazista di eutanasia attuato in Germania tra l’ottobre 1939 e l’estate 1941, che prevedeva la soppressione di tutte le persone adulte affette da malattie ereditarie considerate inguaribili o da malformazioni fisiche tali da pregiudicare l’inserimento nel mondo lavorativo. Dopo l’estate 1941, il programma continuò ufficiosamente negli ospedali psichiatrici, ma anche all’interno dei campi di concentramento sotto la sigla “Aktion 14f13”.
Bibliografia:
– Taccuino di lavoro, a cura di M. Paolini e M. Signori, Einaudi, Torino 2012.
Immagine:
[https://cartesensibili.files.wordpress.com/2014/03/testa-di-creola-1913-olio-su-cartone.jpg]