Non c’è cosa più calpestata al mondo, in tutti i sensi. Il suolo non soltanto è la superficie sulla quale costruiamo tutta la realtà che ci circonda ma è anche la risorsa naturale più maltrattata e meno conosciuta. Troppo spesso il suolo è visto come una risorsa da cementificare o da sfruttare per massimizzare la produzione di cibo. Viene sottovalutata la sua fragilità e la sua imprescindibile necessità per tutta la vita sulla terra. A lanciare un ennesimo allarme è il professore Paolo Pileri, ingegnere urbanista del Politecnico di Milano; il suo libro L’intelligenza del suolo. Piccolo atlante per salvare dal cemento l’ecosistema più fragile (ed. Altreconomia, 2022) è un richiamo a comprendere la preziosità del suolo per il panorama di complessità in cui si incastonano anche le nostre vite di umani, accanto a tutte le altre. Ancora una volta, l’appello è ad aprire gli occhi a questa complessità e all’urgenza di capire come i nostri interventi incontrino sempre meno la resilienza della natura.
Che il suolo sia prezioso per tutti non è una novità; Platone scrisse:
«Io dunque, nella mia qualità di legislatore, dichiaro che né voi appartenete a voi stessi, né codesti beni appartengono a voi, ma alla vostra famiglia in tutto il suo complesso, a coloro che furono prima di voi, e a coloro che verranno dopo, come a sua volta e tanto più, l’intera vostra famiglia e le sue sostanze appartengono alla polis» (Platone, Leggi, II. 923 A-B).
«Chiunque riceva in sorte un lotto di terra lo deve considerare possesso comune» (Platone, Leggi, V. 740A).
Il suolo è un bene collettivo, però è complesso e delicato in quanto la sua vitalità è legata a tempi lunghissimi di evoluzione: ci vogliono 500 anni perché se ne formino 2,5 cm. Basta un giorno, invece, per asfaltare e sopprimere quella complessità che silenziosamente si è costruita nel tempo. Il suolo, con caratteristiche variabili in base ai nostri interventi (che lo impoveriscono), è un condominio fitto fitto di inquilini che lavorano in simbiosi. Vi siete mai chiesti che parte hanno i lombrichi? Darwin se lo chiese e scoprì che con il loro lavoro di scavo e trasporto di materiale organico consentono al suolo di arearsi meglio e facilitano i processi di decomposizione, cioè un lavoro quasi invisibile che fa sì che non veniamo sommersi da tutto ciò che non è più utile per noi. Non solo, quello che il suolo riesce a decomporre (soprattutto materia organica, chiaramente fa più fatica con la plastica) diventa fonte di fertilità e dunque futuro cibo per tutti i viventi. Non è abbastanza? No, infatti, il suolo ha anche un altro importantissimo compito, sempre più essenziale per noi: lo stoccaggio di carbonio; se questo viene liberato forma nuova anidride carbonica, risorsa di cui siamo già tristemente ricchi. Perdere suolo e vegetazione in cambio di infrastrutture non è uno scambio equo perché quello che viene meno è difficilmente rimpiazzabile, non nei tempi di una vita umana almeno. Il mondo del suolo è veramente denso di meraviglie, molte altre sono le risorse che ci fornisce e che il libro di Pileri mostra.
Un’altra considerazione è fondamentale: il suolo serve a produrre cibo. Dove coltiviamo le piante necessarie alla nostra alimentazione e a quella degli animali che mangiamo quando da noi il suolo scarseggia? In luoghi lontani, come Russia e Ucraina ad esempio, dove ci sono zone di grandi coltivazioni capaci di supplire in grossa parte al fabbisogno di Europa e Africa. Ma la terra non basta più e noi siamo tanti. Il rapporto FAO (con Unicef, OMS, WFP e IFAD) dice che a fine del 2021 erano circa 800 milioni di persone a patire gravemente la fame nel mondo, in aumento rispetto all’anno precedente e le attese per il 2022 sono addirittura peggiori. A causa dell’invasione Russa con la conseguente guerra e non solo, è divenuta incerta una preziosa fonte di sostentamento per una parte considerevole di mondo. Si pensi che la Somalia, che vive una terribile lunga crisi di siccità, dipende al 100% dalla fornitura del grano russo e ucraino. É già uno dei paesi più poveri al mondo e le cose ora vanno solo peggio.
Siccome il nostro suolo ci attira molto quando è fruttuoso in termini economici, cioè quando è edificabile, da incoscienti quali siamo non ci accorgiamo che rendiamo la questione della fame un problema sempre più grande. Suolo ce n’è sempre meno e se volessimo recuperarne di perso ci occorrerebbero centinaia di anni: insomma, non è difficile immaginare che la fame potrebbe un giorno arrivare sempre più vicino a noi. Se poi aggiungiamo le questioni legate all’inquinamento e ai cambiamenti climatici, dovremmo veramente preoccuparci.
Tutti possiamo fare qualcosa. Pileri spiega bene nel suo libro come le nostre abitudini alimentari determinano il consumo di suolo. Ci vuole molto più suolo nel processo che porta a produrre una bistecca di bovino rispetto a una pasta al sugo. Inoltre, nei paesi occidentali tantissimo cibo viene sprecato e buttato!
Abbiamo tutti delle colpe, ma ciò significa anche che tutti possiamo fare la nostra parte. É importante che le persone capiscano la preziosità delle risorse naturali, come funzionano e come siano imprescindibili. Dovremmo non solo mantenere i piedi per terra, ma chinarci e guardare da vicino, con più curiosità e rispetto, questo incredibile mondo che ci nutre quotidianamente.
[Photo credit Ochir-Erdene Oyunmedeg via Unsplash]