[…]Il processo di legalizzazione dell’aborto, realizzatosi in gran parte dei paesi occidentali negli anni ’70, […] ha contribuito in modo decisivo alla trasformazione della bioetica da movimento, inteso come corrente caratterizzata da una tendenza culturale e ideologica unitaria, a un campo di ricerca all’interno del quale si possono confrontare tesi e posizioni del tutto diverse.
[…]La discussione sull’aborto ha rappresentato il settore privilegiato attraverso il quale i filosofi di professione sono entrati nel campo della bioetica, sostituendo progressivamente i teologi.
[…]Negli Stati Uniti, ai tempi in cui è nata la bioetica, l’etica applicata era caduta in grande discredito tra i filosofi. […]Ludwig Wittgenstein nel 1921 pubblicò il Tractatus logico-philosophicus. In questo testo Wittgenstein sostiene che il linguaggio morale non ha alcun riscontro nel mondo, perché il mondo è costituito da oggetti (da ciò che è), mentre il linguaggio morale riguarda i valori (ciò che deve essere ma che ancora non è, e dunque non può essere sperimentato). Per questo motivo, secondo Wittgenstein, il linguaggio morale è insensato.
[…]Anche il neopositivismo logico del Circolo di Vienna, negli anni ’20 del ’900 presupponeva una concezione verificazionista del linguaggio, per cui una qualsiasi proposizione è significativa solo se si può mostrare, attraverso opportune procedure di verifica, che essa è suscettibile di essere giudicata vera o falsa.
Da questo punto di vista le proposizioni morali risultano prive di senso. Per questo motivo, se-condo tali autori, la filosofia deve abbandonare l’etica normativa e dedicarsi a quella che Alfred Ayer, alla fine degli anni ’40 del ’900, definisce metaetica. […]Secondo l’approccio della metaetica i problemi dell’etica sono problemi linguistici, da risolvere o dissolvere tramite l’analisi del linguaggio morale, dei suoi termini e delle regole logiche che ne guidano l’uso.
[…]Wittgenstein cambiò, però, opinione e nelle sue Ricerche filosofiche, pubblicate nel 1953, dopo la sua morte, l’autore ripudia la sua vecchia concezione del linguaggio per passare alla teoria dei giochi linguistici, secondo cui il significato delle parole dipende dal contesto e dagli scopi per cui esse sono utilizzate. Questa nuova teoria consente il recupero del linguaggio morale, perché il linguaggio viene inteso come qualcosa di intrinseco a determinate forme di vita e di attività, e la morale è appunto una di queste.
[…]Il vuoto lasciato dai filosofi venne in un primo tempo colmato dai teologi per il semplice fatto che la teologia non ha mai potuto abbandonare il terreno dell’etica applicata; […]tuttavia, l’approccio teologico non poteva soddisfare tutti i palati, visto che la teologia si sviluppa in ambito confessionale, presuppone un determinato sistema di dogmi e, per il fatto stesso di essere teologia, non può mettere in discussione la presenza di uno strato teologico dell’essere. È pur vero che i teologi che si impegnavano nel campo della bioetica si sforzavano di utilizzare un approccio laico e di argomentare le proprie asserzioni su basi razionali, in modo da poterle sottoporre al dibattito pubblico, ma in questo modo finivano spesso per adottare un modo di procedere sempre più filosofico, diventando, di fatto, a loro volta dei filosofi.
[…]Il segno che i tempi stavano cambiando anche in filosofia si ebbe tuttavia nel 1971, quando alcuni giovani filosofi della nuova generazione diedero vita a una nuova rivista, intitolata significativamente Philosophy and Public Affairs, a indicare che le questioni pubbliche potevano diventare problemi di interesse filosofico.
[…]Il tema che dominava i primi numeri della rivista era quello dell’aborto. Questi articoli sull’aborto e il dibattito che ne è seguito hanno avuto un’importanza decisiva nel processo di formazione della bioetica, mettendo in circolazione tra i bioeticisti le nozioni di persona, diritto alla vita ecc. secondo categorie tipicamente filosofiche. Allo stesso tempo il dibattito sull’aborto ha potuto trarre forte giovamento dall’ingresso dei filosofi.
La filosofia sembrava infatti particolarmente adatta ad analizzare in modo razionale questioni che, nel dibattito pubblico, venivano spesso affrontate con toni fortemente emotivi. […]
Fabrizio Turoldo
Estratto del libro “Breve storia della Bioetica” di Fabrizio Turoldo
Ed. Lindau s.r.l. (corso Re Umberto 37 – 10128 Torino)
I edizione Febbraio 2014
Pagine 138 – 153
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