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L’irrazionalità del sacro. L’esperienza mistica che commuove

Quello che l’Italia sta vivendo nell’ultimo ventennio è il tempo del laicismo. Con questo termine non mi riferisco solamente all’indipendenza dello Stato da qualsiasi confessione religiosa, ma al sentimento che serpeggia in tutti gli ambiti della nostra società. Non c’è più la domenica, potremmo dire. Le attività si susseguono incessantemente per raggiungere scopi immediati, soddisfazioni a scadenza. Tutto è a portata di mano e noi assomigliamo a tante formiche indaffarate a produrre, correre, progettare. Siamo in quella che U. Galimberti definisce l’età della tecnica che «non tende a uno scopo, non promuove un senso, non apre scenari di salvezza, non redime, non svela la verità: la tecnica funziona» (U. Galimberti, L’Etica del viandante, Feltrinelli, 2023, p. 27-28).

Se potessimo guardarci dall’alto, fuori dalla logica del produrre e del consumare, vedremmo solamente un grumo di terra e una moltitudine di formiche occupate in un logorante avanti e indietro, convinte di arrivare chissà dove e del tutto ignare dei limiti  ben definiti del loro formicaio. E «il tempo progettuale è un tempo breve», continua l’autore, «che non consente a chi lo vive – ovvero a noi tutti – di iscrivere il tempo in un disegno, un senso, un fino ultimo» (ibidem, p. 33).
Il tentativo cristiano di permeare di senso il nostro passaggio sulla Terra, di farci allungare lo sguardo, proponendo una visione escatologica della vita e diffondendo valori di solidarietà e fratellanza è dunque fallito? Quello che il Cristianesimo ha tentato di fare qui lungo i secoli è andato perduto?

Il problema è che la Chiesa non ha saputo stare al passo con i tempi, ma è rimasta spesso ancorata a formule sterili e ripetitive, alla logica dell’obbedienza. Non viene considerato virtuoso chi cerca il bene, chi si interroga, chi discute o mette in dubbio, ma chi obbedisce. E questo, invece di avvicinare, il più delle volte allontana. Negli ultimi anni, infatti, le chiese si sono svuotate e la reazione è stata di tipo giudicante: si sono persi tutti i valori, la gente non ha più fede, manca la spiritualità. 

Sì, in parte è  vero. Ma la domanda necessaria che ci dobbiamo porre è un’altra: perché è avvenuto questo svuotamento? Non dimentichiamo che il primo ad aver abbandonato il tempio è stato proprio Gesù, quando si è reso conto che in esso si era persa la spiritualità, che dentro le sue mura si commerciava o si pregava in modo falso, farisaico. Egli ha raggiunto la gente per strada, in casa, in riva al lago. 

Non tutti quelli che abbandonano le chiese lo fanno per superficialità o leggerezza. Magari alla base c’è il rifiuto di quel modo di pregare razionale e descrittivo o il bisogno di risposte più significative che aiutino a far fronte a una crisi individuale e sociale prorompente.
Non a caso, accanto alle chiese che si svuotano, ci sono i santuari che straripano. È il sentimento del sacro che vuole essere ascoltato e chiede giustizia. Chi fa un pellegrinaggio ha sete proprio di quel senso che l’età della tecnica gli ha tolto e che la Chiesa non sa più onorare. Sacro è ciò che ci colma e ci commuove. Un legame profondo con una persona, la contemplazione di un’opera d’arte, il silenzio della montagna che si rivela all’uomo nella sua grandezza, la bellezza di un rito.

Nel suo libro Il sacro, Rudolf Otto introduce il termine numinoso, proprio in riferimento a quell’esperienza mistica illuminante, a volte tragica, che terrorizza e al tempo stesso affascina e dinanzi alla quale ognuno di noi avverte la propria nullità, il suo essere creatura. È un’esperienza che attrae per la sua universalità, perché trascende ogni religione e ogni logica razionale. «Essendo irrazionale», afferma l’autore, «è spiegabile non per concetti, ma solo mediante la sua caratteristica reazione dell’anima. È di tal guisa che afferra e commuove l’animo umano e suscita in esso determinate risonanze. […] qualcosa di superiore alla fede nella salvezza, alla fiducia o all’amore: ciò che, prescindendo da questi sentimenti complementari, può commuovere e riempire il nostro animo con forza quasi forsennata» (R.Otto, Il sacro, SE, 2009, p. 27).

Il Cristianesimo ha accolto il messaggio di Cristo e l’ha perpetuato nella storia, ma col tempo si è cristallizzato sui concetti, sull’esegesi e sulle formule liturgiche a scapito della dimensione sacra. Il mistero, l’assolutamente altro non va spiegato ma vissuto, è un’esperienza unica che può avvicinare le persone e renderle migliori.

 

NOTE
[Photo credit Isabella Fischer via Unsplash]

Erica Pradal

creativa, empatica, appassionata

Mi chiamo Erica Pradal e vivo a Barbisano, in provincia di Treviso. Laureata in Filosofia, da anni insegno Lettere alla scuola secondaria di 1° grado “G. Toniolo” di Pieve di Soligo e il contatto con i ragazzi mi arricchisce ogni giorno. Ho molte passioni, tra cui la lettura ad alta voce, che mi ha permesso […]

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