Già prima dell’inizio del concerto, quando tutto è ancora ben visibile alla luce del tramonto, prima ancora che arrivi Vasco o che si illumini il palco, quando vedi che lo stadio è già pieno, che è già strapieno, che è proprio colmo, che è addirittura gonfio… Già lì, guardando un centinaio di migliaia di persone che lo acclamano, d’un tratto, ti rendi subito conto di un paio di cose, almeno.
La prima, intanto, è che Vasco, malgrado un tour precedente interrotto per via di alcuni suoi problemi di salute – e malgrado un periodo di Cambia-menti in cui si è mostrato antipatico a moltissimi, inclusi parecchi suoi fan – ha ancora “tutto il suo pubblico”. E non solo: ne ha sempre di più!
La seconda cosa che capisci al volo è che Vasco no, non può essere rimasto un uomo normale.
È trasceso, non è più un uomo.
Si è trasfigurato in qualcosa di più grande, in qualcosa di enorme rispetto al singolo individuo: in un simbolo generazionale, in un valore affettivo e collettivo, in un punto di riferimento esistenziale, in una modalità dell’essere nel mondo. Insomma, in qualcosa di esagerato, ma sul serio.
Forse è proprio questa la Vita Esagerata che aveva desiderato, anche se è difficile pensare che in passato potesse aver anche solo immaginato qualcosa di così immenso.
Quando poi il concerto inizia, ti rendi conto che è una comunione di anime, che è una liberazione di coscienze, che è una liturgia, una messa e un’orgia contemporaneamente.
Vasco appare in forma smagliante, la sua voce è chiara, pulita e potente.
E tu puoi pensare “Sì, è tornato” e “Si, ancora glielammolla alla grande!”.
Ancora una volta, come quasi ad ogni suo concerto passato, ti accorgi di quanto grande sia il valore aggiunto delle sue canzoni dal vivo: è la sua straordinaria interpretazione, autentica e inedita tutte le volte, a farti accorgere di quanto sia davvero sincera e profonda ogni sua canzone.
Ti guardi intorno e capisci che tutto il pubblico sente questa stessa intima emozione nel cuore e resta senza parole.
E lui canta pure quella: “Senza Parole”!
È soltanto durante un suo concerto dal vivo che puoi capire davvero Vasco Rossi, che puoi capire…l’amore.
L’amore che ci mette lui nelle canzoni, nell’affrontare la vita e la disperazione. E l’amore che il pubblico, di conseguenza, prova per lui. E’ una catarsi. E’ un’esperienza mistica. E’ una rivoluzione. Sì, è proprio un’esagerazione!
Perché il successo di Vasco Rossi è innanzitutto un fenomeno storico, artistico, filosofico, religioso, sociale, culturale ed epocale, prima ancora che affettivo o commerciale.
Nella cultura nichilista in cui ci troviamo a vivere, c’è chi si occupa di rappresentare e di difendere i valori tradizionali elogiando la stabilità del passato, così come c’è pure chi si preoccupa, sulla sponda opposta, di rappresentare i nuovi valori che dovranno arrivare in futuro.
Nessuno, così, si occupa più del presente.
Dalla crisi dell’uomo contemporaneo si è passati subito all’attesa del super-uomo nietzschiano.
Questo salto ha lasciato un vuoto che qualcuno doveva riempire; questo passaggio ha saltato un punto che qualcuno doveva sottolineare, perché è stato come costruire un ponte su due rive per attraversare un fiume che si è ritenuto trascurabile, che si pensava di dovere e di potere superare.
Quel fiume, invece, scorre ancora impetuoso ed è ancora troppo pieno di vite per non esondare.
Vasco ha riempito un vuoto ed ora è la prima onda di un fiume in piena. O la prima pietra di una nuova chiesa.
Che dio sia vivo o morto, c’è già stato sicuramente chi l’ha ucciso come pure chi lo ha visto resuscitare. Ma quello di cui c’era ancora bisogno era di qualcuno che avesse il coraggio affettuoso e BLAS-femo di prenderlo in giro, cioè del Blasco della Fine Del Millennio o del Manifesto Futurista, dell’uomo nuovo o dell’uovo sodo: in realtà, solo dell’uomo vecchio ma ancora ben vivo e ironico, che ha deciso di non arrendersi mai, nemmeno di fronte alla vista del vuoto più assoluto.
Ecco perché Vasco piace tanto e soprattutto dal vivo: perché è un sopravvissuto a se stesso e perché è ancora un gran guerriero della vita; perché sul palco è subito evidente quanto il suo modo di combattere la disperazione sia profondo e pieno di stile, di energia, di dignità e anche di autentica poesia.
Il superamento dell’uomo nichilista forse avverrà davvero, un giorno, come aveva predetto Nietzsche, con l’avvento di un oltre-uomo.
Intanto, però, quel super-uomo non è ancora arrivato, mentre l’uomo moderno, confuso e impegolato nell’attuale nichilismo, non è ancora morto, non è ancora finito… E’ ancora vivo e – nella sorpresa di chi lo riteneva superato o da superare – non si è ancora arreso e non ha neppure nessuna intenzione di farlo… Chissà perché!
La razionalità e la logica restano ancora una volta sorprese, mute e atterrite di fronte al frastuono rock della vita.
Claudio Bardi
[Immagini tratte da Google Immagini]