Da diversi mesi, ormai, il mondo osserva con interesse l’instabile situazione politica sudcoreana, in seguito all’impeachment che lo scorso dicembre ha costretto la Presidente eletta Park Geun-hye a lasciare la carica. Lo scandalo che ha portato alla fine il governo di quella che era considerata la donna più potente d’Oriente ha avuto origine nei rapporti poco chiari tra Park e la sua amica e consigliera, Choi Soon-sil, che avrebbe manovrato la Presidente fin dagli inizi della sua carriera politica, nel 2011. Ciò che è interessante nella serie di indagini che hanno coinvolto le due donne è che Choi non è affatto una figura politica, né una personalità economicamente rilevante, quanto piuttosto una guida spirituale. Choi Soon-sil era entrata nel palazzo presidenziale assieme al padre, l’ex monaco buddista Choi Tae-min, nel 1974, portando conforto al presidente-dittatore Park Chung-hee dopo l’omicidio della moglie Yuk Young-soo; Tae-min era il capo e fondatore della Chiesa della Vita Eterna (una setta che sposa elementi del buddismo Seon e del cattolicesimo) e a quanto pare ottenne di diventare il mentore e l’amico personale del Presidente dopo aver rivelato proprio a Geun-hye di aver ricevuto la visita in sogno della madre defunta, che gli aveva chiesto di vegliare su di lei. Da quel momento, i Park entrarono nella Chiesa della Vita Eterna, e i Choi ebbero modo di manipolare prima il padre, poi la figlia, ottenendo favori di varia natura e dirigendo da dietro le quinte la democrazia sudcoreana.
Il rapporto tra Park e Choi non è certo una novità, storicamente parlando: è accaduto spesso che, anche dietro a leader considerati forti e autoritari, si nascondesse più o meno in piena luce un’eminenza grigia che si appellava a un diverso tipo di autorità. Grazie soprattutto alla versione romanzata di Alexandre Dumas, per esempio, la figura del Cardinale Armand-Jean du Plessis de Richelieu è diventata in questo senso esemplare, un capo-ministro in grado di manipolare con estrema facilità la volontà della reggente Maria de’ Medici e perfino di re Luigi XIII. Ugualmente leggendaria è diventata la figura del monaco ortodosso Grigorij Efimovič Rasputin, mistico che pare controllasse le decisioni dello zar Nicola II Romanov. Si potrebbe tornare fino ai tempi della Roma imperiale, e ancora prima fino ai poemi omerici, e sempre si troverebbero sacerdoti, maghi, indovini e profeti a consigliare e dirigere i passi di re e imperatori: quale autorità potrebbe far presa sugli uomini e sulle donne più potenti del mondo, se non una che si proclama radicalmente altra rispetto al mondo stesso? Chi se non i (sedicenti) portavoce di un potere altro, divino, potrebbero ottenere l’obbedienza di chi, in terra, non riconosce poteri a sé pari?
Il rischio che un rapporto di questo tipo comporta è autoevidente, specie nel caso di uno Stato democratico come la Corea del Sud, in cui il capo legittimamente eletto dalla popolazione ha delegato la sovranità affidatale. Non si tratta, qui, di ribadire il principio della laicità dello Stato: il problema risiede nell’intimo della coscienza personale dei governanti, non in una struttura teocratica che non è mai stata riproposta. Nemmeno si tratta, però, di voler scindere in maniera schizofrenica la spiritualità o religiosità di un governante dal suo agire politico, processo peraltro impossibile nella misura in cui un credo interiorizzato è parte imprescindibile della persona. Il punto critico emerge piuttosto quando un potere teoricamente religioso si confonde con uno fin troppo umano, strumentalizzando fede e timore di figure che, carica o non carica, rimangono umane, e che si rivelano più che malleabili facendo pressione sui punti giusti.
Come chiosava Woody Allen, «Non ho niente contro Dio, sono i suoi fanclub che mi preoccupano»: le religioni, per loro stessa natura, hanno l’innata potenzialità di liberare le coscienze attingendo ad una logica altra da quella mondana, ma di contro possiedono un enorme potere di asservimento delle stesse facendo uso della medesima logica, capace di piegare anche la volontà dei cosiddetti signori del mondo. D’altronde, non esiste potere di cui non se ne possa trovare uno superiore, ed è sulla corretta distribuzione e applicazione di questi che è necessario vigilare.
Giacomo Mininni
[Immagine tratta da Google Immagini]