Marcio Porcio Catone Minore l’Uticense (95 a.C.-45 a.C.)
Uomo politico di spicco della Repubblica romana, passò alla storia come figura esemplare delle antiche virtù romane. Fu preso sia come modello di saggezza e onore sia come esempio di insopportabile pedanteria. In lui troviamo sia un difensore dei valori tradizionali della latinità, il mos maiorum, che esaltava il senso civico e l’austerità dei comportamenti, sia un seguace della filosofia greca dello stoicismo, che si rifà alle virtù dell’autocontrollo e del distacco dalle cose terrene ed all’aspirazione all’atarassia, la liberazione dalle passioni e dai turbamenti dell’animo.
La sua biografia ci è stata tramandata con abbondanza di aneddoti e di esempi di virtù dal sapore moraleggiante, al pari di molte figure esemplari dell’antichità romana. Discendente di Catone il Censore, Catone Minore ebbe una brillante carriera politica e militare. Ricoprì diverse cariche pubbliche e partecipò alla guerra contro Spartaco e a quella contro i pirati. Esponente della fazione conservatrice degli ottimati, vicina alla nobiltà senatoria ed avversa al partito popolare, egli partecipò assieme a Cicerone alla repressione della congiura di Catilina. La carriera di Catone fu sempre all’insegna dell’interesse del popolo romano e nel rispetto degli antichi valori repubblicani romani, anche nei confronti dei compagni di partito. Catone si oppose apertamente anche ad alcuni degli uomini più potenti e gloriosi del primo secolo avanti Cristo: i triumviri, che miravano ad un accumulo di potere contrario alle leggi repubblicane.
Entrò in contrasto con il suo compagno di partito Pompeo Magno, eroe delle guerre mitridatiche, vincitore assoluto dei pirati e dei mariani e conquistatore dell’Oriente. Con Marco Licinio Crasso, l’uomo più ricco della sua epoca, e con Giulio Cesare, campione del partito dei populares e conquistatore delle Gallie, personaggio che certo non necessita di presentazioni. L’efficacia dell’opposizione politica di Catone dovette essere notevole, a giudicare dai pettegolezzi messi in giro dai suoi nemici. Lo stesso Cicerone giunse a rimproverargli la scarsa capacità di compromesso e di calcolo politico.
La fortuna di Catone terminò proprio quando s’infranse il precario equilibrio raggiunto dal triumvirato. Morto Crasso nel 53 a Carre, teatro di un’umiliante sconfitta contro i Parti, scoppiò una sanguinosa guerra civile tra Cesare e Pompeo, che vide il secondo sconfitto ed infine assassinato in Egitto nel settembre del 48. Ormai privo di avversari, Cesare aveva guadagnato il potere dittatoriale su Roma. La fazione aristocratica era ormai virtualmente eliminata dall’agone politico, ed il colpo di grazia all’esercito ottimate fu inferto a Tapso, in Tunisia, nell’aprile del 46. Catone era tra i sopravvissuti alla disfatta, ed assieme ai compagni si rifugiò ad Utica, presso l’odierna Tunisi. Tuttavia i presenti abbandonarono presto ogni speranza di salvezza, ed i più pensarono di arrendersi alle truppe di Cesare. Catone, che mai avrebbe potuto venir meno ai propri principi, decise di togliersi la vita con la spada. Egli, da autentico stoico, era pronto ad accogliere la morte qualora ogni altra via gli fosse stata preclusa.
La figura di quest’uomo che attende il momento di uccidersi leggendo Platone destò sempre grande ammirazione per la sua adesione assoluta agli ideali della filosofia stoica, ponendo massima fiducia nella ragione ed attenzione assoluta alla morale, ponendo la contemplazione filosofica al di sopra di emozioni ed affanni quotidiani. Per la forza del suo esempio, Catone fu temuto anche dopo la morte dai suoi oppositori ed ammirato dai più grandi scrittori dell’antichità, come Seneca, Tacito, Lucano e Plutarco. La sua fama non tramontò neppure nel Medioevo, nonostante egli avesse commesso un atto inaccettabile per la morale cristiana come il suicidio. La sua apparizione a noi più nota è sicuramente nella Commedia di Dante Alighieri, dove il poeta lo pone nella somma veste di custode del Purgatorio e lo rende più venerabile con una lunga barba di pel bianco mista, improbabile sia in un uomo morto ad appena cinquant’anni che in un romano del primo secolo.
Nel mondo contemporaneo l’accusa più spesso mossa ad ogni uomo politico è quella di scarsa o nulla coerenza, di mirare unicamente all’interesse personale e di privilegiare troppo il calcolo ed il compromesso. Oggi l’intransigenza di Catone e la sua fedeltà assoluta ai valori stoici possono apparire degne di ammirazione come esagerate e controproducenti, come il suo suicidio può sembrare come atto di estrema coerenza, di vile codardia o come semplice tragico epilogo di una vita, ma sono proprio queste differenze di prospettiva a rendere il personaggio e la figura storica così interessanti.
Umberto Mistruzzi
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