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Maschere digitali e maschere tradizionali

Tutti noi utilizziamo, ogni giorno, diverse maschere. C’è la maschera che indossiamo andando al lavoro e quella che ci mettiamo quando siamo con gli amici, un’altra con il nostro partner e la lista potrebbe continuare a lungo; in alcuni casi lo facciamo senza rendercene effettivamente conto del tutto mentre in altri ne siamo maggiormente consapevoli. Nelle società moderne, sempre più digitalizzate, inoltre possiamo dire che accanto a queste maschere più “tradizionali” sono comparse nuove maschere che si sono in qualche modo aggiunte a quelle che nel tempo sono state più indagate dal punto di vista psicologico, letterario, filosofico, artistico e così via. 

La nostra quotidiana presenza online e, in particolare, l’assidua frequentazione dei social network ci permette non solo di creare e gestire un nostro profilo personale nel quale possiamo interpretare un ruolo ma anche crearne più di uno. Molti di noi, infatti, per diversi motivi che possono essere lavorativi, di studio o solo per divertimento, hanno oramai diversi account; questi account presentano o possono presentare una determinata visione che vogliamo dare di noi stessi, una diversa maschera da indossare. Facciamo un esempio pratico senza voler entrare in tecnicismi: si presuppone che un individuo su un canale social destinato alla ricerca del lavoro non pubblicherà le stesse fotografie di quelle che desidera condividere su un canale che utilizza per restare in contatto con amici e famigliari. Questo modo di agire fa sì che i nostri profili social diventino, in qualche modo, il nostro palcoscenico quotidiano sul quale mettiamo in scena una identità mascherata che abbiamo costruito più o meno coscientemente. In alcuni casi, tutto ciò, può trasformarsi anche in una spettacolarizzazione vera e propria della nostra vita quotidiana; pensiamo, per esempio, ai tempi del lockdown, quando l’uso dei social network per condividere ogni momento della giornata diventò una prassi e ci siamo resi protagonisti o spettatori di una sorta di perenne show. 

Essere ed esistere online, anche prima dell’arrivo dei social network con le comunità virtuali che li hanno preceduti, ha portato dunque man mano sempre più utenti ad utilizzare e maneggiare delle maschere, a sperimentare e giocare con un mondo di ‘finzione’ come, probabilmente, non era mai accaduto prima, infatti:

«Le comunità virtuali esistono già dai primi anni dopo l’avvento di internet, molto precedenti alla nascita dei social network per come li conosciamo oggi. […] l’individuo molto spesso accede a queste comunità per sperimentare nuove forme di socialità. Allo stesso tempo, l’accesso garantisce al soggetto la possibilità di esplorare i confini della propria identità. Man mano che si immerge nello spazio virtuale, l’identità abituale del soggetto diventa labile nei suoi confini, può essere influenzata da identità alternative, che esistono solo online» (M. Di Giannantonio – C. Montemitro, Virtuali moltitudini in “La Chiave di Sophia” n. 17, 2022, pp. 67-68).

Questa ‘finzione’ quotidiana quindi può comportare anche dei rischi come distaccarsi eccessivamente dalla realtà in favore della virtualità e delle maschere che solo in quella dimensione hanno possibilità di esistere. 

In questo quadro sempre più complesso che ci troviamo a vivere è importante tenere a mente che le maschere – anche quelle virtuali – non sono di per sé qualcosa di totalmente negativo, anzi in molti casi indossarle a seconda delle situazioni che ci troviamo a vivere è necessario e questo può valere anche online tenendo ben presente «[…] chi siamo dietro alle coperture, in modo da mantenere un certo isomorfismo tra il nostro io e queste ultime: rimanere nel controllo delle nostre maschere, non caderne in balìa» (V. Gheno, Mà.sche.ra in ivi, p. 22).

Comprendere il linguaggio e i modi delle diverse piattaforme che utilizziamo ‘camuffandoci’ in maniera diversa e capendo i differenti palcoscenici che stiamo calcando non deve per forza essere sinonimo di falsità ed insincerità allo stesso tempo, però, bisogna essere attenti a non smarrirsi e a non lasciare che le maschere ci fagocitino. È forse proprio questa una delle sfide più difficili da affrontare: non farci sopraffare dalle maschere che usiamo e non perdere di vista noi stessi; il rischio, infatti, è quello di diventare schiavi di un personaggio che vediamo vivere e muoversi nel mondo virtuale in un racconto che noi stessi abbiamo costruito diventando una trappola che ingabbia le nostre naturali sfaccettature.

 

NOTE
[Photo credit Firme.com via Unsplash]

Veronica Di Gregorio Zitella

Veronica Di Gregorio Zitella

curiosa, determinata, sognatrice

Sono laureata in Lettere e Filosofia e tutto il mio percorso accademico si è svolto alla Sapienza di Roma dalla triennale al Master in Editoria, giornalismo e management culturale e le mie più grandi passioni sono la filosofia, la lettura e la comunicazione; dalla fine del 2018 mi occupo di social media e comunicazione digitale […]

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