Il 30 aprile 2020 la BioTexCom, un’agenzia ucraina per la maternità surrogata, mette in rete un video che mostra come la hall di un hotel di Kiev sia stata allestita a reparto nido per accogliere 46 neonati che hanno da poche ore a settimane di vita. Decine di culle allineate e un’equipe di baby-sitter e puericultrici, supportate da medici pediatri, intente a nutrire e ad accudire i neonati, ovvero i figli dell’utero in affitto. I contratti con le madri surrogate sono scaduti al momento del parto e i genitori committenti provenienti da Paesi stranieri non possono recarsi in Ucraina poiché la pandemia di Covid-19 ha imposto la chiusura delle frontiere. Le immagini mostrano come vivono i bambini; un video diffuso evidentemente per tranquillizzare i genitori committenti sullo stato dei “loro figli” o per ostentare l’efficienza organizzativa in una situazione di eccezionale emergenza nel tentativo di assicurarsi nuovi clienti.
Il caso di BioTexCom ha fatto scalpore per la pubblicazione del video ma, in realtà, è solo la punta dell’iceberg di un fenomeno molto più vasto. In Ucraina, come negli Stati Uniti e come in tutti gli altri paesi del mondo in cui la pratica dell’utero in affitto è consentita, sono a decine le agenzie di maternità surrogata che patiscono un inevitabile danno economico, causa della pandemia, inoltre si ritrovano a dover affrontare spese eccezionali per l’accudimento di tantissimi neonati sospesi in un limbo, nell’incertezza della loro sorte. Chi sono questi bambini? Di chi sono figli? Qual è il loro status? Chi li tutela?
Al momento della pubblicazione di questo mio contributo è probabile che le frontiere siano già state riaperte o che alcune coppie committenti, attraverso i Ministeri degli Esteri dei rispettivi Paesi, abbiano richiesto e siano riusciti ad ottenere dal governo ucraino un “permesso speciale”, in deroga alle regole del lockdown, per recarsi a ritirare i neonati. Nel frattempo è anche possibile che qualcuno dei committenti abbia deciso di recedere dall’impegno assunto. L’epidemia di Covid-19 ha stravolto le priorità di tante persone ed è facile che molti desideri di paternità e maternità siano svaniti di fronte all’emergenza economica e alle preoccupazioni per un futuro all’insegna della precarietà.
Cosa ne sarà di questi bambini? Quali potrebbero essere le conseguenze psichiche del vissuto di quei giorni, settimane, mesi in cui sono rimasti “in attesa” come mercanzia in un magazzino o come pacchi postali non recapitati?
Oggettivamente non possiamo sapere se si presenteranno e quali saranno i postumi per questi bambini che hanno perso la madre biologica, sta di fatto che la letteratura psicoanalitica dice chiaramente che il neonato non possiede solo qualche riflesso e risposta automatica innati, ma è molto di più. Il neonato è un essere relazionale che possiede, già dalla gestazione, una serie di competenze motorie, sensoriali e cognitive.
Emerge costantemente nella letteratura psicoanalitica1, supportata da studi sui comportamenti del neonato e sul riscontro da adulto, la consapevolezza di un rilevante trauma infantile nel caso di separazione dalla madre biologica. Cambiare la figura di riferimento non è quindi irrilevante ma può essere alquanto pericoloso, ancor peggio in questo frangente in cui per giorni, per settimane o per mesi i neonati si sono trovati ad essere accuditi da una puericultrice diversa alla fine di ogni turno di lavoro, senza alcuna figura di riferimento stabile e nel periodo più delicato e determinante della loro esistenza.
Questo non significa che tutti i bambini che perdono, per molteplici cause, la madre nei primi giorni o mesi di vita vadano incontro a patologie psichiatriche gravi, ma piuttosto potrebbero essere sensibilmente più ricettivi. Allo stesso modo le madri surrogate che commercializzano il proprio corpo, perché si trovano in situazioni di povertà, spesso non sanno che affrontare quest’esperienza potrebbe rivelarsi psicologicamente destabilizzante, doloroso e traumatico. La comunicazione sensoriale ed emotiva fra madre e feto si avvia e si struttura già durante la gestazione, ciò implica che quel bambino è figlio di quella madre indipendentemente dalla genetica.
Dal mio punto di vista spero vivamente che questo video abbia fatto emergere una volta di più lo sfruttamento, le deformazioni e le deviazioni che sottostanno ad una pratica moralmente, fisiologicamente e psicologicamente devastante come realmente è la surrogazione di maternità.
Silvia Pennisi
NOTE:
1. Per citare gli autori più riconosciuti e autorevoli nel campo: Berry Brazelton (pediatra americano), Melanie Klein (psicoanalista austriaca), Donald Woods Winnicott (pediatra e psicoanalista britannico).