Angosciante, paradossale e assurdo. Risvegliarsi con le sembianze di un insetto e cercare, nonostante lo sconvolgente cambiamento, di portare avanti la vita che fino al giorno prima si ha condotto è, a ragion veduta, angosciante, paradossale e assurdo. Non si sa bene perché il povero Gregor Samsa, protagonista della celebre Metamorfosi di Franz Kafka, diventi un insetto immondo; e non si verrà neanche mai a sapere. Fatto sta che questa sua nuova realtà diventa sia motivo di disonore per la famiglia – fino a quel momento sostenuta economicamente da Gregor stesso – sia generatrice di un sentimento di alienazione nell’impotente Samsa, rendendolo di fatto uno straniero in casa sua. L’incipit della Metamorfosi pone l’accento su quel tipo di situazioni, tipiche del pensiero dell’autore praghese, a noi note come kafkiane, vale a dire quelle circostanze paradossali e, come detto, angoscianti che vengono accettate come status quo, data l’impossibilità di far fronte ad esse con nessun tipo di reazione, pragmatica o psicologica che sia. Ragion per cui è più facile pensare a Franz Kafka non solo come al geniale autore de, tra gli altri, Il processo ed Il castello, ma anche come ad un raffinato filosofo, capace di creare un vero e proprio universo a sé stante partendo da un’analisi della società e dell’uomo della sua epoca, per larghi tratti aderente a quella moderna.
Questo potenziale universo kafkiano, popolato di sventurati impiegati alle prese con la burocrazia e divorati dall’angoscia esistenziale, sospeso tra realtà e magia, è governato da leggi che affondano le proprie radici nell’esistenzialismo di Kierkegaard e Dostoevskij, adattate però al contesto mitteleuropeo nel quale Kafka vive. Ebreo boemo di lingua tedesca, il sentirsi stranieri in casa propria è un sentimento a lui conosciuto. Ma non solo. A questo sentimento comune di alienazione – in 100 anni non è praticamente cambiato nulla – nei suoi scritti si possono anche trovare tanti episodi di brutalità ed aggressività, sia fisica che psicologica, nelle quali le vittime sono protagoniste di vere e proprie discese negli inferi, simili al crollo psicologico di Raskolnikov in Delitto e castigo. Indagini introspettive, conflitti, angosce: l’analisi ed il racconto fatto da Kafka è ascrivibile all’esistenzialismo che andava sviluppandosi, seppur in maniera variegata, proprio in quegli anni. Mettere l’individuo, passeggero e destinato ad andarsene relativamente presto, sotto la lente d’ingrandimento serve a raccontare situazioni e conflitti in grado poi di aprire una riflessione di più ampio respiro sull’esistenza umana in toto. Kafka è a tutti gli effetti un prodotto dell’ambiente che lo circonda e rappresenta la condizione dell’uomo moderno in generale, totalmente smarrito e circondato da un ambiente non più famigliare ma di colpo ostile ed estraneo. Leggere gli scritti di Kafka è, oggi più che mai, di grande importanza. Il senso di inadeguatezza raccontato non sembra lo stesso che ci avvolge costantemente, in questa società ormai dominata dall’apparire, dal narcisismo e dall’esasperazione della vita perfetta dei social?
C’è di più. Perché quelli di Kafka non sono solamente romanzi; sono saggi, che oltre ad indagare l’esistenza umana hanno in qualche modo anticipato anche il surrealismo. Lo abbiamo detto: l’universo kafkiano è sospeso tra realtà e magia, è onirico e psicologico ed usa la creazione di immagini dalla forte carica espressiva per evocare gli aspetti più profondi della psiche umana. Secondo Theodor Adorno, famoso esponente della Scuola di Francoforte e feroce critico della società capitalista, gli scritti kafkiani sono come delle «stanze la cui chiave è stata sottratta», riuscendo a spiegare in maniera reale l’inspiegabile, grazie alla fusione quasi totale di realtà e sogno. Pur non avendo letto Freud – come sostengono parecchi studiosi – Kafka è riuscito ad intercettare quantomeno l’intenzione ed andare nella stessa direzione, mediante un attento focus sull’inconscio dei suoi sventurati protagonisti. Ancora una volta, la capacità di leggere, e per aspetti anticipare la realtà del proprio tempo, qualifica il Kafka pensiero come la definizione di Zeitgeist per eccellenza.
Si dice che filosofo sia colui che professa – o in quale modo mette in atto – una dottrina elaborata attraverso un’indagine razionale su aspetti riguardanti la vita umana, in maniera universale. Franz Kafka, ritenuto uno dei maggiori scrittori del modernismo e del novecento, è un filosofo a tutti gli effetti, in grado di descrivere come pochi altri la condizione umana dell’epoca. Ecco perché merita di essere recuperato: l’aderenza dei suoi racconti alla nostra di esistenza quotidiana – sempre piú frammentata da pandemie, crisi economiche e guerre – potrebbe essere la chiave di volta per recuperare un senso di vivere smarrito, provando magari ad invertire la tendenza della nostra regressione primitiva ed animale, ripugnante come la metaforica trasformazione in insetto della Metamorfosi.
NOTE
[Photo credit Sandro Gonzales via Unsplash]