LIBRO
Jane Austen è, e non smette mai di essere. Per quanto si leggano e rileggano i suoi libri, per quanto si sfoglino – anche per l’ennesima volta – quelle pagine, si rimane ancora spettatori increduli delle sue storie.
Le campagne inglesi sullo sfondo, le peculiarità della gente in primo piano. È straordinario come i comportamenti umani possano essere plasmati dalla società in cui sono inseriti. Ieri come oggi; i romanzi di Jane Austen non sono per nulla distanti da noi, ma rispecchiano una rigidità di allora che adesso sembra essere diventata, qualche volta, ostentazione.
A me non piace dare una definizione di Amore; non può essercene soltanto una. Non può valere un’unica accezione dell’amore per ogni tempo e luogo. Intorno a noi l’evoluzione delle cose ci investe, ma l’Amore? Quello vero. Quello con la lettera maiuscola, quello che non ti lascia tempo per decidere, per riflettere. Se dovessi pensare ad un romanzo d’amore, proprio in cima alla lista troverei “Orgoglio e Pregiudizio”.
Una lei ed un lui. Una società che non permette di esprimere un sentimento. Una ribellione contro un’etichetta. Il valore di ciò che è giusto contro ciò che si vuole. Voler realizzare i propri sogni che non coincidono con quelli che si dovrebbero avere.
Non cambia molto rispetto a tante storie di oggi, non cambia molto rispetto alla vita che ci passa davanti e abbiamo paura di prendere. Ci manca il coraggio, quello che non manca ad Elizabeth Bennet, quello che non manca a chi desidera essere indipendente già in un’Inghilterra vittoriana.
La diversità e l’indipendenza potrebbero essere definiti “super poteri”; quelli di cui si vestono i personaggi di Jane Austen. Non tutti, per la verità. Soltanto quelli che cataloghiamo come eroi, soltanto quelli che ci trasmettono la capacità di essere loro stessi in una dimensione in cui non avrebbero potuto esserlo.
Proprio per questo si generano miti letterari come “Orgoglio e Pregiudizio”, proprio perché fanno credere possibile ciò che sembra impossibile. La difficoltà dell’amore che diventa linearità. L’incapacità di superare barriere che diventa una costante. La purezza dei sentimenti che li trasforma in dannatamente tossici. I protagonisti che dovrebbero limitarsi a sopravvivere eppure sono bramosi di vivere.
Leggere Jane Austen non è semplicemente sognare, leggerla è riuscire a pensare che si possa essere precursori dei propri tempi, lasciandosi alle spalle l’ordinarietà e dando vita alla più autentica essenza di noi stessi.
Cecilia Coletta
FILM
Se c’è una scrittrice che, più di molte altre, è riuscita ad affascinare con le sue storie il mondo del cinema, questa è sicuramente Jane Austen. La dote che ho sempre apprezzato in quest’autrice è quella di esser riuscita a legare in maniera indissolubile il suo nome a quello dell’universo femminile. Come raccontato da Virginia Woolf nello splendido saggio breve: “Una stanza tutta per sé”, la Austen fu una delle prime scrittrici che a inizio Ottocento, pur essendo costretta a scrivere in condizioni terribili, nel soggiorno comune e stando sempre attenta a non farsi scoprire dai suoi familiari, riuscì a scrivere una serie di romanzi considerati ancora oggi delle colonne portanti della letteratura mondiale. Storie di donne scritte da una ragazza in cerca d’amore e indipendenza, che hanno segnato una tappa fondamentale nel percorso dell’emancipazione femminile.
Se c’è una storia che più di altre può rappresentare al meglio l’importanza di Jane Austen e il suo rapporto con il mondo delle donne, questa è sicuramente “Orgoglio e pregiudizio”. Per farvi capire l’impatto straordinario di questo romanzo sul mondo del cinema e della televisione, vi basterà sapere che la storia ha avuto finora una dozzina di adattamenti tra miniserie, serie televisive e veri e propri film per il grande schermo. Di quest’ultimi si ricordano il primo storico adattamento del 1940, diretto Robert Z. Leonard, con protagonisti Elizabeth Bennet e Laurence Olivier e il celebre rifacimento del 2005 diretto Joe Wright e interpretato da Keira Knightley e Matthew Macfadyen. Ci soffermeremo proprio su questa seconda versione che ha saputo rileggere con efficacia la storia originale, dimostrando quanto le parole scritte dalla Austen potessero essere attuali e coinvolgenti anche all’inizio degli anni Duemila. Wright, regista al suo esordio cinematografico, conosceva bene l’importanza della sfida e senza rischiare più di tanto ha diretto un adattamento giudicato da pubblico e critica “estremamente fedele al testo scritto”. Un lavoro che traspone in immagini le parole di Jane Austen. Un prodotto che resta in bilico tra il blockbuster raffinato e la pellicola che ricerca pregevoli soluzioni stilistiche (un esempio su tutti: il piano-sequenza del ballo a palazzo) per raccontare un amore vittoriano che ha conquistato generazioni di lettori e, soprattutto, di lettrici. La rigidità dei costumi ottocenteschi emerge tutta nel film di Wright che dal canto suo riversa un’attenzione estrema per gli elementi della messa in scena: dai costumi alle scenografie passando per i trucchi e la fotografia che ci restituiscono una campagna inglese pregna di suggestioni romantiche. L’amore tra Elizabeth Bennet e l’affascinante signor Darcy dimostra così di non subire per nulla il peso dell’invecchiamento e ci fa capire come il rapporto tra cinema e letteratura sia spesso capace di dar vita a una fusione che invece di schiacciare il libro in favore del film, lo porta a rinnovarsi di una nuova linfa, esaltandone la bellezza e la sua forza nel resistere alle insidie del tempo.