Esistono dei libri adatti ad ogni età. Da quando si è piccoli, al periodo di crescita, all’età delle maturità vera. Sono adatti perché garantiscono una crescita che incide in molti lati di noi. La sfera personale, quella scolastica, quella lavorativa. Insegnano a razionalizzare e al tempo stesso a vivere le emozioni; insegnano a crescere e al tempo stesso a ricordarsi cosa voglia dire essere spensierati come dei bambini.
Tutti i grandi sono stati bambini una volta. (Ma pochi di essi se ne ricordano).
Il Piccolo Principe è uno dei libri più belli che siano mai stati scritti. Antoine De Saint-Exupèry traccia non soltanto una storia, ma un libro pieno di spunti per chi vuole sognare e vivere al tempo stesso.
E’ sufficiente mischiare un viaggio, un pilota “disperso”, l’incontro con l’altra parte di sé, un’età sconosciuta, disegni essenziali, un baobab, quarantatré tramonti in un solo giorno, l’asteroide B612, un serpente, una volpe e un epilogo così aderente alla realtà per avere a che fare con la parte spensierata di noi. Lontana dalle convenzioni, lontana da chi ci impone cosa dobbiamo diventare o chi dovremmo essere.
“Mi disegni per favore una pecora?”
“Cosa?”
“Disegnami una pecora”.
Balzai in piedi come fossi stato colpito da un fulmine. Mi strofinai gli occhi più volte guardandomi sempre intorno. E vidi una straordinaria personcina che mi stava esaminando con grande serietà. (…)
Feci il disegno. Lo guardò attentamente, e poi disse: “No! Questa pecora è malaticcia. Fammene un’altra”. Feci un altro disegno. Il mio amico mi sorrise gentilmente,con indulgenza. “Lo puoi vedere da te che questa non è una pecora. E’ un ariete. Ha le corna”. Rifeci il disegno per la terza volta, ma fu rifiutato come i precedenti. Buttai giù un quarto disegno. E tirai fuori questa spiegazione: “Questa è soltanto la sua cassetta. La pecora che volevi sta dentro”.
Un disegno diverso, quello che chi è privo di fantasia non riuscirebbe a notare. E gli adulti, nella maggior parte dei casi, sono così. Privi di fantasia, poveri di immaginazione. Questo elemento che per i bambini è come sale della vita, che per gli artisti è emotività allo stato puro, che per gli scrittori è l’attimo che caratterizza ogni loro azione.
Ad ognuno è lasciata la possibilità di immaginare la pecora nei modi più diversi e disparati, ognuno diventa capace di mettere alla prova la sua immaginazione.
Senza volerne l’apprezzamento, senza voler capire se sia accettato il suo disegno.
Perché “L’essenziale è invisibile agli occhi”.
“Cosa vuol dire addomesticare?”
“E’ una cosa da molto dimenticata. Vuol dire “creare legami”.
“Creare dei legami?”
“Certo. Tu fino ad ora, per me, non sei che un ragazzino uguale a centomila ragazzini. E non ho bisogno di te. E neppure tu hai bisogno di me. Io non sono per te che una volpe uguale a centomila volpi. Ma se tu mi addomestichi, noi avremo bisogno l’uno dell’altro. Tu sarai per me unico al mondo, e io sarò per te unica al mondo”
Il dialogo tra il Piccolo Principe e la volpe ci regala una definizione suggestiva della parola “addomesticare”: creare legami. Vincoli di natura morale, affettiva o sentimentale che danno vita a relazioni o rapporti con altre persone. Caratterizzano ognuno dei nostri momenti, perché ogni situazione è riconducibile al ricordo o soltanto al pensiero di un altro individuo; non si vive in solitudine, interagire con il mondo esterno è una necessità.In quante occasioni vi è capitato, arrivati al capolinea di una relazione o di un’amicizia, di sostenere di non voler più avere a che fare con i rapporti affettivi? Probabilmente nella maggior parte. Eppure, per qualche strano motivo, dopo poco, come quando si cerca l’acqua per sete, vi ritrovate a cercare nelle persone un modo per “allacciarle a voi”. In altre parole, siete impazienti di voler creare altri legami.
La volpe prega il Piccolo Principe di addomesticarla, sentendo il bisogno di averlo vicino, sentendo che se lui dovesse entrare a far parte della sua vita, sarà in grado di renderla migliore. Proprio perché gli affetti ci riescono a rendere migliore la vita. E soprattutto noi stessi. Ogni lato di noi, in continua evoluzione, acquista una novità regalataci delle persone con cui riesce a rapportarsi. Nella società di oggi sembra non ci sia tempo per avere dei legami, le relazioni sono al secondo posto rispetto alla realizzazione personale: la gente è abituata a comprare ciò che le serve una volta che è già confezionato, con la stessa facilità potrebbe costruire un rapporto?
No. A volte per la fretta si dimenticano tasselli importanti di conoscenza, si confondono i ruoli, si usano tante, troppe parole. Le parole sono quasi sempre una fonte di malintesi, ancor di più lo sono gli sms o i social network attraverso i quali comunichiamo. Si possono dire delle così grandi bugie nascosti dietro ad uno schermo, senza quasi sentire il senso di colpa.
Ma se vivessimo in una dimensione al di là di tutto questo? Se vivessimo senza l’ossessione del tempo e dei mezzi attraverso cui comunicare?
“Che cos’è un rito?”
“Anche questa è una cosa da tempo dimenticata. E’ quello che fa un giorno diverso dagli altri giorni, un’ora dalle altre ore”
I riti caratterizzano ciò che non è ordinarietà pur rientrando nel quotidiano. Nella dimensione che condividiamo, ogni giorno è diverso da quello prima e da quello che verrà, ogni momento è colorato da una luce diversa, ogni sensazione ha un significato proprio. Ci saranno sempre voglie differenti, sentimenti che si evolveranno e passioni che cambieranno sfumatura. Ci saranno dei riti, dei momenti attesi che ci daranno soddisfazioni, che ci regaleranno una via diversa aperta ad un percorso nuovo.
E’ questo ciò che insegna questo meraviglioso romanzo. Considerare ciò che non è scontato, ciò che ci garantisce evoluzione, ciò che ci cambia non tanto fuori quanto dentro. Un racconto dello stupore per le piccole cose, per la ricerca di un’interiorità che si vede con elementi diversi da due semplici occhi.
Riga per riga, questo libro è una scoperta ed è un viaggio attraverso ogni nostra convinzione. Pronto ad abbatterle una dopo l’altra, ci lascia pieni di domande e pronti a cercarne le risposte.
“Gli uomini coltivano cinquemila rose nello stesso giardino, e non trovano quello che cercano. E tuttavia, quello che cercano potrebbe essere trovato in una sola rosa o in un po’ d’acqua.
Ma gli occhi sono ciechi. Bisogna cercare col cuore!
Cecilia Coletta
[immagini tratte da Google Immagini]